La sfida di questo millennio: l’Intelligenza artificiale

Al Dipartimento di Giurisprudenza è stato presentato il volume della Collana Sidrea “Studi di Valutazione d’Azienda”

Laura Beninato

“Il tema sull’intelligenza artificiale ormai domina tutti gli ambienti disciplinari. È, indubbiamente, uno strumento che sarà di vitale importanza anche per le attività che vengono svolte nel campo della valutazione aziendale”. Ha aperto così il proprio intervento il prof. Salvatore Zappalà, direttore del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Catania, in occasione dell’incontro dal titolo Valutazione aziendale e intelligenza artificiale che si è tenuto nei locali della struttura d’ateneo di via Gallo.

“Il volume di questa collana, giunto alla quattordicesima edizione, è un’opera non semplice – ha precisato il prof. Fabio La Rosa, ordinario di Economia aziendale all’Università di Catania -. Il volume è costituito da 18 capitoli di cui nove dedicati al contributo che l’intelligenza artificiale può dare nel processo valutativo e, nei restanti, su come l’IA, e in generale le nuove tecnologie, può essere utilizzata in altri contesti”.

“Senz’altro un tema che necessita di un confronto in quanto la IA nella letteratura internazionale fa riferimento principalmente alle tecnologie come system intelligence, blockchain, machine-learning. L’IA, invece, deve essere ormai considerata nella sua natura interdisciplinare poiché riguarda competenze giuridiche, economico-aziendali, competenze tecniche, statistico-informatiche”, ha aggiunto il docente.

Un tema che nel corso dell’incontro è stato trattato da più esperti in un contesto multidisciplinare. Il prof. Salvatore Amato, ordinario di Filosofia del Diritto all’Università di Catania, si è soffermato sulle questioni morali, filosofiche e etiche dell’IA e citando il filosofo Jacques Ellul, ha sottolineato che “oggi occorre parlare di società tecnologica e non solo di IA”.

Nella sua relazione, dal titolo “Le entità digitali multiagenti. Implicazioni filosofiche e giuridiche”, il docente ha sostenuto che “il mondo sta cambiando e bisogna essere coscienti di tale cambiamento”. “Ci troviamo di fronte ad un cambiamento radicale, un nuovo ordine cognitivo, istituzionale e produttivo, un ordine simpatizzato dall’espressione Human InterLoop, ovvero un insieme di elementi eterogenei generati dall’Intelligenza Artificiale che si sono verificate per la prima volta nella storia dell’umanità – ha detto -. Abbiamo quello che si può chiamare un effetto confluenza e effetto espansivo”.

In foto da sinistra i docenti Salvatore Zappalà e Fabio La Rosa

In foto da sinistra i docenti Salvatore Zappalà e Fabio La Rosa

Effetto confluenza e Effetto espansivo

“Per la prima volta nella storia dell’umanità abbiamo macchine che possono reagire in modo autonomo come automi con altre macchine, abbiamo macchine che si previsionano a vicenda indipendentemente dal compito per cui sono state programmate – ha precisato il prof. Salvatore Amato -. I risultati di questa confluenza determinano il blackbox effect, i cui risultati non sono prevedibili e spiegabili neanche dagli stessi programmatori. Questi meccanismi più sono complessi, più diventano difficili da gestire”.

Nella robotica generale è stato presentato Figure 03 che sta convogliando importanti investimenti da parte di tutte le società coinvolte nell’IA. “Presuppone un computer, un robot generale, che riesce a svolgere tutte le funzioni adottate da un qualsiasi collaboratore domestico come, ad esempio, ripiegare un lenzuolo – ha spiegato il docente -. Jacques Ellul, quando ha parlato della società tecnica, già a partire dagli anni 50, ha notato che la caratteristica della società tecnica è che essa decide da sé l’orizzonte che deve raggiungere”.

“Nell’articolo del Times che presentava Figure 03 è stato detto che, ovviamente, era costituito da un codice etico su come si deve comportare con gli esseri umani. Tuttavia, quando gli è stato chiesto di verificare in che modo queste regole interagissero con l’algoritmo hanno deviato la domanda rispondendo con segreto industriale”, ha aggiunto.

“Anche un computer è coperto da una pluralità di brevetti infiniti e siamo ignari di quali di questi brevetti lo fanno funzionare – ha spiegato -. Tuttavia è diverso perchè, in questo caso, non abbiamo solo questa pluralità di brevetti, ma anche una serie di funzioni che si accrescono attraverso altre funzioni in assoluta autonomia”.

“È l’autonomia della funzionalità, del ruolo di come si accrescono che ci deve fare riflettere: ha un’influenza non indifferente sull’economia – ha aggiunto -. Se guardiamo le dimensioni e i livelli di capitalizzazione e le relative funzioni ci troviamo di fronte a delle società multiagenti, assimilabili più a Stati che a imprese commerciali, rappresentando una forma di espressione del potere sovrano assolutamente nuova”.

