Le soluzioni digitali e tecnologiche per la tutela e valorizzazione del patrimonio culturale

Il contributo dell’ateneo catanese nell’ambito del progetto Changes finanziato con fondi Pnrr

Alfio Russo

Il patrimonio culturale, per il suo recupero, tutela e valorizzazione, necessita sempre più di azioni concrete che guardano ad interventi di diversi ambiti di ricerca. Un vero e proprio sistema sinergico tra competenze umanistiche e scientifiche che solo negli ultimi decenni ha preso forma.

Da questo punto di partenza ha preso vita il progetto ChangesCultural Heritage Active Innovation for Sustainable Society, coordinato dall’Università La Sapienza di Roma, ma che vede impegnato anche l’ateneo catanese.

E nell’aula magna del Palazzo centrale dell’Università di Catania si è tenuta una giornata di studi – dal titolo The role ofthe University of Catania and its affiliates for the Next Generation EU - focalizzata sulle attività svolte dall’ateneo catanese impegnato nel progetto Pnrr – Partenariato esteso dedicato al patrimonio culturale. 

Un momento dei lavori nell'aula magna del Palazzo centrale dell'Università di Catania

Un momento dei lavori nell'aula magna del Palazzo centrale dell'Università di Catania

History, Conservation and Restauration of the Cultural Heritage

«Il progetto Changes prevede la realizzazione e l’applicazione di soluzioni digitali e tecnologiche mirate al patrimonio culturale con approcci di ricerca innovativi», ha spiegato il prof. Pietro M. Militello, responsabile scientifico delle attività dello Spoke 6 del progetto dedicato al tema “History, Conservation and Restauration of the Cultural Heritage”.

«Con lo Spoke 6 vogliamo favorire l’integrazione tra la componente umanistica e quella scientifica della ricerca nell’approccio al patrimonio culturale – ha aggiunto il docente del Dipartimento di Scienze umanistiche -. La componente umanistica diventa parte integrante del dialogo suggerendo e ricostruendo la storia dell’oggetto e anche le possibili alterazioni subite o interventi precedenti. Ma soprattutto ci consentirà di avere indicazioni strategiche sui restauri e sul monitoraggio sul bene culturale. Al tempo stesso la componente scientifica diventa parte essenziale e integrante per la comprensione del patrimonio culturale dal punto di vista materiale utilizzato».

Azioni che, nell’ambito del progetto Changes, interessano diversi beni culturali sparsi sul territorio italiano. In particolar modo sono previsti interventi concreti sui monumenti che comprendono i resti bio-archeologici come la collezione scheletrica dell’Università di Bologna fino ai manufatti artistici conservati all’interno del deposito del Santo Chiodo dell’opificio delle pietre dure di Spoleto, dove sono presenti le opere d’arte distrutte dal terremoto del 2016. E ancora i siti culturali dei Musei Reali di Torino a Pompei, da Saronno a Matera, da Ravenna al Tempio di Ercole a Baia, dalla Vasca Votiva di Noceto ad Ischia.

Un momento dell'intervento del prof. Daniele Malfitana

Un momento dell'intervento del prof. Daniele Malfitana

I siti culturali interessati dal progetto e le azioni

Tra le azioni in Sicilia sono diversi gli interventi su siti urbani come Catania e Leonforte, ed extra-urbani, come la Villa di Dessueri (Realmonte) e Pantalica, in una prospettiva che dall’analisi storica, dalla valutazione del rischio e dalla diagnostica passa agli interventi di restauro ed al monitoraggio.

In particolar modo a Catania sono previsti interventi al Monastero dei Benedettini, al Portico dell’atleta di via Crociferi, al Teatro greco-romano e un intervento di carattere più generale come la ricognizione del rischio sismico nell’area etnea come le chiese. Nell’area iblea meridionale azioni sul paesaggio con analisi del rischio e aggiornamento del rischio incendi e interventi sulle strutture rupestri e di restauro e di acquisizione di dati e inserimento di dati nelle piattaforme.

«Non si tratta, dunque, solo di acquisire informazioni da inserire in una piattaforma per essere fruibili, disponibili e interrogabili, bensì di realizzare interventi precisi di restauro di pareti, di decorazioni musive e realizzazione di una rete di monitoraggio. In questo modo sarà possibile, dopo la realizzazione degli interventi di archeologia preventiva, continuare a monitorare e verificare se le condizioni meteo-climatiche e sismiche possano in qualche modo danneggiare il bene», ha spiegato il prof. Militello.

«Occorre quindi il coinvolgimento delle istituzioni per favorire queste azioni mirate al monitoraggio, alla tutela e alla conservazione dell’area con prodotti e protocolli di conservazione e restauro del verde, riduzione del rischio contro i cambiamenti climatici e sostenere il turismo sostenibile a supporto di tutti quegli interventi realizzati dal “sistema ricerca” composto da esperti della parte umanistica, ma anche chimici organici e inorganici, fisici, geologi, ingegneri, architetti, archeologi, informatici, fisici e geo-fisici».

