Le ‘ntuppatedde: “Cu su chisti?”

Da dieci anni un gruppo di donne segue l’itinerario delle candelore festose con movimenti e danze la mattina del 3 febbraio. A raccontare la loro storia recente è Elena Rosa, regista e ideatrice del progetto

Irene Isajia
Le 'ntupatedde per le vie di Catania (foto Christian Bonatesta)
Un particolare delle danze (foto di Rosa Salvia)
Un particolare di una 'ntupatedda (foto di Rosa Salvia)
Un particolare di una 'ntupatedda (foto di Rosa Salvia)
Le 'ntupatedde per le vie di Catania (foto Daniele Vita)
Le 'ntupatedde per le vie di Catania (foto Daniele Vita)
Le 'ntupatedde per le vie di Catania (foto Daniele Vita)
Le 'ntupatedde per le vie di Catania (foto Daniele Vita)

Era il gennaio del 2013. Elena Rosa, regista, insieme a un gruppo di sette donne – in seguito a un laboratorio teatrale – entrano in contatto con i testi di Carmelina Naselli (1894-1971, già docente di Storia delle tradizioni popolari all’Università di Catania) e per la prima volta si interessano alla figura delle ‘ntuppatedde.

Si tratta di una tradizione legata al periodo barocco, nel quale la donna era sottoposta al regime patriarcale e la sua libertà era pressoché negata. Nella notte fra il 3 e il 4 febbraio, queste donne uscivano con il volto coperto dalla tuppa (un drappo con un buco al centro) e il più bel vestito che avessero, allo scopo di esercitare il loro diritto alla libertà e vivere uno spazio giocoso dove nessuno poteva conoscere la propria identità.

Per dieci anni le ‘ntuppatedde di Elena Rosa sono state dietro alle candelore nella mattina del 3 febbraio, proprio quando le orchestrine al loro seguito non eseguono musiche religiose – come ci si aspetterebbe –, ma musiche nazional-popolari dal ritmo marziali e vivace (Marina, Ho visto Maradona, ‘O sarracino, l’Inno del Calcio Catania e finanche la Marcia trionfale dell’Aida), per incentivare il clima di festa e di aggregazione.

Le 'ntupatedde

Le 'ntupatedde al Palazzo Biscari (foto Christian Bonatesta) 

Queste donne, mai presentate, che si muovono danzando tra la folla, con un abito bianco, un velo che gli “tappa” il volto e un fiore rosso in mano, richiamano l’attenzione di ogni passante che di loro dice le cose più disparate, continuando ad accentuare un sistema di genere che governa la festa ed esclude la donna, dimenticandosi che al centro di questa tre giorni c’è una Santa, una giovane donna, Sant’Agata che i devoti tutti acclamano morta per mano di un uomo mentre professava la sua libertà.

Secondo gli studi della docente Carmenlina Naselli, questa usanza si mantenne fino alla metà dell’Ottocento. Racconta che le autorità ecclesiastiche si mostravano ostili e, nel decennio tra il 1860 e il 1870 si assiste ad un graduale diminuire della loro partecipazione alla festa, ci fu persino “il caso di una ‘ntuppatedda fischiata e costretta a ritirarsi” (Naselli, 1954).

A dieci anni dalla loro ricomparsa anche l’Arcivescovo di Catania, mons. Luigi Renna, durante l’omelia della messa dell’aurora del 4 febbraio, critica la loro presenza affermando che «ci sono tradizioni da tramandare e altre da sradicare». «Sant’Agata è morta, non è andata a fare un ballo in discoteca. Per onorarla è meglio indossare il sacco e recitare la preghiera semplice del Rosario», ha detto l'arcivescovo.

Le 'Ntupatedde in piazza Università (foto di Christian Bonatesta)

Le 'Ntupatedde in piazza Università (foto di Christian Bonatesta)

Elena Rosa ci tiene a precisare che «queste affermazioni che ci vogliono sradicare ci sembrano provenienti da un oscuro e triste passato di repressioni oltre che anacronistiche in questo momento storico, e ciò non fa che sottolineare l’importanza e la necessità sociale della nostra presenza».

L’anniversario dei dieci anni è stato celebrato realizzando una vera e propria performance che coniuga il materiale sonoro e visivo, raccolto in questi anni, con lo stile e la realtà odierna delle ‘ntuppatedde. Lo spettacolo si è tenuto la mattina del 3 febbraio al Palazzo Biscari, a seguire le ‘ntuppatedde si sono unite al loro tradizionale momento in strada.

Elena Rosa, nella video intervista, ci apre alla conoscenza di questo fenomeno culturale, ormai atteso, della Catania nella festa agatina.