La voce del clarinetto

Il terzo appuntamento della rassegna musicale “Atelier in Musica. L’arte incontra l’arte”

Irene Isajia

Un concerto straordinario al cui interno è stato presentato un itinerario entusiasmante attraverso pagine di repertorio lirico e cameristico scritte per clarinetto e con una inimitabile voce. 

Sabato scorso, l’Atelier Mendola, con la direzione artistica di Angelo Litrico, ha aperto le porte al clarinetto e ai suoi interpreti: Andrea Zagra, Giorgia La Rosa e Federico Milazzo (studenti del Conservatorio di Catania) accompagnati al pianoforte dal M° Giuseppe Ventura

Ogni brano è stato anticipato da una introduzione con delle chicche che hanno immesso gli ascoltatori nell’atmosfera sia dei salotti della «musica raffinata per cibo raffinato» di Mendelssohn (in cui la composizione Concertstuecke Op. 114 n.2 per due clarinetti pianoforte fu scritta, e poi suonata, appositamente per ricambiare il dono dello “strudel al formaggio” di cui il compositore andava matto), sia negli affari della eccentrica personalità di Mozart, la cui genialità compositiva spesso diventava «merce di scambio» per colmare debiti di gioco dei compagni di massoneria, un capolavoro entrato a far parte del repertorio cameristico (Quintetto per clarinetto e archi K 581). 

Il programma è entrato nel vivo con gli assoli originali per clarinetto tratti dalle opere di Vincenzo Bellini (da “I Capuleti e i Montecchi” - Fantasia Brillante “Souvenirs de Bellini”, Andante maestoso) e di Giuseppe Verdi (dai “Vespri Siciliani” La primavera, Andantino; da “La Forza del Destino” Atto III, Andante mosso; dalla Fantasia sui temi del Rigoletto, Andante). 

Anche qui non sono mancati gli aneddoti: dalla versione di Carl Baermann del tema di Capuleti e Montecchi per clarinetto, sottoforma di Fantasia Brillante per rendere virtuoso un pezzo per clarinetto che la Germania del suo tempo considerava piuttosto banale nella figurazione e la struttura belliniana; alla Forza del destino di Verdi, un assolo particolare di clarinetto di cui leggende metropolitane ricordano che l’esecuzione di questa generi sempre qualche problematica, tanto che nei teatri si cercava spesso di non nominare il titolo, utilizzando sinonimi di questo. 

Si continua con uno dei grandi capostipiti dell’opera italiana, Gioacchino Rossini, con Introduzione,tema semplice da cui emergono cinque variazioni dal carattere brillante che risaltano i timbri del clarinetto in tutti i suoi aspetti. Si tratta di uno dei pezzi più impegnativi per il repertorio di clarinetto, utilizzato spesso le varie audizioni e concorsi internazionali.

Cambia l’atmosfera, voltando pagina sul repertorio moderno. Da Poulenc (dalla Sonata per clarinetto e pianoforte, Romanza) a Goodman (Don’t be that way) a G. Gershwin. Il pubblico è stato attirato dal maestro Ventura che ha introdotto alla traduzione del brano di GershwinSummertime. Siamo abituati ad ascoltarlo come un pezzo appartenente al repertorio jazzistico più famoso, eppure pochi sanno che si tratta di una Ninnananna, in cui il cantante rassicura il bambino sul suo presente e sul suo futuro: 

“Bambino non piangere. Uno di questi giorni ti alzerai cantando, poi spiegherai le tue ali e volerai fino in cielo, ma fino a quella mattina non c'è niente che possa ferirti se mamma e papà sono lì al tuo fianco”

Come all’improvviso gli occhi e le orecchie dei presenti si sono accese di grande curiosità all’interno della Casa Museo Mendola.

i tre musicisti

I tre musicisti

Il maestro Giuseppe Ventura 

Clarinettista, pianista e direttore catanese, ha iniziato gli studi musicali all’Istituto Musicale “Vincenzo Bellini” diplomandosi in clarinetto sotto la guida del maestro Di Pietro. Successivamente ha conseguito il diploma di Pianoforte al Conservatorio di Mantova. Ha conseguito Master di perfezionamento tenuti da docenti internazionali quali Anthony Pay, Giuseppe Garbarino, Ciro Scarponi e Vincenzo Mariozzi. 

