L’opera come senso di comunità

Marco Tutino, Davide Livermore e Fabrizio Maria Carminati raccontano al pubblico del Centro Universitario Teatrale il mondo dell’opera contemporaneo e i processi costitutivi delle nuove creazioni 

Marielena Greco

Una prima esecuzione mondiale in scena al Teatro Massimo Bellini di Catania: Il berretto a sonagli. Un melodramma in un atto e due quadri – tratto dall’omonima commedia di Luigi Pirandello, con musica di Marco Tutino e libretto di Fabio Ceresa – presentato al pubblico dal 1 al 9 marzo 2024 in un dittico composto anche da La Lupa – anch’esso un melodramma in un atto e due quadri, tratto dalla novella di Giovanni Verga, con musica dello stesso Tutino e su libretto di Giuseppe Di Leva – eseguito per la prima volta a Livorno nel 1990.

Il berretto a sonagli, a partire da una commissione assegnata dal Teatro catanese al Maestro Tutino, deve la sua genesi alla volontà di «concentrarci su due autori siciliani di rilievo, e certamente lontani tra di loro, sia stilisticamente che temporalmente, ma molto conosciuti», come afferma lo stesso Maestro in un’intervista rilasciata qualche giorno fa a Bellini News.

Eccezionale – a parte il carattere della novità – è anche la scelta del regista, ovvero il celebre e innovatore Davide Livermore, famoso anche per l’utilizzo della tecnologia dei ledwall all’interno degli allestimenti da lui curati.

Il pubblico presente all'iniziativa Comporre il melodramma oggi

Il pubblico presente all'iniziativa al Cut "Comporre il melodramma oggi"

Per presentare questo nuovo progetto e poter dialogare con il pubblico, il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania, insieme al Teatro Massimo Bellini, ha organizzato un incontro al Centro Universitario Teatrale di Piazza Università, dal titolo Comporre il melodramma oggi – Dialogo sull’allestimento de La Lupa e Il Berretto a sonagli.

Per l’occasione sono intervenuti sull’argomento – oltre al maestro Tutino e Davide Livermore – Fabrizio Maria Carminati (direttore d’orchestra e direttore artistico del Teatro Massimo), Paolo Furlani (compositore e docente di composizione al Conservatorio di Firenze) e Alessandro Mastropietro (docente di Musicologia e storia della musica al Disum). Coordinati da Graziella Seminara (docente di Musicologia e storia della musica al Disum) e introdotti dalle docenti del Disum Maria Rosa De Luca (Musicologia e storia della musica) e Stefania Rimini (Cinema, fotografia e televisione).

Tra le tematiche affrontate durante l’incontro grande rilevanza è stata data a una riflessione sulla nuova produzione di opere teatrali e sul senso di esse per il pubblico, che il maestro Tutino ha paragonato a un «messaggio nella bottiglia» consegnato all’incerto, a un futuro che non si conosce, ma mosso dalla «volontà, dal bisogno e dalla necessità che per me [Tutino] è quella di omaggiare uno degli aspetti più alti della cultura occidentale: l’opera lirica; inventata in questo paese e non abbastanza studiata».

Opera lirica che è anche rappresentazione di comunità, simbolo del lavoro sinergico di molte professioni e personalità – come ha poi puntualizzato il Maestro – «una cosa complicata […] nella quale la composizione è solo un tassello». Sono molte le componenti che entrano in gioco nelle nuove produzioni, tra le quali il testo. Infatti, prosegue Tutino, «il testo dei libretti non è semplice letteratura; è ibridata, e ha la necessità di seguire quello che verrà poi, ma se il compositore non partecipa al libretto non sarà possibile dare una musica».

In foto da sinistra Paolo Furlani, Alessandro Mastropietro, Marco Tutino, Graziella Seminara, Davide Livermore Fabrizio Maria Carminati

In foto da sinistra Paolo Furlani, Alessandro Mastropietro, Marco Tutino, Graziella Seminara, Davide Livermore Fabrizio Maria Carminati

Oltre al testo librettistico – e quindi del ‘poeta’ – Marco Tutino ritiene sia fondamentale anche un altro elemento e di conseguenza la collaborazione con un altro professionista, lo sceneggiatore. L’intuizione della necessità dell’organizzazione di una trama efficace – che si adatti più possibile al contesto storico di fruizione – il maestro Tutino la ricollega a Puccini e proprio da lui afferma di aver acquisito questo insegnamento, reso poi insegnamento per la vita e per la propria professione, soprattutto nell’epoca contemporanea, nella quale «questa necessità è resa ancora più viva» dalle dinamiche della società delle immagini in cui viviamo.

