Mario Pirovano racconta e si racconta

In scena a Catania Mistero Buffo 50, omaggio ad una delle opere più innovative della storia del teatro

Rita Re

«Vivevo a Londra da quasi dieci anni. Una sera sono andato al teatro ‘Riverside Studios’ per assistere a Mistero Buffo: fu una folgorazione. Nella lingua, nei gesti, nei personaggi e nelle storie popolari di quell’opera io ritrovavo le atmosfere e le situazioni della mia infanzia contadina. Nella denuncia dell’ingiustizia, nella voglia di riscatto e nell’ironia mi sono riconosciuto subito completamente, consapevole del valore sociale oltre che artistico del testo. Sono tornato ogni sera a teatro per rivedere lo spettacolo e conoscere, finalmente, Dario Fo e Franca Rame».

Racconta così Mario Pirovano, erede artistico di Dario Fo e Franca Rame, la sua folgorazione per il teatro.

Mistero Buffo 50 approda per la prima volta a Catania al Centro Zo Culture Contemporanee lo scorso novembre, l’opera teatrale di Dario Fo riportata sulle scene da Pirovano nel 2019 a cinquant’anni dal primo debutto.

L’attore, come lui stesso racconta agli studenti dell’Università di Catania - incontrati al Monastero dei Benedettini, in occasione del seminario dal titolo Dalle origini del teatro al teatro di tutti, curato dalla prof.ssa Simona Scattina -, entrò quasi per caso nella compagnia Fo Rame che per lui divenne come una bottega d’arte rinascimentale, nella quale fare esperienza, conoscere il mestiere e ‘rubare’ l’arte del maestro. 

Ricoprì tutti i ruoli, dal tecnico, al direttore di scena, all’aiuto regista, sempre a contatto con Dario fo e Franca Rame con i quali condivise lunghi anni di stretta collaborazione e amicizia e grazie ai quali scoprì il suo talento.

Dell’attore, Dario Fò dirà: «Mario Pirovano è un autodidatta di grandi qualità espressive. Per anni è stato ad ascoltare le mie esibizioni, ha seguito le lezioni e le dimostrazioni che davo ai giovani attori. Alla fine ha assimilato come un’idrovora tutti i trucchi e la “sapienza” del mestiere al punto da poter arrivare ad esibirsi da solo con grande successo. Personalmente ho assistito ad una sua esibizione nell’Università di Firenze, facoltà di lettere. L’ ho trovato eccezionale. Soprattutto non mi faceva il verso, non mi imitava. Dimostrava una propria carica del tutto personale, una grinta di fabulatore di grande talento».

Un momento del seminario intensivo "Il teatro di fabulazione" al Cut

Un momento del seminario intensivo "Il teatro di fabulazione" al Cut

Il Mistero Buffo nella sua versione originale è un insieme di monologhi che raccontano alcuni episodi ispirati ai vangeli apocrifi o a racconti popolari sulla vita di Gesù. Ebbe molto successo e fu replicato migliaia di volte, perfino negli stadi. Era recitato in una lingua reinventata, frutto di mescolanza tra dialetti veneti e più in generale del nord Italia, fortemente onomatopeica .

Fu un'opera originale considerata un modello per il genere del teatro di narrazione, ma lo strabiliante uso del corpo e le potenzialità sceniche di Dario Fo ne fecero un genere unico e difficilmente replicabile.

Lo stile, irriverente e portato all'eccesso si richiama alle rappresentazioni medioevali eseguite dai giullari e dai cantastorie

Ed è proprio con la Nascita del Giullare che inizia lo spettacolo di Pirovano. Un racconto venuto fuori dalla ricerca che Dario Fo e Franca Rame, in tournèe in Sicilia negli anni ’60, completano venendo a contatto con il testo Delle opere e dei villani siciliani di Serafino Amabile Guastella, poeta di Chiaramonte Gulfi in provincia di RagusaFu proprio la lettura di quest’opera che chiuse il cerchio delle ricerche iniziate da Fò tra le campagne venete sulle tradizioni e i racconti: le parità morali non hanno appartenenza.

