La violenza contro le donne riguarda tutti: la parola agli uomini

Al Disfor si è tenuta una tavola rotonda con interventi interdisciplinari in occasione Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne

Giada Pagliari

«Il femminicidio esiste. È necessario per cambiare questa società, riguardo al rapporto tra uomo e donna, l’intervento di noi educatoriè un nostro dovere educare i bambini e le bambine fin dalla più tenera età. È essenziale una rivoluzione dello sguardo e del pensiero». Con queste parole la direttrice del Dipartimento di Scienze della Formazione, Loredana Cardullo, ha aperto i lavori della tavola rotonda dal titolo “La violenza contro le donne riguarda tutti: la parola agli uomini” nell’aula 1 del Complesso “Le Verginelle”.

«Vogliamo eliminare qualunque tipo di retorica, abbiamo invitato alcuni colleghi uomini, di vari ambiti del nostro dipartimento, per sentire il loro parere», ha aggiunto la docente, motivando così l’organizzazione dell’incontro in occasione Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne.

Dare voce agli uomini, scelta inusuale rispetto agli eventi solitamente presieduti per lo più da donne, ha un impatto maggiore a livello sociale e culturale, da questa considerazione, è nata l’idea dell’evento dal titolo “la parola agli uomini”: a prendere parte alla tavola rotonda sono stati proprio storici, sociologi, psicologi e pedagogisti.

«È nostro compito - asserisce Cinzia Recca, delegata dipartimentale alle Pari opportunità e coordinatrice dei lavori - organizzare giornate come queste, al fine di sensibilizzare gli studenti su tematiche che purtroppo ancora oggi affliggono la società. Bisogna sempre rammentare che le donne vittime di violenza di cui parliamo sono persone, non numeri».

Cinzia Recca

Un momento dell'intervento della docente Cinzia Recca

L’obiettivo numero 5 dell’agenda 2030 mira a ottenere la parità di opportunità tra donne e uomini nello sviluppo economico, l’eliminazione di tutte le forme di violenza nei confronti di donne e ragazze e l’uguaglianza di diritti a tutti i livelli di partecipazione. Un obiettivo definibile come una vera e propria “sfida di un mondo da ricostruire”.

«Quando si parla di patriarcato - ha spiegato Letterio Todaro, docente di Storia della Pedagogia -. Ci si riferisce a una costruzione di ordine simbolico in cui vi è un’asimmetria tra uomo e donna che ha origini molto antiche». Testimonianze di misoginia si annidano negli scritti di diversi antichi filosofi, pensatori e antropologi», ha aggiunto il docente a conclusione della sua relazione dal titolo "Sfatare il mito del sesso debole: la decostruzione dell’atteggiamento machista per la rimozione della violenza di genere".

Difatti, molti sono i riferimenti riguardo alla concezione della donna come “razza inferiore”, dotata di un cranio più piccolo e meno sviluppato rispetto a quello dell’uomo che induce la donna ad avere, inoltre, funzioni biologiche al di sotto di quelle maschili, come ad esempio: la sensibilità sessuale e le capacità respiratorie.

Emanuele Coco, docente di Storia della filosofia, ha definito la violenza di genere come «un radicato problema culturale» nella sua relazione dal titolo Illuministi dalla parte dei fragili. «Ho la convinzione che la violenza subita da una donna sia il triste risultato di una cultura che è condivisa e che attacca le minoranze, basata sulla non educazione e sull' incapacità di mettersi nei panni altrui», ha detto il docente.

Le studentesse presenti ai lavori

Studenti e studentesse presenti all'incontro

Innumerevoli, le storie di donne vittime di una cruda e crudele violenza, ricordiamo il delitto del Circeo, le cui vittime sono state due ragazze (di cui solo una è sopravvissuta) e lo Stupro di Adrano, la cui vittima è stata una ragazza di diciassette anni violentata da dieci ragazzi.

Questi racconti lasciano un terrore negli occhi di chi ascolta e di chi ne proferisce le vicende. È stato Gaetano Arena, docente di Storia Romana, nella sua relazione dal titolo “Lo stupro di gruppo fra stampa nazionale e cronaca locale (1975- 1987)”, a condurre la narrazione di questi tragici eventi, tra le sue parole, un nome in particolare ha commosso gli ascoltatori: Anna Ruggieri, avvocatessa catanese che si è battuta ardentemente per la difesa dei diritti delle donne con profondo coraggio e forte dedizione.

Nella quotidianità quale può essere uno strumento per aiutare le donne vittime di violenza, in ognuna delle sue molteplici e intricate forme? Il docente di Psicologia clinica, Pasquale Caponnetto ha presentato il codice rosa/rosso. Quest’ultimo – ha spiegato il docente nella relazione dal titolo “Il codice rosa/rosso, una risorsa in ambito psicologico-clinico”, è un «percorso dedicato alle persone vittima di violenza all’interno di un ambulatorio non identificabile, all’accesso al Pronto soccorso si avvia la procedura prevista per l’ascolto, la presa in carico e l’assistenza integrata».

Pasquale Caponnetto

Un momento dell'intervento del prof. Pasquale Caponnetto

Frequentemente le vittime hanno un blocco emotivo, in questa situazione è fondamentale che si sentano a proprio agio, al sicuro. Un approccio di questo genere richiede di “pesare” ogni parola,  bisogna, inoltre, considerare un insieme di fattori: in alcuni casi si può sviluppare un disturbo dissociativo e un disturbo da stress post-traumatico.

Chi subisce violenza per anni inizia a pensare che sia normale, che sia giusto. Questi maltrattamenti sono collegati tra loro da un filo rosso che partendo da radici molto antiche affondano la loro dolorosa presenza sotto altre vesti nella nostra epoca controllata dai “social”.

Cos'è la violenza culturale e simbolica? È una violenza invisibile "dolce" esercitata non con la diretta azione fisica ma con l'impostazione di una visione del mondo attraverso strumenti immateriali quali "ruoli sociali, categorie cognitive e strutture mentali", con cui viene percepito e pensato il mondo.

«Questa violenza simbolica e culturale è ambivalente», ha spiegato Guido Nicolosi, docente di Sociologia dei processi sociali e comunicativi nella sua relazione dal titolo “L’occhio che uccide: la violenza simbolica di genere nella comunicazione mediale". «Nei media vi è una rappresentazione femminile stereotipata e discriminante – ha aggiunto -. Le donne sono de-soggettivizzate ridotte a determinanti corporee (bellezza, giovinezza, femminilità, eleganza). Il corpo delle donne liberato è stato strumentalizzato per sostenere processi commerciali».

Un momento dell'intervento del prof. Guido Nicolosi

Un momento dell'intervento del prof. Guido Nicolosi

Al termine dell’incontro, è seguito un dibattito in cui gli studenti e le studentesse hanno posto delle domande ai professori, ospiti dell’evento. Profondamente commovente, l’idea di due studentesse di creare una scatola in cui all’interno ciascuno poteva riporre un biglietto che rispondesse a questa domanda: “Qual è la frase che ti è stata rivolta o hai sentito che non vorresti fosse più ridetta ad un’altra donna?”.

La violenza è un problema di tutti, “siamo come un occhio che guarda, che impone". "Siamo tutti vittime di quest’occhio occhio e portatori del suo sguardo che spinge verso un comportamento e l'accettazione di esso”.

Un momento dell'intervento delle studentesse

Un momento dell'intervento delle studentesse