Le acque di deflusso urbano: una risorsa strategica da valorizzare e recuperare

Nell’ambito del progetto Gifluid – Interreg Italia-Malta sono stati realizzati un tetto verde al Polo Bioscientifico dell’Università di Catania e al Ghajn National Water Conservation Centre a Rabat

Emanuela Rita Giuffrida
Il tetto verde realizzato al Polo Bioscientifico dell'Università di Catania
Il tetto verde realizzato al Polo Bioscientifico dell'Università di Catania
Il tetto verde realizzato al Ghajn National Water Conservation Centre a Rabat, Malta
Il tetto verde realizzato al Ghajn National Water Conservation Centre a Rabat, Malta

La gestione integrata delle acque meteoriche è diventata una priorità nelle politiche ambientali a livello europeo a causa dell'aumento dei volumi di deflusso e della limitata disponibilità di risorse idriche, per questo motivo le acque di deflusso urbano sono considerate una risorsa strategica da valorizzare e recuperare.

I cambiamenti climatici con l’intensificazione degli eventi pioggia e la crescente urbanizzazione con l'impermeabilizzazione del suolo, hanno comportato un incremento del deflusso superficiale e una riduzione dell’evapotraspirazione e ricarica delle falde.

L’approccio tradizionale, basato esclusivamente sul rapido allontanamento dei deflussi e sull’incremento delle reti di drenaggio (fognature bianche), è risultato inadeguato per affrontare queste criticità. 

Le misure di mitigazione del rischio idraulico, soprattutto quelle basate su soluzioni naturali (Nature-based solutions) come le infrastrutture verdi urbane, risultano indispensabili per integrare le misure tradizionali di drenaggio urbano. In tal modo si restituisce l’acqua alla natura e si realizzano aree verdi urbane sostenibili.

Negli ultimi decenni, nei territori di Malta e della Sicilia si sono verificati sempre più frequentemente eventi di pioggia molto intensi che hanno causato inondazioni ed allagamenti nelle aree urbane e sub-urbane, anche a causa dell’eccessivo livello di urbanizzazione nelle aree costiere. In tali aree il rischio idrogeologico ha gravi ripercussioni sulle attività economico-produttive, sul patrimonio culturale e sull’incolumità delle comunità.

Il progetto Gifluid, acronimo di Green Infrastructures to mitigate Flood risks in Urban and sub-urban areas and to Improve the quality of rainwater Discharges, finanziato nell’ambito del programma Interreg VA Italia-Malta 2014-2020, ha avuto tra i suoi obiettivi quello di promuovere soluzioni sostenibili per la gestione delle acque di pioggia nelle aree urbane e suburbane nei territori transfrontalieri siculo-maltesi tramite l’impiego di infrastrutture verdi o soluzioni basate sulla natura (nature based solutions): tetti verdi, giardini della pioggia (rain garden), pavimentazioni permeabili, trincee d’infiltrazione.

In particolare, la collaborazione tra i ricercatori del Dipartimento di Agricoltura Alimentazione Ambiente dell’Università di Catania (Di3A) e dell’Energy Water Agency (EWA) di Malta ha consentito la progettazione e realizzazione di due tetti verdi situati rispettivamente a Catania al Di3A e a Rabat (Malta) al Ghajn Water Conservation Center. 

Inoltre, nell’ambito del progetto il Comune di Aci Castello con la collaborazione dei ricercatori del Di3A ha realizzato un intervento di mitigazione del rischio idraulico in ambito urbano tramite la realizzazione di un giardino della pioggia (rain garden) e di pavimentazioni permeabili.

Il tetto verde del Polo Bioscientifico dell'Università di Catania

Il tetto verde realizzato al Polo Bioscientifico dell'Università di Catania

A Catania è stata realizzata un importante infrastruttura con una forte impronta ecologica e bioarchitettonica: un tetto verde semi-intensivo che copre l'atrio del corpo B del Polo Bioscientifico del Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione ed Ambiente (Di3A) dell'Università di Catania in via Santa Sofia. 

