L’amore ai tempi del femminicidio

Nessun caso di cronaca nera, ma solo il racconto del Preludio su Othello 2.0, una rilettura coreografica dell'opera di Shakespeare di Amilcar Moret Gonzalez

Damiano Nicotra

Un Otello in giacca e cravatta; uno Iago che batte i pugni sul tavolo mentre Emilia affetta un’insalata; una Desdemona che si innamora osservando un gesto di gentilezza verso un mendicante.

È tutto fuorché classica la riscrittura coreografica di Otello, firmata da Amilcar Moret Gonzalez e attualmente in scena al Teatro Massimo Bellini di Catania. Lo scorso mercoledì, nel foyer del Teatro, si è svolto l’ultimo appuntamento dei Preludi all’opera – il ciclo di conferenze ideato dal Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania –, incentrato tutto su questo Othello 2.0.

Un “2.0” che non è solo titolo, ma chiave di lettura. Il prof. Giuseppe Montemagno – docente di Storia della Musica al Conservatorio di Catania e relatore della conferenza – lo dice chiaramente: «Numeretti come “2.0” si usano per gli aggiornamenti delle app. È un indizio preciso dell’operazione artistica di Gonzalez: un aggiornamento, un reboot, ma non senza radici».

Quelle radici affondano in Shakespeare, certo, ma non possiamo dimenticare Rossini, Verdi, Neumeier. «La modernità di Otello – prosegue Montemagno – è già lì, nel sottotitolo: il moro di Venezia. La sua pelle era il primo ostacolo, il primo stigma. Otello era il diverso, lo straniero». E non lo è ancora oggi? Per non parlare della tremenda sciagura con cui termina la tragedia: non è quello un femminicidio?

«Sì, l’opera è decisamente attuale». Ne è convinto Moret Gonzalez, che ha praticato un taglio netto rispetto alle versioni precedenti (ma, beninteso, non un tradimento). Ed ecco allora che vediamo Otello nelle vesti di uomo d’affari, Desdemona di una giovane di buona famiglia. Il corteggiamento è un gesto semplice: Otello porge la giacca a un senzatetto, che Iago invece scaccia. Lei assiste alla scena e l’amore nasce proprio lì, su una panchina.

La scena è classica nell’impianto, con un tipico giardino in fiore, ma il lessico coreografico è contemporaneo, senza compromessi, e ha anche la peculiarità di giocare spesso sul contrasto tra le tre coppie della storia – Otello e Desdemona, Iago ed Emilia, Cassio e Bianca.

Il prof. Montemagno evidenzia l’intelligenza della costruzione musicale: «La coppia Otello–Desdemona è accompagnata da musica acustica, orchestrale, calda, con le composizioni di Vivaldi ed Ezio Bosso. Per Iago ed Emilia, invece, la musica elettronica di Max Richter o, addirittura, il silenzio».

Un momento della presentazione

Un momento della presentazione

E non è un silenzio vuoto: è un silenzio violento, come nella scena in cui Emilia taglia l’insalata, le mani tremanti, mentre Iago sbatte i pugni sul tavolo, finché il silenzio è spezzato solo da un urlo di lei, in cui si condensa tutta la violenza del momento. È una scena di quotidianità domestica che mette in luce la personalità deviata di Iago e il suo dominio su Emilia.

Ma la tensione sale ancora nel secondo atto, che si apre con un viaggio a Parigi. Otello e Desdemona visitano il Louvre: un momento di sospensione, di bellezza, ma anche di minaccia. È lì che sboccia una nuova complicità, tra Desdemona e Cassio. La gelosia inizia a fermentare. A catalizzare tutto è un oggetto simbolico: una sciarpa, che sostituisce il proverbiale fazzoletto della tragedia originale.

Lo sfondo è Les Amants di René Magritte, forse la sintesi più ardita di questa passione tra Otello e Desdemona che, nel primo atto, ci racconta una vicenda di amore, ma alla fine dello spettacolo ci racconta una vicenda di follia e morte.

Amilcar Moret Gonzalez racconta il processo creativo con emozione palpabile: «Otello è il ruolo più intenso della mia vita. L’ho portato nel cuore fin dal primo giorno in cui ho deciso di fare coreografie. È una storia piena di verità che ritroviamo ancora oggi: razzismo, violenza, incomunicabilità. Io e Virginia ci siamo trovati dentro questa storia anche come coppia nella vita».

Certo, non gli auguriamo di fare la fine dei protagonisti della tragedia. E la catanese Virginia Tomarchio, che interpreta Desdemona, aggiunge: «Ho voluto metterci tutta la mia spontaneità. Questo ruolo mi parla, mi chiede di esserci completamente. E farlo nella mia città, con questi colleghi, è un onore».

Anche il sovrintendente Giovanni Cultrera, durante i saluti istituzionali di apertura, aveva ricordato l’impegno del teatro nel portare in scena storie vive, attuali: «Opera e balletto vi propongono delle tematiche che oggi devono essere sempre più discusse e analizzate. La società ce lo chiede a gran voce».

Maria Rosa De Luca, docente di Storia e Storiografia della Musica all’Università di Catania e coordinatrice dei Preludi all’Opera assieme alla docente Graziella Seminara, ha sottolineato l’unicità dell’occasione, in tempismo perfetto con lo svolgimento della sesta edizione del FIC. «Era da tempo che i Preludi non ospitavano un balletto – ha osservato la prof.ssa De Luca –. Questo Otello danzato dialoga con l’altro Otello in cartellone, quello verdiano. Una scelta artistica forte, che dà nuova luce a un testo che pensavamo di conoscere già».

Il finale del primo atto è forse uno dei momenti più emblematici, con un pas de deux struggente sulle note di Nimrod, la nona delle Variazioni Enigma, op. 36, di Edward Elgar: «Dietro al sorriso di Desdemona e all’amore di Otello – ha concluso il prof. Montemagno – si nasconde un “Enigma” della società contemporanea: si può ancora morire per amore?». 

Back to top