Le metodologie digitali per studiare le frane costiere

Saranno sviluppate nell’ambito del progetto Linar, finanziato con fondi Prin, dai ricercatori degli atenei di Catania e Genova

Alfio Russo

Sviluppare metodologie digitali per studiare e monitorare la franosità delle coste nelle aree protette naturali.

Sono gli obiettivi del progetto Linar, acronimo di Landslide Impact on NAture Reserve, selezionato come Progetto di Rilevante Interesse Nazionale dal Ministero dell’Università e della Ricerca, che sarà realizzato dall’Università di Catania (partner capofila) tramite il Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali, con la collaborazione del Dipartimento di Scienze della Terra, dell'Ambiente e della Vita dell’Università di Genova.

«L’obiettivo principale di questo progetto è quello di avvicinare sempre più lo studio delle frane al mondo digitale, promuovendo l’utilizzo di metodologie di rilievo non invasive che consentano la realizzazione di modelli 3D da analizzare e da utilizzare anche per finalità di monitoraggio» spiega il dott. Simone Mineo, ricercatore di Geologia applicata a Unict e principal investigator di Linar, specificando che le attività si concentreranno in due aree campione scelte nei territori siciliano e ligure. 

Per la Sicilia è stata selezionata la Riserva naturale orientata La Timpa, ricadente nel Comune di Acireale, che si sviluppa lungo un’imponente scarpata rocciosa affacciata sul mare, spesso nota alle cronache anche per le frane che la interessano. 

Tratto di costa lungo la Timpa di Acireale con affioramenti di lave colonnari (foto smarteducationunescosicilia.it)

Tratto di costa lungo la Timpa di Acireale con affioramenti di lave colonnari (foto smarteducationunescosicilia.it)

La prof.ssa Serafina Carbone, associato di Geologia strutturale e componente dell’unità di ricerca dell’ateneo catanese, sottolinea come «le peculiarità geologico-strutturali della Timpa, legate anche al fatto che questa rappresenta la terminazione settentrionale dell’esteso sistema di faglie attive della Scarpata Ibleo-Maltese, sono tra le cause che predispongono al dissesto geomorfologico». 

Il dirigente del Servizio 11 – Servizio per il Territorio di Catania, Ente gestore della Riserva naturale orientata “La Timpa”, dott. Agatino Sidoti, evidenzia l’importanza del progetto selezionato che «interesserà un’ambiente naturale con caratteristiche geomorfologiche che lo rendono particolarmente sensibile ai fenomeni di dissesto e i cui risultati potranno contribuire notevolmente al monitoraggio delle cause predisponenti».

In Liguria le attività si concentreranno nel Parco nazionale delle Cinque Terre, uno dei paesaggi costieri terrazzati più suggestivi al mondo, riconosciuto Patrimonio dell'Umanità dall'Unesco.

Tratto di costa alta rocciosa interessato da dissesti a Vernazza (foto G. Pepe)

Tratto di costa alta rocciosa interessato da dissesti a Vernazza (foto Giacomo Pepe)

«Un sito dove le frane rappresentano una delle principali fonti di rischio per gli abitanti e le attività turistiche e dove i risultati del progetto forniranno sicuramente utili contributi alle strategie di gestione del patrimonio naturale e culturale e di mitigazione del rischio geo-idrologico attuate dal Parco in questi ultimi anni», spiega il dott. Giacomo Pepe, responsabile dell’unità di ricerca dell’Università di Genova. 

Il prof. Andrea Cevasco, associato di Geologia applicata e componente dell’unità di ricerca dell’ateneo genovese, evidenzia come «l’origine e l’evoluzione dei fenomeni di instabilità costieri delle Cinque Terre siano estremamente complesse e connesse all’azione combinata di numerosi fattori, sia naturali sia antropici».

Andrea Cevasco e Giacomo Pepe dell'Università di Genova

Andrea Cevasco e Giacomo Pepe dell'Università di Genova

Il cronoprogramma delle attività di campo prevede l’esecuzione di rilievi fotogrammetrici aerei e di termografia ad infrarossi con cadenza periodica durante i due anni in cui si esplicheranno le attività progettuali. 

«È proprio per la non-invasività delle metodologie di rilievo che questi protocolli verranno applicati in aree di riserva naturale, dove è fondamentale mantenere inalterati i delicati equilibri ambientali anche durante l’acquisizione di misure tecniche», aggiunge il dott. Simone Mineo. 

Su questi aspetti il progetto può vantare il supporto dei gruppi di Geologia applicata dei due atenei che, grazie anche alla costante presenza sul territorio, detengono un documentato know-how sia per quanto riguarda gli aspetti tecnologici richiesti dal progetto, che per le conoscenze geologiche e geomorfologiche delle aree di interesse. 

Serafina Carbone e Simone Mineo dell'Università di Catania

Serafina Carbone e Simone Mineo dell'Università di Catania