“Ad esempio, ChatGPT oggi conta 700 milioni di utenti e, di conseguenza, OpenAI ha bisogno di infrastrutture gigantesche: chip, datacenter e per questo ha assicurato contratti con importi importanti, impegnandosi ad acquistare una capacità di kilowatt pari a 20 centrali nucleari”, ha aggiunto.

In foto un momento dell’intervento del prof. Salvatore Amato

In foto un momento dell’intervento del prof. Salvatore Amato

Come si controlla e chi controlla IA?

OpenAI è un laboratorio di ricerca sull'intelligenza artificiale costituito dall'ente no-profit OpenAI, Inc. e dalla sua sussidiaria for-profit OpenAI, L.P. A settembre 2024 è emerso in una intervista al CEO Sam Altman che è in corso la piena trasformazione di OpenAI in una società a scopo di lucro. Sono società multiagenti che dovrebbero essere controllate dallo Stato, ma in qualche modo sono loro a fornire servizi allo Stato”, ha spiegato il prof. Salvatore Amato.

“Il sistema prevalente è quello della Teoria dell’Accelerazione Efficacia: l’idea che di fronte a tutte queste resistenze, ai problemi morali, alla pretesa di una IA umano-centrica, questi problemi non potranno essere mai risolti attraverso le regole e il diritto – ha aggiunto -. I problemi tecnici li risolve solamente la tecnica, quindi occorrono più investimenti, più energia e più dati. Di fronte a questa corsa che cresce in continuazione, ormai la sola intelligenza non è più un dato utopistico: tre anni fa si ipotizzavano problemi che oggi sono diventati reali e effettivi e la risposta a ciò sono i 113 articoli e 374 pagine di svariati allegati con vari richiami ad altre normative dell’Unione Europea”.

“Pensate veramente che questo sia il sistema, il modello, la possibilità di risolvere i problemi dell’intelligenza artificiale? È vero che in Italia è stata varata una regolamentazione, ma alla fine ci troviamo di fronte all’insofferenza di Trump di fronte alle questioni europee”, ha concluso il suo discorso il prof. Amato.

“Come ogni nuova tecnologia, c’è sempre un po’ di euforia all’inizio che va a braccetto con le paure. Si teme che quell’euforia, quelle aspettative, non siano soddisfatte o che si possa perdere il controllo. Per fare un esempio, una nota società che si occupa di cura della vista, ha chiuso il primo trimestre di quest’anno con un più di 11,5% di fatturato rispetto all’anno precedente, di cui un 4% è stato realizzato grazie a questi dispositivi indossabili: occhiali con l’intelligenza artificiale - ha spiegato il prof. Fabio La Rosa -. Ma chi ci dice che tutto questo possa essere effettivamente sostenibile? Non escludo che siamo di fronte a una nuova bolla speculativa”.

“Vi è un tema di responsabilità, non solo di impresa, ma digitale di impresa e implica un coinvolgimento delle imprese che investono su tecnologie avanzate al fine di evitare fenomeni di “facciata”. Penso a quegli investimenti orientati a favorire la transizione ecologica, ma non sappiamo se poi sono compiuti davvero o si tratta di entità diverse rispetto a quelli dichiarate – ha aggiunto -. C’è quindi un’ipocrisia di fondo che può riguardare il fenomeno della transizione digitale, noto come artificialità dell’AI-washing, cioè una attenzione, investimento, sulle questioni etiche importanti, legate all’IA che non corrisponde al vero”.

“Sicuramente l’IA nel campo delle imprese sta migliorando i processi produttivi, l’efficienza, il rapporto con le risorse umane e l’ambito del marketing – ha spiegato il prof. La Rosa -. Per quanto riguarda l’ambito della valutazione aziendale il contributo può essere notevole e nel volume abbiamo cercato di comprendere, in prima battuta, come il processo valutativo, quindi la raccolta dei dati in base formativa, e le scienze metodologiche, possano essere influenzati dal ricorso all’IA. In seconda battuta come riconoscere un valore a delle aziende che ricorrono all’IA”.

Herbert Simon ci ricorda come un valutatore commercialista ci si deve comportare: le macchine devono essere utilizzate esclusivamente per decisioni di ordine routinario, ripetitivo. Il tempo risparmiato, in questo senso, serve a aumentare la professionalità del professionista, ma non devono mai sostituire”, ha aggiunto.

A trattare la versione “pratica” del dibattito è stato Francesco Siciliano che ha presentato la valutazione d’azienda da un punto di vista prettamente del commercialista con una relazione dal titolo L’esperienza del professionista nelle valutazioni d’azienda: opportunità e limiti dell’AI.

