La storia di come l’Olio Sikulus incontrò la sua colonna sonora

Al Gala del Bellini International Context, la prima esecuzione assoluta della composizione commissionata dall’imprenditore agricolo Sergio Pappalardo

Irene Isajia (foto di Edoardo Seminara)

Ci sono molteplici motivi per scrivere musica. Per esigenza dell’anima, per esercizio di scrittura, per commissione. Quando accade quest’ultima possibilità, il compositore si “scontra” con gli obiettivi altrui rispetto ai gusti personali o ai cliché.

Sergio Pappalardo è un imprenditore agricolo di Santa Maria di Licodia, in provincia di Catania. Una laurea in Economia, docente e formatore. La sua famiglia produce olio di oliva da cinque generazioni. In passato ha lavorato per una multinazionale, mantenendo un’ottima posizione economica. Un giorno entrò in un palazzo dalle grandi vetrate e guardandosi attorno, dopo una giornata di lavoro, si disse: «È già buio… Cosa ho fatto fino ad oggi? Ho solo lavorato. E dov’è finita la mia vita? Dove sono finiti i miei sogni?». Da allora iniziò a sognare in grande.

Non si era occupato mai di olive, di olio, e iniziò a studiare questo mondo. Sì, perché non basta essere erede di un’azienda alla quinta generazione di produttori ma bisogna avere una preparazione per portare avanti un Sogno. I suoi studi in economia gli sono stati di aiuto; nonostante ciò si è dovuto formare su più fronti per diventare un esperto nel suo settore, tra i più autorevoli in Italia, premiato nel 2024 alla Sorbonne di Parigi per il suo mestiere.

Lei parla di sogno. In cosa consiste?

«In questi anni ho cercato di creare una nuova filosofia dell’olio. Ho voluto creare un prodotto di nicchia, di alta qualità che la nostra terra ci permette, il nostro brand Etna ce lo permette. Non ho una grandissima produzione, ma ci difendiamo. Al momento esportiamo in Giappone, a Singapore, in America, in Brasile e non solo. Questo, oggi, è possibile grazie al lavoro che abbiamo svolto sulla comunicazione e sulla qualità del prodotto. Abbiamo vinto tanti premi nazionali e internazionali», racconta Sergio Pappalardo.

L’imprenditore Sergio Pappalardo e il compositore Yuri Furnari

L’imprenditore Sergio Pappalardo e il compositore Yuri Furnari

Perchè una colonna sonora per Sikulus? Come si è svolto il lavoro insieme a Yuri Furnari fino alla sua realizzazione?

«Sono un amante della musica classica; mia moglie è una musicista, suona il flauto traverso. La mia conoscenza con il maestro Furnari è di vecchia data e, almeno quattro anni fa, conoscendo le sue qualità di compositore, gli avevo chiesto di scrivere una musica per Sikulus. Inizialmente la proposta fu presa alla leggera, sembrava quasi una barzelletta. Cosa c’entra l’azienda agricola con la musica classica? Forse non credeva neppure seriamente alla mia richiesta. Ho continuato ad insistere e ogni volta che lo incontravo era l’occasione per ribadirgli il mio desiderio. Finché la mia insistenza lo ha indotto a comporre. Scriveva e mi chiamava, mi faceva ascoltare le sue idee », spiega Sergio Pappalardo.

«Bella! – gli dicevo –, ma la voglio più cucita su di me. Vorrei che sia rappresentata la terra, il vulcano, il mare, la difficoltà che si ha nel restare in questa terra ma anche la gioia di farcela». Dopo una serie di proposte, eccola nascere. Chi l’ascolta con attenzione scopre tutti gli elementi, i temi che gli ho proposto; atmosfere da film ma anche una parte molto contemporanea affidata al suono del flauto.

«Ha saputo introiettare ciò che gli avevo raccontato, riuscendo a trasformarlo in un racconto musicale. Grande è stata la mia commozione che continua tutt’ora. Dal primo ascolto alle prove, alla prima esecuzione assoluta al Teatro Massimo Bellini, continuano a susseguirsi emozioni profonde, lacrime di gioia e di commozione», continua.

Dal committente all’artista…

«Inizialmente avevo scritto per un organico piccolo, massimo dieci elementi. Un quartetto d’archi, ottoni, percussioni – racconta il maestro Yuri Furnari -.  L’incipit era molto melodico, romantico. Lo feci ascoltare a Pappalardo e mi disse che voleva più energia, più forza… Voglio una colonna sonora! Di fronte a questa richiesta, quindi, non ho trattenuto lo slancio. Ho scritto in grande, una composizione colossale di ispirazione williamsiana, con un organico di settantacinque elementi pari a quello dell’Orchestra del Teatro Massimo Bellini. Non è mancata una parte contemporanea dedicata al solo del flauto».

