L’influenza dell’arte egea nella cultura del XX secolo

Continua il terzo ciclo de “I lunedì del classico” al Monastero dei Benedettini con il seminario tenuto dai docenti Pietro Maria Militello e Paolo Biagio Cipolla dell’Università di Catania

Alfio Russo

La grande eco dell'arte minoica sulla cultura europea del secolo XX dopo la scoperta di Arthur Evans, l’archeologo britannico che scavò a Creta e scoprì le rovine del più vasto e famoso palazzo minoico, ovvero il Palazzo di Cnosso. E fu proprio Evans, dopo la scoperta dell'antico palazzo, eretto dalla popolazione del luogo, che egli stesso definì minoica, dal mitologico re cretese Minosse.

Su questo tema si è incentrato il seminario dal titolo L’influenza dell’arte egea nella cultura del XX secolo, quarto appuntamento del ciclo di incontri de I lunedì del Classico promossi al Monastero dei Benedettini dai docenti Monica Centanni, Paolo Biagio Cipolla, Giovanna Giardina, Orazio Licandro e Daniele Malfitana del Dipartimento di Scienze umanistiche.

Un incontro che ha registrato gli interventi dei docenti Pietro Maria Militello e Paolo Biagio Cipolla del Disum che si sono soffermati sulla civiltà minoica e in particolar modo sulla cultura artistica inaspettata, contravvenente all'idea evolutiva, moderna al punto che fu definita la prima civiltà europea.

«Le scoperte di Arthur Evans, e anche di Heinrich Schliemann, l’uomo che scoprì la città di Troia, sono state di fondamentale importanza per la nostra cultura», ha spiegato il prof. Pietro Maria Militello, ordinario di Civiltà Egee all’Università di Catania, in apertura dell’incontro.

Palazzo di Cnosso del XVI-XV secolo a.C. (Foto: Arte Svelata)

Palazzo di Cnosso del XVI-XV secolo a.C. (Foto: Arte Svelata)

«Alla fine dell’Ottocento è stata portata alla luce la cultura preistorica della Grecia confermando che Omero aveva ragione ovvero che in effetti erano esistite delle realtà palaziali precedenti il mondo greco – ha spiegato il docente -. Quella che Evans chiama civiltà minoica, ovvero la civiltà di Creta, è contrassegnata da manufatti splendidi con una esuberanza decorativa, figurativa, rappresentazione di uomini e donne, animali, che anche colti in momenti particolari, hanno conquistato il pubblico di inizio Novecento».

«Abbiamo una fase definita di cretomania in cui tutti questi motivi minoici sono stati recepiti, riutilizzati, copiati sia nella letteratura, sia nelle arti figurative, a quanto pare anche nell’arte della musica, e soprattutto le arti decorative che rispondono molto bene ai motivi e ai temi in uso ad inizio del Novecento come nel teatro, nelle scenografie. Basti pensare alla figura del Minotauro che, ad esempio, ricompare più volte a teatro, nella musica e persino nella psicanalisi».

«Dopo un trentennio in cui viene utilizzata la cultura minoica per la sua particolare raffinatezza, vi è un declino nel periodo dei due conflitti mondiali, cambia tutto – aggiunge il prof. Militello -. Cambia il modo in cui viene concepita la cultura minoica e la sua raffinatezza, con i suoi palazzi architettonici non fortificati, che erano un elemento fondamentale di apprezzamento. Adesso i tratti caratteristici di questa civiltà diventano un elemento negativo perché vi si contrappone la bellicosità dei micenei, ovvero quella popolazione scoperta da Schliemann che era prevalentemente bellicosa e militarizzata come si capisce dai palazzi fortificati».

«Ci sono, quindi, diversi elementi che ruotano attorno a quel determinato periodo come il nazionalismo, del fascismo, del nazismo, ovvero quelle dittature e ideologie che esaltano la forza nei confronti del pacifismo e quindi la raffinatezza della cultura minoica non trova più spazio», ha spiegato il docente.

Un momento dell'intervento del prof. Pietro Maria Militello

Un momento dell'intervento del prof. Pietro Maria Militello

«C’è anche l’idea che i minoici rappresentassero una civiltà in decadenza esattamente come l’Occidente si sentiva in quel momento – ha sottolineato -. Quindi c’è una sorta di identificazione e di repulsione verso questa cultura. Questo atteggiamento cambia quando da una parte l’archeologia va sempre più approfondendo tematiche di ampio respiro e con la messa in crisi di alcuni dei temi che erano stati tipici della civiltà minoica come il pacifismo, il matriarcato e il ruolo paritario delle donne nella società. In quel contesto storico, infatti, in piena guerra, si preferisce dare spazio ad altro».

«Nonostante tutto, quello che si vede in questi ultimi decenni è che se la civiltà minoica mantiene il suo fascino, lo mantiene esattamente per quella linea interpretativa che Arthur Evans aveva tratteggiato un secolo prima», ha tenuto a precisare il prof. Militello.

«La civiltà minoica, quindi, è importante studiarla perché rappresenta le origini del mondo europeo e la sua civiltà in due sensi: da una parte la civiltà europea deriva da quella minoica, anche se non in senso razziale visto che ci sono state altre popolazioni, ma per tutta l’immagine dell'arte minoica veicolata da Arthur Evans che, tra l’altro, ha dato origine ai miti di Teseo e del Minotauro e del Labirinto – ha detto in chiusura il prof. Pietro Maria Militello -. A questo si aggiunge anche il fatto che questa civiltà ha rappresentato un modo di essere altro, cioè quelle potenzialità di un rapporto con la realtà e la natura che ci circonda ben diversa e che rappresenta un insegnamento per il mondo contemporaneo».

Un momento dell'intervento del prof. Paolo Biagio Cipolla

Un momento dell'intervento del prof. Paolo Biagio Cipolla

Sulla stessa linea anche l’intervento del prof. Paolo Biagio Cipolla, associato di Lingua e letteratura greca all’Università di Catania, che nel suo intervento ha evidenziato «la sopravvivenza del classico nell’età contemporanea così come hanno dimostrato gli scavi archeologici condotti da Arthur Evans a Creta che portarono alla scoperta della civiltà minoica che ha influenzato la cultura europea del XX secolo e anche l’immagine dell’Antichità».

«Arthur Evans ha costruito una immagine, sulla base degli scavi archeologici, ma anche in parte frutto di una interpretazione e sovrainterpretazione come si evince anche dai manuali, che la civiltà cretese fosse pacifica perché costituita da centri abitativi senza mura e la sua società fosse basata matriarcato in cui la donna aveva una importanza particolare», ha aggiunto.

«Ma nei successivi scavi si è scoperto che non era proprio così, che occorre fare una distinzione tra la civiltà minoica e quella micenea – ha spiegato -. È interessante comunque evidenziare che entrambe le culture e le arti minoica e micenea abbiano influenzato diverse correnti artistiche del fine Ottocento e inizio Novecento come ad esempio lo stile Liberty. Era una grecità diversa, non quella classica, filiaca, a cui si è abituati a conoscere e su cui ci si è basati fino a quel momento con dei canoni di bellezza diversi. Stili che poi hanno trovato riscontro anche nell’arte contemporanea».