Letizia Battaglia, quando un cognome diventa una vocazione

È stato dedicato alla fotografa palermitana, e al suo amore per la città, il quarto incontro del ciclo di seminari “Dall’analisi del fenomeno mafioso alla cittadinanza attiva”

Danilo Bilardi

L’immenso amore per la propria città, la sua Palermo. Letizia Battaglia non l’ha mai nascosto e con la sua Pentax K1000 ne ha immortalato volti, luoghi, sensazioni e anche tragedie. Quasi cinquant’anni di vita di una Palermo tra le feste “aristocratiche”, giochi dei bambini nei vicoli poveri della città e le carneficine della mafia degli anni ’80.

A lei, una delle fotografe più famose al mondo, e soprattutto alle sue battaglie a colpi di scatti, è stato dedicato il quarto incontro del ciclo di seminari Dall’analisi del fenomeno mafioso alla cittadinanza attiva dei seminari d’ateneo “Territorio, ambiente e mafie – In memoria di Giambattista Scidà”.

Scomparsa quasi due anni fa, le sue foto, con le sue sensazioni ed emozioni, sono ancora vive in tutti noi. E nel corso del seminario - incentrato sulla docu-intervista a Letizia Battaglia a cura Peppino Lo Bianco con il contributo di Franco Maresco – sono state evidenziate, non solo i suoi scatti in bianco e nero, ma anche le sue aspirazioni di libertà.

Tra le sensazioni che trapelano, principale è l’amore per la sua Palermo dove si trasferì all’età di dieci anni con la propria famiglia. Arrivata dalla lontana Trieste, ci racconta di quanto amasse girare in bici finché non ricevette delle proposte indecenti da parte di un uomo, fu quella la motivazione che la fece chiudere in casa dal padre.

Letizia Battaglia - Foto di Eric Cabanis (AFP via Getty Images)

Letizia Battaglia - Foto di Eric Cabanis (AFP via Getty Images)

Così desiderosa di libertà finì per cercarla altrove: l’amore, il lavoro, la fotografia e perfino il volontariato psichiatrico. Acquistò la macchina fotografica più economica possibile: una Pentax K1000.

«Fotografavo tutta Palermo, tutta quanta, sia le cose felici che quelle tristi, non ero una fotografa di guerra nonostante parecchie foto le ricordassero», raccontava Letizia Battaglia. “L’Ora” fu il giornale per cui fotografava, iniziò a lavorare nel periodo più buio per i cittadini palermitani, gli anni d’oro della mafia.

«Ricordo ogni uomo che fotografai da morto, ma non scorderò mai il primo – ci racconta – era in campagna, venne trovato qualche giorno dopo la dipartita, un odore devastante riempiva l’aria, lo guardavo lì, morto, sperando che si muovesse».

L’opera più famosa è sicuramente La bambina col pallone. Uno scatto che vede questa bambina giocare serena a calcio insieme ad un gruppo di altri bambini. Letizia Battaglia la prese da parte fotografandola, si vede chiaramente il “fastidio”, ma in quegli occhi si riesce a percepire un’energia, una forza unica nel suo genere. Letizia cercherà questa bambina e alla fine, a 38 anni dallo scatto, dopo la realizzazione del documentario, la incontrerà tra i vicoli della Cala.

La bambina col pallone

Quartiere Cala. La bambina con il pallone. Palermo, 1980
- Fotografia di Letizia Battaglia - © Archivio Letizia Battaglia 

A raccontare la storia della foto è Peppino Lo Bianco alla fine del documentario, un aneddoto della giovane Letizia.

«Doveva fotografare questo corpo in un bar, il cordone della polizia lì davanti impediva il passaggio, ci fu poi un colpo di vento, era lei che rapida si era infilata tra le persone per avere la sua foto», racconta. Chiarisce e conclude spiegando che «bisogna mettere in chiaro che non è cinismo, ma il rapporto quasi intimo di Letizia con il proprio lavoro, un rapporto identitario».

A seguire Sabrina Pisu, giornalista e inviata per Euronews, collaboratrice in passato con Letizia Battaglia, si è soffermata sul volume Mi prendo il mondo ovunque sia, la biografia della fotografa. Raccontandoci di nuovo frammenti della sua vita, la dipinge come una femminista benché lei non si vedesse come tale. «Divenne famosa grazie alla fotografia, questo era un metodo per fuggire dai limiti del padre, ma utilizzò anche l’amore come mezzo per fuggire, si sposò a 16 anni e vide in lui le stesse dinamiche del genitore, semplicemente andò via anche da lui», spiega Sabrina Pisu.

L’ultimo intervento, ma non per importanza, è di Maria Rizzarelli, docente di Critica letteraria e letterature comparate al Dipartimento di Scienze umanistiche.

Ci mostra alcune delle foto più particolari di Letizia Battaglia accompagnate da alcune citazioni interessanti di quest’ultima. «L’omicidio di Piersanti Mattarella, il vetro del finestrino dell’automobile in cui viaggiava era in mille pezzi, ho infilato dentro la fotocamera mentre Franco Zecchin, che era con me, ha fotografato la scena da fuori. In quei momenti ognuno fa la sua scelta; è il modo in cui si orienta lo sguardo che racconta il mondo», riprendendo le parole della fotografa.

Omicidio di Piersanti Mattarella (foto di Letizia Battaglia)

Piersanti Mattarella, Presidente della Regione Siciliana, è stato appena colpito a morte da killer mafiosi davanti alla moglie e alla figlia. Palermo, 1980 - Fotografia di Letizia Battaglia - © Archivio Letizia Battaglia 

La docente ha concluso il seminario con un’ultima citazione della fotografa: «Una fotografia deve avere dietro di sé un pensiero: c’è sempre un rapporto emotivo con la realtà che osserva; spesso sbaglio esposizione, inquadratura. Vado avanti lo stesso fino all’immagine giusta, giusta per me».

Letizia Battaglia ha usato da sempre la sua Pentax K1000 come arma di estrema ribellione, prima dal padre e poi dal marito, non ha mai studiato fotografia, ma la sua passione è stata tale da farle realizzare fantastiche foto di fama internazionale.

Ha combattuto la mafia mostrando i loro atti, andando contro l’omertà, alzando la testa quando le si chiedeva di abbassarla, disposta a tutto pur di raggiungere i suoi obiettivi.

E ritornando alla “bambina col pallone”, Letizia Battaglia ha sempre avuto il terrore di vederla in chissà che giri. Ma Catia, che da ragazza abitava a Monreale, scendeva spesso a Palermo per accompagnare la madre al lavoro e in quei vicoli giocava anche coi maschi a pallone, si è sposata e trasferita a Lecce. Catia racconta che non aveva mai visto quella foto. Eppure quel volto di bambina da decenni è famoso in tutto il mondo.