Nell’ambito dello Spoke 6, di cui è leader l’Università di Catania, sono impegnati complessivamente ventuno tra docenti, ricercatori, assegnisti e dottorandi provenienti da diversi dipartimenti dell’ateneo catanese a cui si aggiungono i ricercatori e esperti di altre università ed enti (Università di Napoli “Federico II”, Suor Orsola Benincasa, Bologna “Alma Mater”, Milano, Torino, Istituto Centrale del Restauro, Opificio delle Pietro Dure, Fondazione 1563 della Compagnia di San Paolo).

L’ateneo di Catania, nell’ambito del progetto Changes, è impegnato su più linee di intervento (Spokes) con gruppi di ricerca guidati da Stefania Rimini del Dipartimento di Scienze Umanistiche per lo Spoke 2 (coordinato dall’Ateneo di Milano), da Marina Paino, direttrice del Dipartimento di Scienze Umanistiche, per lo Spoke 3 (coordinato dall’Università di Napoli “Federico II”), e da Giuseppe Politi, del Dipartimento di Fisica e Astronomia, per lo Spoke 5 (coordinato dal Cnr).

Il Monastero dei Benedettini, sede del Dipartimento di Scienze umanistiche

Il Monastero dei Benedettini, sede del Dipartimento di Scienze umanistiche

Il ruolo del Pnrr per il patrimonio culturale

«Avviare una riflessione sul ruolo del Pnrr per il patrimonio culturale e sui vantaggi che lo stesso sta portando sul territorio è di fondamentale importanza soprattutto tramite un’attenta valutazione delle fasi pre e post interventi», ha spiegato il prof. Daniele Malfitana, coordinatore scientifico Pnrr – Pe5 “Cultural Heritage”, dell’Università di Catania.

«Ci stiamo accorgendo di un forte vantaggio dal punto di vista economico perché le risorse finanziarie a disposizione ci hanno permesso di avviare collaborazioni con giovani ricercatori e al tempo stesso sviluppare competenze per rafforzare alcuni settori disciplinari in cui eravamo in difficoltà oltre che alla possibilità di introdurre un nuovo metodo di lavoro che è stato quello della interazione tra tanti atenei messi insieme», ha aggiunto il docente che riveste il ruolo anche di presidente della Scuola Superiore dell’Università di Catania.

«L’elemento di grande novità del Pnrr è legata ai bandi a cascata rivolti a soggetti esterni al partenariato a cui possono partecipare sia le strutture pubbliche come gli atenei e gli istituti di ricerca non inseriti nel partenariato, sia le strutture private come aziende e imprese», ha aggiunto.

In questa direzione, proprio all’interno dello Spoke 6 del progetto Changes, l’ateneo catanese ha pubblicato il mese scorso dei bandi a cascata destinati al mondo dell’impresa, per un ammontare di oltre un milione 600mila euro su quattro tematiche cruciali della conoscenza, del restauro, del monitoraggio e della comunicazione.

«È molto importante questo aspetto in quanto ci consente di consolidare il rapporto pubblico-privato che finora solo in alcuni casi è ben presente nelle scienze sperimentali, basti pensare ai brevetti, mentre in quelle umanistiche è più carente», ha tenuto a precisare il docente.

«La presenza delle istituzioni ai lavori di oggi, ma non solo, rappresenta un dato importante in quanto il progetto riveste un ruolo fondamentale sia sul piano scientifico, sia sul territorio. Il progetto prevede applicazioni sulle vocazioni territoriali e sul patrimonio culturale, di conseguenza è indispensabile il coinvolgimento della Sovrintendenza e del Comune di Catania – ha spiegato il prof. Daniele Malfitana -. Quindi un contributo in questi termini del progetto, anche dal punto di vista metodologico, è importante e interessante per il territorio grazie ai fondi del Pnrr».

Giovani ricercatori, docenti e personale tecnico-amministrativo presenti ai lavori

Giovani ricercatori, docenti e personale tecnico-amministrativo presenti ai lavori

Le riflessioni dei rappresentanti delle istituzioni

Ad aprire i lavori è stato il rettore Francesco Priolo che nel suo intervento ha rimarcato «il ruolo dell’Università di Catania nel contesto Pnrr, sostenuto con i fondi del Next Generation Eu, con la presenza nell'Ecosistema "Samothrace", in tre centri nazionali e in otto partenariati estesi con l’obiettivo di sviluppare soluzioni innovative e tecnologiche per il territorio e soprattutto per le future generazioni».