Quando Pappalardo l’ascoltò restò stupito! C’era un problema, però: chi l’avrebbe eseguita? I costi di esecuzione per un’orchestra di quelle dimensioni sono davvero alti. “Vedremo” si dissero Furnari e Pappalardo. Il maestro Furnari, intanto, non si arrese. Il brano fu ascoltato anche dal direttore artistico del Teatro Massimo Bellini che restò davvero colpito.

«Ma chi avrebbe eseguito questa composizione? Senza alcuna certezza, la composizione attendeva l’occasione di essere eseguita. Questa fu poi inserita nella programmazione del Bellini International Context e il concerto si è svolto lo scorso 28 Settembre 2025», racconta Furnari.

Un momento del concerto

Un momento del concerto del Gala conclusivo del Bellini International Context

La parte dedicata al flauto nella composizione è un collegamento alla sua vita?

«Certamente lo è. In particolare, legata alla figura del maestro Salvatore Vella che lo ha eseguito – racconta Pappalardo -. È un professionista straordinario, molto vicino alla mia famiglia; è stato il maestro di flauto di mia moglie: un padre. Quando Yuri Furnari ha pensato a questa parte, l’ha scritta immaginando che sarebbe stato proprio Vella ad eseguirla. Quest’ultimo ha seguito, con noi, il sorgere di questa parte del brano, condividendo impressioni e suggerimenti, fino alla sua luce, alla sua esecuzione».

Al concerto era presente anche una persona a lei molto cara, radice fondamentale della sua famiglia...

«Sì, è Don Peppino, mio nonno, 96 anni. Ha ispirato le mie prime etichette ‒ il mio olio ha cinque tipi di etichette ‒ in particolare le etichette premium, anche nella versione colorata – racconta con un pizzico di emozione Pappalardo -. Come ho già spiegato, già qualche anno fa ho iniziato a vedere il mondo dell’olio in un altro modo e anche il packaging è stato fuori dalle righe; la bottiglia smaltata non si era mai vista, per esempio. I miei studi sul marketing hanno influito sulla trasformazione dando un’impronta nuova».

«Mio nonno oggi mi dice «chi doveva dirlo che a 96 anni sarei diventato famoso!». Questo perché l’etichetta “Don Peppino” coincide con uno dei fondatori e i miei clienti dal Giappone, dalle Hawaii e non solo, vogliono conoscerlo e vengono qui in Sicilia per incontrarlo e farsi una foto con lui. È la nostra mascotte», aggiunge.

«Quando ho lasciato il mio lavoro per dedicarmi a questo progetto, tutti mi hanno preso per pazzo e incosciente. È vero, forse era un progetto folle ma io ci ho creduto, sempre, fortemente. Per me era possibile vendere l’olio a cinquanta euro al litro, se fatto in un certo modo; sognavo di esportare in tutto il mondo. I primi anni sono stati difficili, molto. Pian piano, con le giuste metodologie, ci siamo ritagliati una fettina di mercato», racconta l’imprenditore.

«L’agricoltura – prosegue - non deve più essere vista come in passato, molte cose sono cambiate e si sono evolute. Io non faccio il contadino, eppure mi occupo di prodotti della terra. I nostri prodotti sono diventati un patrimonio importante e, con il cambiamento climatico, c’è sempre meno produzione pertanto bisogna salvaguardare quella che c’è, soprattutto va valorizzata. Se solo consideriamo che fino a qualche anno fa, l’olio che usciva dal frantoio veniva venduto a cinque euro al litro e oggi siamo già a circa sedici euro al litro, questo ci deve far pensare».

«Significa che al tempo in cui ho iniziato a immaginare un progetto possibile, non ero un folle. Ho saputo guardare oltre – sottolinea Pappalardo -. L’imprenditore, come insegno ai miei studenti, non può guardare solo a ciò che c’è oggi ma deve essere capace di vedere il domani, immaginando le possibili trasformazioni storiche. Per farlo ci vuole un sogno: il tuo. Solo tu sai dove vuoi arrivare. Ci vuole una visione senza la quale, oggi, non si va da nessuna parte».

«Il fatto di poter avere una musica esclusiva connessa al mio progetto era un sogno che immaginavo ma non credevo sarebbe stata così bella, ha superato qualsiasi mia aspettativa – aggiunge in chiusura di intervista -. La musica, l’arte, possono far sognare, possono allargare gli orizzonti, ci possono far vivere emozioni (mi arrabbio, mi emoziono, mi esalto); la musica è la colonna sonora della vita».   
 

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