“Forse il segreto sta nel tornare nella profondità di noi stessi e chiederci quale sia davvero il nostro desiderio e cosa ci rende felici”, racconta il compositore Giovanni Allevi tra studio, musica, disabilità e dolore
L’ho sempre guardato a vista, Giovanni Allevi. La sua musica ha accompagnato il mio studio accademico. La sua vita, un esempio di coraggio per molti. Raggiungerlo non è stato semplice; c’ero quasi, quando lo scorso 9 febbraio era a Catania per un concerto al Teatro Massimo Bellini, ma non era ancora l’occasione giusta. È stato ospite a Taobuk, in un panel tematico su Confini e tecnologia e io ero presente, ma lui era collegato da remoto.
Taobuk è stato il mio ponte per raggiungerlo e dopo il suo concerto a Taormina, il 5 luglio scorso, finalmente trovo l’occasione per scrivere al suo manager e chiedergli un’intervista. Dopo aver condiviso le mie domande immaginando questo dialogo onesto e profondo, dopo circa venti giorni ricevo questa mail. Una gioia intensa mi ha attraversato come quando si ricevevano le lettere con notizie attese.
Musicista di fama internazionale. Pianista, compositore, direttore d’orchestra, filosofo, scrittore. Giovanni Allevi è prima di tutto un uomo che con la sua esperienza continua a raccontare quanto la vita sia dono, quanto questa sia immensamente profonda da aver bisogno di spazio e – talvolta – di silenzi per essere accolta e ascoltata.
Le sue composizioni raccontano una scoperta, un incontro, uno slancio; tutte conducono a sollecitazioni, ad entrare nei tessuti della nostra esistenza per riscoprirci con le nostre fragilità e le nostre forze. Dalla disabilità alla sofferenza oncologica, il suo sorriso è ciò che più di tutti resta scolpito negli occhi di chi lo guarda e che, insieme alla sua musica, si fa nostro compagno dentro un viaggio in cui nessuno è mai solo.
Lei è affetto dalla sindrome di Asperger. Che ragazzino è stato Giovanni? Come sono stati i rapporti con gli altri? La "disabilità" è stato un limite o una risorsa durante la crescita in relazione a se stesso e al mondo circostante?
“Che ci fosse qualcosa che non andava me ne sono accorto al liceo – racconta -. Ero quello strano, taciturno, in disparte che non legava con nessuno. Ma la mia mente era impegnata in una iper specializzazione, nella musica e in alcune materie. Spesso venivo bullizzato e preso in giro. Anche all’università ero quello strano, con una differenza. Non so perché, questa volta i compagni venivano da me per confidarsi e chiedermi consigli, nonostante ripetessi loro che io della vita non capivo niente. Quello è stato un bel periodo. La mia diversità si è fatta poi più problematica quando, senza volerlo e senza cercarlo, a 39 anni sono diventato famoso. La società contemporanea ci vuole tutti normali, conformisti, prevedibili, meglio se finti ribelli. Ciò che non rientra in queste rigide categorie fa paura e spesso viene deriso. E invece è nella diversità, nell’imprevedibilità che si annida il germe della bellezza e del nuovo”.

Il musicista, compositore, direttore d'orchestra Giovanni Allevi
A 21 anni consegue la laurea in pianoforte; a 29 anni in filosofia e a 32 anni quella in composizione. Frequenta corsi di biomusica e musicoterapia che aiutano a comprendere la musica come strumento che rende "liberi". Musica e Filosofia: quanto l'hanno aiutata nella crescita personale e professionale?
“Non siamo liberi – ci tiene a sottolineare il compositore - . Non lo siamo affatto. Siamo sempre più controllati e sottoposti ad una miriade di stimoli esterni che continuamente ci interpellano e ci distraggono. La Filosofia e la Musica mi permettono di trovare il silenzio, la lentezza necessari. Posso così liberare il cuore e la mente da tanto rumore non voluto ed ascoltare finalmente la mia voce interiore”.
Musica e disabilità: come possiamo coniugarle? Quali percorsi consiglia sulla base della sua esperienza?
“Una volta, durante le prove in teatro prima di un concerto, un ragazzo con delle disabilità motorie mi chiese se potevo ascoltarlo suonare al pianoforte un Notturno di Chopin – racconta Allevi -. Fece uno sforzo sovrumano, vidi le perline di sudore sulla sua fronte, ma portò a termine la sua interpretazione. Io, seduto vicino a lui, a stento trattenni le lacrime. Ebbi chiarissima la certezza dell’immortalità dell’anima. Vidi senza alcun dubbio che in quel ragazzo c’era un’anima gigantesca che cercava l’infinito nonostante il corpo glielo impedisse. Ora lo so: quel ragazzo era un Angelo, venuto a consegnarmi un messaggio”.