«Grazie al Pnrr abbiamo assunto 140 ricercatori a sostegno delle attività di ricerca d’ateneo in modo tale che l’impatto sul territorio sia ancor più immediato e soprattutto perduri anche dopo il 2026, ovvero oltre la conclusione del Pnrr – ha aggiunto -. È una grande sfida che investe non solo la nostra università, ma tutto il sistema della ricerca italiano. Una sfida da vincere a tutti i costi».

Parole riprese anche da Marco Mancini, presidente della Fondazione Changes, alla presenza di Ilaria Manzini, direttrice scientifica del progetto.

«Dinamicità e innovazione sono le parole chiave di questo progetto mirato ai beni culturali con il coinvolgimento di diversi atenei e enti di ricerca – ha spiegato -. L’obiettivo principale è mettere insieme le componenti umanistiche e scientifiche della ricerca, il pubblico e il privato, ovvero creare un sistema di eccellenza in una visione molto complessa di questa azione del Pnrr che deve continuare a camminare da sola ben oltre il 2026».

Una “sfida” che, come ha sottolineato Fabrizio Cobis, dirigente dell’Ufficio Pnrr del Ministero Università e Ricerca, «vede impegnati gli atenei nello sviluppo di diversi programmi di ricerca importanti per il Paese da diversi punti di vista compresi anche quelli dell’abbassamento dell’età media del personale impiegato e l’incremento della quota rosa». «Il tutto con l’applicazione di nuove metodologie che favoriscano gli aspetti qualitativi e organizzativi», ha aggiunto.

Un momento dell'intervento del rettore Francesco Priolo

Un momento dell'intervento del rettore Francesco Priolo

Sulle “nuove” e giovani leve si è soffermata anche la prof.ssa Marina Paino, direttrice del Dipartimento di Scienze umanistiche. «Proprio il progetto Changes, tra gli altri, rappresenta una possibilità di accesso importante per i nostri giovani ricercatori grazie alle risorse del Pnrr – ha spiegato -. Ma quel che trovo particolarmente interessante è che il progetto, incardinato al Disum, coinvolge non solo i ricercatori dell’area archeologica, bensì di tantissimi settori disciplinari dell’ateneo».

A seguire il prof. Salvo Baglio, delegato alla Ricerca d’ateneo e presidente della Fondazione Samothrace, ha sottolineato che «il Pnrr rappresenta un’occasione fondamentale per il “sistema Italia” visto che mette insieme la cultura e le conoscenze scientifiche con importanti ricadute sul territorio e per la componente socio-economica dello stesso».

Un “sistema” che vede la «sinergia tra le istituzioni come una componente fondamentale nell’ambito del Pnrr e per il suo successo, oltre alle importanti opportunità occupazionali rivolte ai giovani». «Se da un lato la macchina amministrativa delle istituzioni si è mostrata in alcuni casi impreparata, dall’altro grazie alle sinergie tra enti si sta riuscendo a Catania ad avviare quelle azioni mirate alla tutela e conservazione dell’immenso patrimonio culturale presente e quelle fasi di rigenerazione urbana indispensabile in alcune zone del territorio catanese», ha aggiunto.

Il prof. Salvo Baglio, presidente della Fondazione Samothrace

Il prof. Salvo Baglio, presidente della Fondazione Samothrace

Il confronto tra gli esperti

I lavori, dopo una prima parte nell’aula magna del Palazzo centrale, hanno registrato un confronto più operativo tra la direzione scientifica del progetto Changes e tutti gli attori impegnati nello Spoke 6.

A seguire, infatti, si è tenuta una tavola rotonda con i direttori dei dipartimenti coinvolti nello Spoke 6 e il dirigente dell'Area della Ricerca, Giuseppe Caruso, coordinatore amministrativo Pnrr dell’Università di Catania.

Lavori proseguiti con una seconda sessione, al Monastero dei Benedettini, con un workshop dal titolo Progetto Changes - Spoke 6: Un anno dopo. Esperienze a confronto per una ridefinizione delle linee strategiche.

In questa occasione gli esperti hanno avuto l’occasione per verificare se, grazie all’azione del Pnrr, il patrimonio culturale ed i problemi, le esigenze ed anche le criticità che ci stanno dietro, stanno cominciando ad avere prime risposte concrete. L’obiettivo dell’incontro, infatti, era proprio quello di fare il punto della situazione e capire se le opportunità dell'operazione Pnrr sta dando i suoi frutti al sistema universitario e della ricerca.

Da evidenziare, infatti, che le considerevoli risorse messe a disposizione dall’Europa e dal Mur agli atenei, ai numerosi istituti di ricerca italiani e istituti statali del Ministero della Cultura devono necessariamente servire a “cambiare qualcosa” nel contesto in cui operano tutte le persone e le istituzioni coinvolte.

Giovani ricercatori, docenti e personale tecnico-amministrativo presenti ai lavori

Giovani ricercatori, docenti e personale tecnico-amministrativo presenti ai lavori