Questo tetto verde semi-intensivo è il più grande realizzato in Sicilia da un'amministrazione pubblica che combina caratteristiche sia dei tetti verdi intensivi che di quelli estensivi con una superficie di 900 metri quadrati, con 1500 piante erbacee o arbustive, 3 tecnologie con diversi substrati le cui performance idrauliche ed energetiche verranno confrontate con la copertura tradizionale, 950 ml di ali gocciolanti, 6300 gocciolatoi auto compensanti, 1 stazione meteo multi-parametrica, 1 sistema di monitoraggio delle acque di pioggia con 8 misuratori di portata ad ultrasuoni, 2 rifugi per insetti impollinatori. 

Giuseppe Luigi Cirelli, ordinario del Di3A di Idraulica agraria e sistemazioni idraulico-forestali e responsabile del progetto Gifluid, ha evidenziato l'importanza del tetto, sottolineando «non solo le sue notevoli dimensioni, ma soprattutto il suo carattere assolutamente innovativo che permetterà di valutare quale tecnologia risulterà più idonea nelle condizioni di clima mediterraneo». 

«Questa struttura diventerà un grande laboratorio all'aria aperta per gli studenti dell’ateneo catanese, trasformandosi in una grande opportunità educativa e di ricerca - ha aggiunto -. Gli studenti potranno utilizzarlo per studiare argomenti legati all’ingegneria naturalistica, alla bioarchitettura, all’idraulica, all’orticultura, all’entomologia, alla sostenibilità ambientale, alla botanica, e ad altre aree di studio correlate. Uno spazio prima non utilizzato è stato trasformato in un grande “aula vivente”, dove gli studenti potranno apprendere e condurre ricerche in un ambiente reale». 

«L’attività di monitoraggio meteoclimatica sarà finalizzata a valutare gli effetti idraulici ed idrologici del tetto verde in termini di riduzione dei deflussi di pioggia e dei valori di massima portata ed alla valutazione dei fabbisogni idrici del tetto verde per soddisfare il fabbisogno evapotraspirativo», ha proseguito il prof. Giuseppe Cirelli.

L’attività di ricerca che proseguirà oltre la fine del progetto Gifluid è stata svolta da numerosi docenti, dottorandi ed assegnisti del Di3A ed in particolare dai docenti prof.ssa Feliciana Licciardello, Giovanni Cascone, Daniela Romano, Simona Consoli e Daniela Vanella e dai ricercatori Liviana Sciuto, Vincenzo Scavera, Salvatore Barresi, Emanuela Rita Giuffrida, Alessia Rizzo, Angela Trovato e Giuseppe Longo-Minnolo.

L'agronomo paesaggista Annibale Sicurella, responsabile dello studio laborArch di Catania e progettista incaricato del Tetto Verde, ha curato la progettazione della stratificazione in collaborazione con i consulenti tecnico-scientifici dell’università, la scelta delle aree destinate al verde, la selezione e il posizionamento delle specie vegetali da inserire in concerto con la prof. Daniela Romano.

Veduta aerea del tetto verde realizzato al Polo Bioscientifico dell'Università di Catania

Veduta aerea del tetto verde realizzato al Polo Bioscientifico dell'Università di Catania

Il suo approccio si è concentrato sulla capacità che le stratificazioni delle tecnologie applicate hanno di accogliere l’apparato radicale delle piante. 

Con l’impiego di arbusti, graminacee e tappezzanti perenni ha dato vita ad una paesaggistica conforme al Dutch Wave. Il Dutch Wave, chiamato anche Onda Olandese, più che uno stile di progettazione paesaggistica è una filosofia green orientata alla creazione di giardini meno formali e schematici, ma più naturali e sostenibili.  

Sicurella ha, quindi, posto particolare attenzione alla biodiversità, selezionando un'ampia varietà di specie vegetali allo scopo di favorire la creazione di spazi naturali che possono contribuire alla creazione di corridoi ecologici all’interno del tessuto urbano. Lo sviluppo delle piante, che occuperanno l’area a loro destinata in un paio di stagioni vegetative, prende anche in considerazione la futura competizione radicale della specie; fenomeno da ritenersi assolutamente naturale e necessario per mantenere una copertura completa del terreno. La copertura integrale del substrato di posa è essenziale per proteggere lo stesso dall’azione erosiva del vento al quale i giardini pensili sono particolarmente esposti.

Durante le fasi di posa in opera della tecnologia e delle piante hanno collaborato, con l’impresa incaricata, i tecnici specializzati della Vivai Etna di Dario Ginoprelli di Catania, sotto la supervisione della direzione lavori.

