Le parole e le cose. Il linguaggio della memoria

Una riflessione condotta in occasione della Giornata della memoria al Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dedicata alle scuole superiori catanesi

Martina Seminara

Le parole e le Cose: Genocidio, Crimini di Guerra, Pogrom, Apartheid. Questo il titolo della conferenza organizzata dal Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Catania in collaborazione di Odiesseuro Summer School e di Gerta Human Reports in occasione della Giornata della Memoria.

Una iniziativa – nell’aula magna del Polo didattico "Gravina" del Dsps - mirata principalmente agli studenti e alle studentesse degli istituti superiori di Catania e che ha registrato l’adesione del Convitto nazionale “Mario Cutelli”, del Liceo classico “Nicola Spedalieri” e degli istituti “De Felice Giuffrida – Olivetti” e “Galileo Ferraris”.

«Le scelte linguistiche compiute rievocando la Shoah o altre tragedie odierne risultano intimamente connesse alla cognizione tramite la quale acquisire una lucida e consapevole memoria collettiva, forniscono strumenti di descrizione del reale funzionali all’affinamento dello sguardo mentale rivolto a fenomeni che, se non hanno speranza di senso, necessitano di  parole che invece ne possiedano uno», ha detto in apertura dei lavori la prof.ssa Stefania Mazzone, moderatrice e relatrice dell’incontro, oltre che storica del pensiero politico, motivando la scelta di una riflessione, proprio in occasione della Giornata della memoria, a partire da quattro termini utili alla comprensione di eventi complessi.

«Nell’odierna navigazione giornaliera, tra post nei quali le parole si confondono le une con le altre, adoperate impropriamente, è opportuno poter riconoscere un fenomeno rispetto ad un altro, saper distinguere un significato da una sua sfumata accezione», ha spiegato la prof.ssa Pinella Di Gregorio, direttrice del Dipartimento di Scienze politiche e sociali.

«C’è una ragione se oggi, discutendo della distruzione scientificamente predisposta di una nazione ai danni di una parte della propria popolazione, non adoperiamo più il termine olocausto, bensì genocidio, parola inventata nel 1944 dal giurista polacco Raphael Lemkin, che definì un evento ancora privo, nella giurisdizione, di adeguata formulazione», ha aggiunto la Di Gregorio, ordinaria di Storia contemporanea, soffermandosi sul giudizio critico acquisibile a partire dal discernimento dei termini che le generazioni si trasmettono nel dialogo sul passato, come su quello intorno al presente.

In foto da sinistra Giuseppe Speciale, Pinella Di Gregorio, Saul Meghnagi e Stefania Mazzone

In foto da sinistra Giuseppe Speciale, Pinella Di Gregorio, Saul Meghnagi e Stefania Mazzone

La docente ha ricordato la possibilità fondamentale di ravvisarsi nell’altro, quel riconoscimento etico e morale che uomini “diversi” possono scoprire «in nome di una comune lotta al tiranno»: così avviene nel romanzo di Fred Uhlman, o nella storia di altri due amici ritrovati, Edward Said, palestinese e Daniel Barenboim, israeliano, due giovani ragazzi ingegnatisi nella creazione di un’orchestra israelo – palestinese, la West-Estern Divan Orchestra, fondata nel 1999.

«Mi piace ricordarne in questo momento tragico per il Medio Oriente», ha aggiunto Pinella Di Gregorio, a proposito di esempi di una cultura che, se non implica la via del dialogo, rimane inutile.

Saul Meghnagi, pedagogista e consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, ha illustrato alcuni progetti formativi elaborati dal 2019, perseguiti grazie al sostegno economico dell’Ambasciata della Repubblica Federale di Germania, finalizzati all’educazione scolastica sui temi della Shoah e del pregiudizio, elemento alla base dell’antisemitismo: numerosi preconcetti tuttora persistenti vengono, ad esempio, confutati dalle puntate del podcast L’ebreo inventato, o dal percorso proposto dal volume Prevenire il pregiudizio, educare alla convivenza (2020).

Il caso della minoranza ebraica ha, infatti, valore emblematico, configurandosi come utile ad un’educazione alla pluralità sociale e al suo rispetto quale atteggiamento connaturato alla convivenza democratica. Natura e genesi del pregiudizio e Il significato delle parole rappresentano ulteriori sezioni del progetto Ucei, impiegabile nella didattica e disponibile sul sito Scuola e memoria - Sul pregiudizio; tuttavia «proseguiremo con la creazione di una biblioteca tematica di parole, oltre che di un approfondimento sul terzo articolo della Costituzione», ha spiegato Saul Meghnagi.

L'aula magna del Polo didattico Gravina

L'aula magna del Polo didattico Gravina

Sulla Costituzione è intervenuto anche Giuseppe Speciale, storico del Diritto medievale e moderno, il quale ha messo in luce l’esclusività significativa di termini adottati in articoli fondamentali della nostra legislazione: «razza», «Repubblica» anziché «Stato», «persona umana» piuttosto che «individuo», «sempre», poiché – ha spiegato il docente -  «la legge riguarda la sostanza umana della vita sociale» e anche le parole di cui è costruita rivelano la speranza di un baluardo e la cicatrice della Storia.

Grazie ad Angelo Di Giorgio di Gerta Human Reports – Agenzia Fotografica e Scuola Sperimentale si è ricordata la vita eroica e misconosciuta del fotografo spagnolo Francisco Boix, combattente nella guerra civile spagnola contro Francisco Franco. In seguito fuggì in Francia e dal gennaio del 1941 al maggio del 1945 fu prigioniero nel campo di concentramento di Mauthausen.

Impiegato dalle SS come fotografo per la documentazione del campo, Francisco riuscirà a duplicare molte delle proprie fotografie, nascondendole con la collaborazione di altri prigionieri. Salvato dall’undicesima Divisione Corazzata americana, recuperò le foto, che al Processo di Norimberga avrebbero inchiodato numerosi funzionari nazisti dichiaratisi altrimenti ignari: è il caso di Heinrich Himmler.

«Le fotografie scattate da Boix, dal polacco Wihlelm Brasse e da altri, a rischio della propria vita, restano tuttora armi contro il negazionismo e l’oblio», ha rammentato il fotoreporter.

Sulla sola cultura valida all’emancipazione e al progresso, Stefania Mazzone ha in conclusione letto le parole di una lettera indirizzata da un preside sopravvissuto ad un campo di sterminio agli insegnanti del proprio istituto.

«I miei occhi hanno visto cose che nessuno dovrebbe mai vedere: camere a gas costruite da ingegneri specializzati, lattanti soppressi da infermiere provette, donne e bambini fucilati e bruciati da gente diplomata e laureata – si legge nella lettera -. L’istruzione, perciò, mi insospettisce, e vi chiedo: aiutate i vostri alunni a diventare umani. I vostri sforzi non devono produrre mostri eruditi, psicopatici sapienti, dotti Eichmann. La lettura, la scrittura, l’aritmetica sono cose importanti soltanto se servono a rendere i nostri figli più umani».

In foto Francisco Boix

In foto Francisco Boix