Quindi, è solo collaborando al testo e alla trama particolareggiata del libretto che «la musica comincia a nascere nella mente del compositore e si deposita in maniera inconsapevole, ma assolutamente realistica, sul testo che evoca situazioni, stati d’animo. È come avere una struttura abbozzata, sulla quale fare delle correzioni ulteriori».

Il maestro Tutino ritorna a ribadire l’importanza del carattere collettivo del lavoro e della progettazione di un evento operistico. Infatti, se alle figure citate fino a questo momento – compositore, librettista, scenografo – non si affianca «un’organizzazione collettiva enorme» non è possibile creare nulla. «Questa cosa oggi è impensabile ed esiste solo nell’opera lirica; quindi, noi facciamo una cosa priva di senso apparente rispetto alla realtà contemporanea e se l’essere umano fa delle cose solo perché sono belle e prive di scopo, secondo me questo è un miracolo inspiegabile. È questo quello che per me dà senso al lavoro».

In una posizione di completa continuità e condivisione si colloca l’intervento del regista Davide Livermore, che prendendo le mosse dal contesto sociale contemporaneo, caratterizzato da «una realtà in cui il senso di comunità è sempre più latente, in cui non si parla dei problemi e delle prospettive future se non in senso puramente ideale», enfatizza il ruolo dell’opera come luogo di aggregazione, fenomeno che «ci ricorda invece la quantità di diversità che si devono mettere insieme per formare un unicum» e proprio per questo motivo «ci fa sentire profondamente parte di una società», attraverso «un’esercitazione di modulazione del proprio ego a vantaggio di un bene comune che è un’opera d’arte […] qualcosa di più alto di noi». Proprio in questo «atto di militanza del genere umano» risiede per Livermore il senso di lavorare all’interno delle professioni del teatro d’opera.

Il pubblico presente all'iniziativa al Cut "Comporre il melodramma oggi"

Il pubblico presente all'iniziativa al Cut "Comporre il melodramma oggi"

Definendo La Lupa e Il berretto a sonagli «due opere straordinarie», Livermore si sofferma sul cambiamento operato sul personaggio di Ciampa nel Berretto, un cambiamento «registico-drammaturgico, voluto dal compositore e dal librettista» che elegge Ciampa come capomafia «e quindi tutte le sue azioni prendono un’altra rilevanza, una sorta di concretizzazione del contemporaneo» in cui una denuncia per tradimento potrebbe apparire come decisamente anacronistica. Un tentativo, dunque, di «elevazione di Pirandello» attraverso quest’operazione, in cui per il regista «la cosa divertente è stata il mezzo con cui attuarla: la scenografia digitale. Ovvero dei pannelli led che riescono a creare emozione e narrazione visiva».

Del resto, la scenografia digitale rappresenta uno dei tratti distintivi della regia di Davide Livermore, per il quale la sperimentazione tecnologica rappresenta una necessità che procede di pari passo alla messa in scena e favorisce «l’emozione scenica. Abbiamo cercato di fare questo sperimentando il passaggio possibile tra il tempo dialogico e il tempo lirico».

Sostenitore di quest’operazione è anche Fabrizio Maria Carminati che la ritiene fondamentale, per rendere «eterno» il teatro musicale che «non si deve fermare, ma deve essere sempre rinvigorito da nuove esperienze, creazioni, composizioni, stili e modo di procedere». Lo spettacolo in scena è per il maestro Carminati un esempio in cui l’arte, attraverso gli attuali testi di Verga e Pirandello, si modula come modello della nostra realtà, trattando argomenti di cui i media parlano quotidianamente. La speranza di Carminati è quella che «l’esperienza proposta sia formativa e rivolta ai giovani oltre che ai cultori del mondo teatrale italiano».