A 27 anni scrive, già, musiche di scena per "Le troiane" di Euripide, ricevendo a Siracusa un importante riconoscimento. L'anno successivo il debutto discografico; seguono pubblicazioni anno dopo anno, discografie e libri. In una parola ha condensato un album. Mi colpiscono i titoli: No Concept (2005); Joy (2006); Allevilive (2007), Evolution (2008); Alien (2010); Sunrise (2012); Love (2015); Equilibrium (2017); Hope (2019); Estasi (2021). Tutti rappresentano un'esperienza, un'emozione. Ci può raccontare di questo percorso ricco di successi e di crescita?
“È un lungo processo di avvicinamento alla profondità di me stesso, dinamica che inevitabilmente assume anche una dimensione collettiva – spiega il musicista -. I greci antichi dicevano che il nostro obiettivo principale è conoscere noi stessi. Attraverso la musica ho capito che siamo molto più complessi, profondi, incomprensibili di quanto comunemente si pensi. Abbiamo dentro l’abisso, ma siamo capaci di elevarci ad altezze celesti”.
La malattia è stata un drammatico "freno a mano" e, allo stesso tempo, lo spazio per riflettere su forza e fragilità. Cosa le va di condividere con i giovani di questa esperienza?
“Spazio, è questa la parola chiave – evidenzia Giovanni Allevi -. All’improvviso ho scoperto di avere spazio, e tempo davanti e intorno a me. Anche silenzio. Sono entrato in una bolla di silenzio, di autenticità, di essenzialità. Io ho un rapporto privilegiato con i giovani, ma solo di un certo tipo. Si avvicinano a me solo coloro che hanno fatto esperienza del rifiuto, dell’incomprensione, del dolore dell’anima, della mancanza di senso. Sono in realtà degli eletti, delle anime che vibrano su frequenze superiori, che non si adeguano alla massa e che un giorno indicheranno una strada a molti”.

Giovanni Allevi a Taormina (foto Luigi Saitta)
I giovani di oggi crescono in una società che cammina troppo in fretta, che non lascia spazio alla riflessione, ai rapporti semplici, agli approfondimenti perché fermarsi significa non stare al passo. Uno sviluppo che rischia di inviluppare l'essere umano nel vuoto. Rivolgendoci ai giovani, dunque, che si confrontano con le sfide quotidiane di studio, obiettivi e fallimenti (ma anche successi, certamente), cosa possiamo dire per indurli a fidarsi di se stessi?
“Non solo i giovani, ma tutti noi viviamo in un tranello imposto dall’esterno, che serpeggia in ogni angolo della società: ciò che facciamo non è mai abbastanza – spiega -. Ci è anche vietato dire che non ce la faccio, che non riesco a reggere un simile passo. Forse il segreto sta nel tornare nella profondità di noi stessi e chiederci quale sia davvero il nostro desiderio e cosa ci rende felici. Cosa desidero veramente? E’ la domanda più difficile a cui dare risposta, perché nel tempo che la mente impiega per riflettere, già mille finti desideri esterni si sono insinuati, grazie a sofisticati e subdoli meccanismi di marketing”.
Il 5 luglio scorso, sono stata ascoltatrice attenta e commossa del suo concerto a Taormina. Il concerto MM22 ...una meravigliosa esperienza di condivisione. Cosa desidera per il suo futuro prossimo? Ha dei progetti?
“I quattro concerti di Musica dall’anima, di cui quello di Taormina è stato il secondo, sono stati per me un’esperienza sconvolgente – racconta il musicista - In essi ho diretto il Concerto MM22 per violoncello e orchestra che ho scritto durante la lunga degenza oncologica e che sognavo di portare in scena se fossi sopravvissuto. Ora però sto facendo esperienza dell’altro lato della medaglia. L’intensa direzione d’orchestra ha messo a dura prova la mia schiena. Assieme al dolore, i farmaci che continuo a prendere, generano nel mio corpo una sensazione di malessere simile alla febbre. Il progetto futuro più importante è quello di rinforzare il mio corpo, curando l’alimentazione, facendo lunghe camminate ogni giorno, esercizi di stretching e fisioterapia”.
Un senso di profonda gratitudine coglie queste battute con Giovanni Allevi perché ha voluto condividere brevi frammenti di storia, la sua. Grazie per la bellezza che non si stanca mai di diffondere e per l'incoraggiamento a guardare nel profondo. Grazie per tutti coloro che saranno raggiunti dal suo messaggio, attraverso questa intervista, e dalla sua musica.