“La figura del dottore commercialista ha un ruolo importante nelle valutazioni delle fasi strategiche di un’azienda – ha spiegato -. Il nostro impatto è molto importante e i risultati dell’azione del commercialista devono essere rigorosi e attinenti ai principi stabiliti dagli enti nazionali o sovranazionali in merito alle risultanze delle votazioni aziendali”.

In foto un momento dell’intervento del dott. Francesco Siciliano

In foto un momento dell’intervento del dott. Francesco Siciliano

L’animo dell’AI e la sua pratica nella valutazione aziendale

“Negli ultimi anni l’IA, da tecnologia di nicchia, è diventata di massa – ha spiegato il dott. Francesco Siciliano -. Dal 2002 ad adesso gli schemi di machine-learning stupiscono per le risposte e per i risultati d’analisi che riescono a dare, anche se l’Italia è ancora indietro. Le statistiche dicono che solo il 7,5% dei dottori commercialisti utilizza l’AI. I professionisti devono cavalcare questa onda, non è accettabile non utilizzare l’AI”.

“Ormai l’IA rientra in tutte le fasi della valutazione dell’azienda – ha aggiunto -. Nell’Analisi didattica, ad esempio, gestisce e analizza una notevole quantità di dati di eterogeneità, come bilanci e data base finanziari, che riescono ad interagire con i social network in maniera rapida ed evita gli errori che possano nascere dovendoli estrarre manualmente. Una volta ottenuti i dati, l’IA viene sfruttata per poter iniziare a fare delle comparazioni relative di bilancio: confrontare i bilanci con i competitor nel settore dell’azienda target che stiamo analizzando, riuscire a capire quali sono i punti di forza e i punti di difficoltà dell’azienda stessa. Allo stesso modo, questo tipo di analisi permette in maniera abbastanza veloce e accurata di estrarre indici economici e indici patrimoniali di quel bilancio, di quella azienda target”.

“Per esempio l’IA permette, se noi ci troviamo in un’azienda che ha limiti di business, di riuscire a estrarre immediatamente dati per migliorare la redditività con nuove linee di business. Prima svolgere manualmente questo lavoro era complicato. Adesso un commercialista, quando valuta un’azienda, può avere un quadro diagnostico assolutamente più pronto e più facile da analizzare rispetto a prima”, ha spiegato il dott. Siciliano”.

“Successivamente si può lavorare sugli utili di mercato: l’IA è utile perché riesce a ottenere dei database globali con una certa facilità. Grazie alle statistiche evolute che otteniamo riusciamo anche a ridimensionare l’estrazione di dati e indici e portarli effettivamente alla realtà dell’azienda madre”, ha aggiunto.

“Dei dati estratti sarà poi il commercialista a dover scegliere quali indici utilizzare e applicare per il proprio scopo di valutazione – ha spiegato -. L’IA permette di svolgere il lavoro in maniera molto più veloce e più preciso per determinare eventuali scenari futuri e previsionali. In questo caso, grazie ai metodi statistici delle tipologie di machine-learning, l’IA riesce a fornire dati sui flussi finanziari futuri molto più realistici e permette di poter immaginare degli scenari positivi e negativi in base alla variazione di determinati indici per quella specifica azienda”.

“Di fatto, quindi, il commercialista vede potenziata la propria capacità di analisi, ma rimane il fatto che comunque la decisione finale deve rimanere all’interno della mente del commercialista”, ha voluto precisare il dott. Siciliano.

Intelligenza artificiale applicata all'economia

Intelligenza artificiale applicata all'economia

L’AI è un competitor o un’assistente?

“In questo contesto potrebbe essere poco chiaro se l’IA sia un competitor o un assistente – ha spiegato il dott. Francesco Siciliano -. Occorre partire dalla qualità dei dati: se immetto dati spazzatura otterrò output spazzatura. In sintesi non possiamo permetterci di non sapere come si arriva a un determinato risultato che poi forniamo al cliente. Dobbiamo assicurarci di conoscere i dati di base forniti all’IA. I regolamenti dell’UE stanno cercando di imporre ai produttori e fornitori di strumenti dell’IA quanto più di essere trasparenti nei metodi di calcolo che vengono poi utilizzati dall’intelligenza artificiale”, ha detto Francesco Siciliano.

Potremmo, quindi, assistere ad un problema di appiattimento del professionista. “I dati vanno sempre controllati perché altrimenti si rischia di non poter gestire più il lavoro considerando che, comunque, la responsabilità continua a cadere sul commercialista stesso e non sulla macchina” ha precisato.

“Gli output forniti dall’IA devono servire come amplificazione cognitiva del professionista, evolvendo la sua figura professionale in consulente aumentato: il professionista dovrà essere dotato di tutta una serie di controlli e validazione che vengono generati dall’IA - ha aggiunto -. Occorre, pertanto, che il commercialista sia informato e aggiorni continuamente la sua formazione su questo settore, perché non possiamo rimanere indietro”.

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