Ad una intensa attività concertistica, invitato nelle più importanti stagioni musicali sia come solista, sia come pianista con diverse formazioni cameristiche, in particolare con il Trio Spivensal, esecutore di produzioni musicali per le stagioni teatrali del Piccolo Teatro, ha affiancato quella di direzione, esordendo nella manifestazione “Musica in Provincia” alla quale ha fatto seguito il concerto inaugurale nella stagione concertistica 2002 dell’Associazione Anfiteatro, fino all’evento storico diretto per la riapertura del teatro antico di Morgantina. 

Ha diretto diverse ensemble (Orchestra da Camera di Messina, Orchestra Anfiteatro, Ensemble Pacini, il Bellini Wind Ensemble e il Bellini Clarinet Choir) riscuotendo sempre unanimi consensi di critica e di pubblico. Ha tenuto regolarmente delle masterclass di perfezionamento musicale dal 1998-2014 per il Festival Musicale di Troina ed è stato docente di Clarinetto al Consorzio Universitario Ennese. 

Attualmente è primo clarinetto della Orchestra Sinfonica del Conservatorio nonché docente titolare presso lo stesso Conservatorio “Vincenzo Bellini” di Catania per la Cattedra di Prassi esecutiva e Repertorio del Clarinetto.

clarinetto

Le interviste

Andrea Zagra, studente del II anno specialistico in clarinetto: tre aggettivi che qualificano te e la musica?

«Brillantezza, Umiltà e Calore - spiega Andrea Zagra -. “Brillantezza” per l’essere giocherellone, molto aperto agli stili e verso gli altri, Cercando di essere versatile per trovare un filo unico tra noi, che siamo musicisti. “Calore” che crea empatia sia con il pubblico che tra i vari colleghi. “Umiltà” per non sentirsi mai arrivati. La musica ci mette di fronte a noi stessi e io condivido con gli altri ciò che mi insegna, cercando di fare bene il mio, sognando il mio, divertendomi». 

Federico Milazzo, studente al III anno del triennio in clarinetto: con quale autore ti senti più affine? 

«Una bella domanda - spiega Federico Milazzo -. Posso dire che è una cosa molto temporanea. In base al mio stato d'animo cambia il significato della musica in gioco così come per chi ti sente suonare. Se devo pensare all’autore con cui mi sento più affine, posso certamente dire che sono molto coinvolto, in generale, dagli autori del Novecento. Di solito si cerca una figura importante tra quelli classici, nel Romanticismo per esempio; io mi trovo più vicino al repertorio moderno, perché penso trasmetta più emozioni dalla dolcezza, alla tristezza alla malinconia. È quello che è accaduto nell’eseguire la sonata di Poulenc: tante emozioni comunicate, in un tempo o nell’altro del brano; è ciò che per me significa la musica, esprimere emozioni».

«L’autore a cui mi sento più vicino è Horovitz - aggiunge -. La sua Sonatina per clarinetto e pianoforte la sento particolarmente mia. Il secondo tempo, in particolare, è un flusso continuo di emozioni che mi travolge letteralmente. Certamente anche con altri autori come Francis Poulanc, Aaron Copland sempre del Novecento. Si. Il Novecento è il mio mondo».

A te, stasera, sono stati affidati i pezzi più virtuosi. Come interpreti questo virtuosismo?