L'ingegnere Stefano Cascone, ricercatore dell'Università di Reggio Calabria, ha svolto il ruolo di consulente scientifico per la scelta dei materiali sostenibili e innovativi, concentrando l'attenzione sulle prestazioni energetiche. Ha evidenziato come «i tetti verdi influenzino positivamente sulla certificazione energetica degli edifici e della città, contribuendo alla riduzione dei consumi e dell'effetto isola di calore in contesto urbano. Il progetto prevede sistemi sensoristici per monitorare le temperature superficiali e negli strati interni del terreno, i flussi di calore ed il contenuto di acqua nel substrato».

La struttura del tetto verde è suddivisa in sette settori distinti, ciascuno impiegando diverse tecnologie innovative per la gestione sostenibile delle acque meteoriche. Tra queste tecnologie, si annoverano il sistema a moduli drenanti, il sistema Green Safe e un'opzione sperimentale. Specificando che il sistema Green Safe utilizza un terriccio più pesante e minerale rispetto alle altre scelte tecnologiche nelle quali è stato inserito un terriccio con una componente organica più rilevante. 

La terza tecnologia sperimentale si distingue per l'uso nel sistema drenante di granuli derivanti dal riciclo della plastica, che rappresentano l'ultima fase di riutilizzo di questo materiale. Questo sistema è applicabile perché il tetto verde non ha un diretto contatto con il suolo naturale e questo esclude ogni possibilità di contaminazione con materiale plastico dello stesso.  

Per garantire la funzionalità del sistema drenante, sono stati installati pozzetti di controllo in corrispondenza delle caditoie pluviali. Inoltre, i cordoli passanti disposti in maniera opportuna facilitano il deflusso delle acque verso le caditoie, adattandosi alla pendenza della terrazza, che non poteva essere modificata.

Il tetto verde realizzato al Ghajn National Water Conservation Centre a Rabat, Malta

Veduta aerea del tetto verde realizzato al Ghajn National Water Conservation Centre a Rabat, Malta

Il secondo progetto, situato al Ghajn National Water Conservation Centre a Rabat, Malta, è stato descritto da Manuel Sapiano, partner maltese dell'Energy Water Agency, come «un'iniziativa pionieristica per studiare l'efficacia dei tetti verdi nel mitigare i rischi di inondazione nel territorio maltese con l'obiettivo di migliorare l'efficienza energetica degli edifici e promuovere la conservazione dell'acqua».

Il progettista maltese dell'Energy and Water Agency, Aaron Cutajar, ha illustrato come il tetto verde sia stato «concepito non solo come laboratorio di ricerca per la raccolta dati, ma anche come strumento educativo per gli studenti». 

«Questo permette loro di osservare direttamente e comprendere le questioni ambientali, fornendo al contempo risultati utili ai policymaker per la gestione di tali sistemi in contesti urbani - ha aggiunto -. Il progetto mira ad analizzare l'effetto del tetto verde in combinazione con i pannelli integrati di 350 W equipaggiati dei data logger per l’acquisizione dei dati, con particolare attenzione alla gestione dell'acqua piovana e al tempo di deflusso cercando di creare un'armonia tra il verde e i pannelli solari, identificando la giusta vegetazione da utilizzare. La vegetazione è di circa 3000 piante inserite per massimizzare il potenziale del tetto verde. La vegetazione selezionata è stata scelta per la sua capacità di adattarsi al clima caldo di Malta e per essere di origine locale, garantendo così una maggiore resistenza alle condizioni ambientali specifiche dell'isola, particolarmente aride».

«In fase di realizzazione è stato smontato l’impianto di pannelli solari già installato sul tetto, per poi installare il tetto verde e successivamente reinstallare il sistema fotovoltaico (PV), al contempo sono stati inclusi sensori per monitorare vari aspetti come il flusso di scarico dell'acqua, la temperatura delle radici, l'igrometria e la termometria ambientale, per determinare il microclima generato», ha aggiunto Aaron Cutajar.

«Il substrato realizzato per il tetto verde è molto poroso e sono stati utilizzati substrati di tipo vulcanico e di pietra pomice - ha aggiunto -. Questa analisi evidenzierà l'impatto del tetto verde sull'acqua di precipitazione e sul microclima, e già dai primi dati è stata registrata una piccola diminuzione di temperatura di 1-2 gradi rispetto all'ambiente circostante».