Il punto centrale del Mistero Buffo è dunque costituito dalla presa di coscienza dell'esistenza di una cultura popolare che è stata sempre, secondo Fo, nascosta dalla cultura ufficiale. Tramite l'esposizione di drammi religiosi, moralità e parabole in chiave satirico-grottesca ed anticlericale, Fò e poi Pirovano, rovesciano il punto di vista dello spettatore ponendo l'accento sulla mistificazione degli avvenimenti storici e letterari nel corso dei secoli.

«Il discorso che c’è dentro il mistero buffo è di un’attualità impressionante – dice Pirovano - perché racconta di cose tangibili in cui la gente, ovunque nel mondo, si riconosce». Il teatro di Dario da dignità alla voce degli ultimi.

Nessuna scenografia, niente musiche né costumi, solo un attore che sollecita l’immaginazione e la partecipazione degli spettatori al punto da rendere quasi visibile, sulla scena, tutti i personaggi, gli oggetti e i luoghi descritti.

Rita Re intervista Mario Pirovano

Rita Re intervista Mario Pirovano

Pirovano ci presenta così quattro giullarate

La prima, La nascita del giullare racconta proprio della disperazione di un villano che vive sopraffatto dal lavoro e sottomesso al potere e all’autorità e dopo aver perso moglie e figli per un sopruso, per non lasciarsi andare decide di raccontare la sua storia a tutti, nelle piazze, nelle città, nelle vie e così diventa un Giullare. 

Il secondo racconto è La Resurrezione di Lazzaro, la descrizione parodistica del miracolo più popolare del Nuovo Testamento, una giullarata ritrovata trascritta dietro un atto notarile e per questo sfuggita alla distruzione ad opera della chiesa: un guardiano racconta l’arrivo degli spettatori al cimitero per assistere al miracolo. Esilarante, dirompente e tanto irreale quanto potenzialmente vera.

Solo un sorso d’acqua tra un racconto e un altro per l’attore Mario Pirovano, che non tralascia di descrivere al suo pubblico tutti i dettagli più interessanti nella presentazione di ognuno dei racconti, dei personaggi che ne fanno parte, del linguaggio usato. 

Il primo miracolo di Gesù Bambino è il terzo racconto, tratto dai Vangeli apocrifi che descrive come il piccolo Jesus, che fa volare gli uccellini di argilla fatti dai compagni, reagisce alla prepotenza di chi glieli distrugge. ‘Terrone’ è addirittura uno degli insulti che i bambini faranno al piccolo Jesus, ancora una volta a sottolineare come le differenze e gli scontri raziali non abbiano tempo né luogo.

Infine, la giullarata che descrive l’incontro tra Bonifacio VIII, che abbiamo incontrato anche nell’inferno di Dante, e Gesù. il Pontefice ci viene descritto prima nella proverbiale magnificenza della sua vestizione, dei suoi gioielli e dei suoi abiti, poi nell’esilarante incontro-scontro con Gesù e le loro insormontabili differenze.

Il pubblico rimane attaccato alle sedie del Centro Zo Culture Contemporanee per più di due ore e grazie alla capacità narrativa e affabulativa di Pirovano, si sente immerso nei racconti, vedendo ciò che non c’è ma che viene descritto. E oggi a distanza di settimane dallo spettacolo per chi lo ha visto sembra impossibile credere che tutto quello che è stato raccontato dai gesti e dalla voce dell’attore non sia esistito davvero, in carne e ossa su quel palco.

Sembra impossibile che quell’opulento mantello del Papa, il suo paggio maldestro, il sudore del villano/giullare, gli uccellini di argilla del piccolo Jesus o quel cadavere putrefatto di Lazzaro con tutti gli spettatori attorno non siano stati davvero lì con loro, per una sera, a raccontare un mondo che è stato, che è e che purtroppo, forse, sarà.

Mario Pirovano ha tenuto, al Centro Universitario Teatrale dell'ateneo catanese, un seminario intensivo di due giorni, dal titolo Il teatro di fabulazione (vai all'articolo), ideato e condotto con Giulia Piccione e patrocinato dalla Fondazione FoRame. Ecco l’intervista all’ideatrice.