«È innegabile che la musica racconti ciò che le voci d’opera cantano (soprani, contralti, tenori, bassi). Nel momento in cui l’opera si affida ad uno strumento (sia esso un clarinetto, un corno, un flauto), questo riprende la struttura e l’espressività della voce umana ed è così che lo stesso strumento si fa voce - continua Federico Milazzo -. Il clarinetto è tra gli strumenti che riesce ad esprimersi nel virtuosismo, grazie anche all’estensione dello strumento stesso, non soltanto la come 'voce', ma lo stesso flusso di emozioni. Questo lo si può rilevare nella Fantasia Brillante tratto da “Capuleti e Montecchi” di Carl Baermann, dove emerge fortemente l’espressività del clarinetto». 

«Questi passi d’orchestra per noi sono molto importanti per lo studio e per la nostra preparazione. Sono pezzi che sono previsti alle audizioni per l’accesso in orchestra e hanno un grande valore sia formativo e soprattutto esperienziale e, stasera spero che il pubblico abbia percepito il sacrificio e l’impegno» aggiunge.

Alla fine un lungo applauso, la giusta risposta a tutta la passione e l’amore che dedicate ogni giorno alla musica?

«Dietro lo strumento noi ci sentiamo coraggiosi – dice Andrea – è con lo strumento che manifestiamo la nostra forza, è lo strumento che vive con noi il sacrificio di ogni giorno. Quando abbassiamo lo strumento è come se fossimo indifesi».

Giorgia La Rosa, III anno del Triennio di clarinetto: Il titolo del concerto di stasera è “La voce del clarinetto”. Sappiamo che la musica dà voce alle corde più profonde del nostro animo, e tu hai scelto di suonare il clarinetto. Quale brano ti fa vibrare di più, le corde dell'animo e che non ti fa trattenere l’emozione?

«Non è ben quantificabile il carico di emozioni che genera suonare un pezzo; può dipendere da come mi sento in un determinato momento nella mia vita e una cosa mi colpirmi più di un'altra - racconta Giorgia La Rosa -. In generale, però, ho una passione per gli autori romantici. In questo periodo, sto studiando il primo concerto di Weber. In realtà è da danni che lo studio, lo riprendo, poi lo abbandono poi ci ritorno. Il suonarlo riesce veramente a suscitarmi delle emozioni, tanto che arrivare a spossarmi, il mio corpo è fiaccato dalle emozioni». 

«In generale non suono nulla che non mi piaccia; se il pezzo non mi piace, faccio di tutto per evitarlo - continua -. Finisco sempre per suonare i pezzi che mi emozionano perché credo che non si possa suonare qualcosa che non ci emoziona davvero perché anche chi ascolta, poi se qualcosa non ci piace non ci tocca veramente, lo capisce, lo percepisce».

Non pensi che la musica ci cerchi?

«È reciproco. Noi cerchiamo la musica e la musica cerca noi. Se non si crea questa affinità tra la musica e chi suona, chi ascolta non riuscirà a cogliere quello che la musica vuole veramente trasmettere attraverso l’esecutore» conclude Giorgia La Rosa.

I tre musicisti insieme con il maestro Giuseppe Ventura

I tre musicisti insieme con il maestro Giuseppe Ventura

Musica classica e Giovani, un eterno ossimoro. Quali proposte vi sentite di fare perché questo “classico” possa essere sempre più sinonimo di “giovane”? 

«Innanzitutto un potenziamento della musica nelle scuole, facendo musica in maniera più specifica oltre la semplice ora settimanale che spesso banalizza i contenuti andando incontro alle “scelte musicali” dei giovani molto settoriali e poco aperte a conoscere la ricchezza della Musica. Implementare lo studio partendo dalla tradizione che è alla base della musica moderna – spiega Andrea Zagra –. Per non perdere il contatto con le nostre radici».

«Ho 19 anni e vivo appieno questo cambiamento culturale, globalizzata, che subisce ogni tipo di influenza – afferma Federico Milazzo – e la Musica è diventata un pacchetto pieno di cose dove dentro non si sa più cosa mettere. L’aggettivo “classico” per la musica è davvero troppo generico ormai, poiché accoglie epoche diverse. La musica strumentale lavora molto di più sulla mente di chi ascolta, colpisce in pieno le emozioni e lo stato d’animo di una persona. Una sonata, un concerto, per esempio, sono musiche che fanno parlare chi ha composto, chi esegue e muove i sentimenti di chi ascolta. Crea un loop di emozioni in cui vive la condivisione profonda».

Giorgia La Rosa spiega che si tratta «di una forma di 'pregiudizio' nei confronti della Classica e chi l’ascolta o la pratica, quasi se ne vergogna o viene visto come un extraterrestre perché lontano dallo stile di musica diffuso tra i giovani d’oggi». «Per ascoltare la musica classica ci vuole una certa sensibilità che tutti abbiamo ma tentiamo di nascondere, forse per rimanere al passo con i tempi - continua -. Il repertorio classico abbraccia secoli e non si tratta di “canzoni” che in tre minuti hanno esaurito ciò che vogliono dire; si tratta di pezzi che continuano a parlare agli uomini e alle donne del nostro tempo nonostante la loro data di composizione: si tratta di avere la pazienza e di predisporsi all’ascolto, mettendo 'a nudo' la nostra sensibilità». 

«La musica classica non stanca - continua Andrea Zagra -. Ogni esecutore ci mette del proprio. Ciascuno farà emergere un aspetto diverso e susciterà emozioni diverse. È sempre la stessa musica ma è sempre nuova».

«Ci troviamo in un tempo in cui non possiamo prescindere dall’immagine e benché abbiamo perso il piacere di immaginare, a me piace associare un’immagine, una scena, al pezzo che suono perché la musica ci permette di essere condotti in mondi altri se ci mettiamo in ascolto – Federico Milazzo –. Dovremmo chiudere le orecchie al mondo circostante per aprire gli occhi alla musica; dovremmo disancorarci dalla materialità del mondo per lasciare parlare l’animo, il nostro mondo interiore, quel luogo dove la musica vuole condurci».

Se doveste creare un evento, con la vostra musica, esclusivamente per Under 25. Come lo pensereste?

«Un riadattamento - dice Andrea Zagra -, dove emerge l’aspetto interpretativo e visivo, guidando il pubblico dentro l’itinerario emozionale della Musica che può essere visto». 

Per Federico Milazzo si potrebbe «creare una connessione all’universo cinematografico, televisivo attraverso le colonne sonore dei film o delle serie tv più seguite per condurli alla consapevolezza che la Musica che riconoscono esclusivamente in questo tipo di medialità e invece connessa alla storica della musica e a quel repertorio lirico e cameristico dal quale fuggono». «Ascoltare dal vivo brani ormai consolidati nella tradizione pubblicitaria, dei temi delle suonerie dei cellulari o passate in scene dei film o serie preferite, farebbe prendere coscienza che tutto ha origine in un tempo lontano che ancora ci parla attraversi nuovi strumenti della comunicazione, accendendo così la curiosità» conclude Federico Milazzo.

«Bisogna tentare l’approccio strumentale - dice Giorgia La Rosa -, quello che gli permette di conoscere gli strumenti classici che suonano oggi ancora non solo la Classica ma ogni tipo di repertorio, anche quello che appartiene alla generazione attuale. Basta avere il desiderio di ascoltare senza pregiudizio». 

«Sarebbe bello anche l’approccio tattile agli strumenti, la possibilità di poterli toccare da vicino per ridurre anche la distanza fisica da essi, provando anche a suonarli» aggiunge Andrea Zagra

Potremmo concludere che la musica è un tuffo esperienziale, nel quale dobbiamo essere disposti a lasciarci condurre come dal salto di una cascata l’acqua ha momenti di forte slancio e poi in altri tratti il movimento si quieta così dovrebbe essere il nostro approccio. Possiamo anche aprire una fessura della nostra disponibilità all’Ascolto e sarà poi lei a conquistarci.