Mario Venuti e quel legame musicale indissolubile con la “sua” Catania

Oltre 40 anni di carriera per l’artista catanese cominciata con l’indimenticabile esperienza con i Denovo

Irene Isajia (foto di Riccardo Militello)

Una lunga carriera artistica cominciata da giovanissimo in quella Catania che prima lo ha adottato e poi lo ha visto crescere umanamente e professionalmente. Mario Venuti, siracusano d’origine, dopo un’infanzia vissuta tra Messina e Siracusa, da adolescente ha messo le radici nella “sua” Catania dove, con al fianco Toni Carbone, ha cominciato ad esibirsi nei locali etnei e anche a Sigonella. A fine anni Settanta la svolta: l’incontro con i fratelli Gabriele e Luca Madonia, con i quali, nel 1982, inizia l'avventura dei Denovo. 

Che esperienza è stata con i Denovo e i suoi componenti?

«Eravamo molto giovani – racconta Mario Venuti -. Gli anni ‘80 sono stati un momento particolare nella storia della musica italiana: tante novità arrivavano dall'estero, ma anche in Italia c'era un grande fermento. Noi ci siamo trovati in un contesto di ricerca, di rinascita, anche di sperimentazione al di là delle proposte di fine anni ‘70 che erano fondamentalmente cantautorali. Il rock, invece, irrompeva anche nella canzone d'autore. È stata un'esperienza indimenticabile». 

Nel 1994 si cambia registro e segna il suo esordio come solista. Questo diventa anche l’inizio di collaborazioni nazionali ed internazionali.

«Sicuramente la collaborazione con Carmen Consoli, con cui abbiamo realizzato tante belle cose, è quella più significativa – spiega l’artista -. Tuttora è tornata con i miei classici Mai come ieri, abbiamo scritto assieme Amore di plastica. Anche con Francesco Bianconi dei Baustelle con cui nel 2015 abbiamo inciso un disco Il tramonto dell’Occidente. Insomma, cerco sempre di sperimentare, tentare nuove strade con collaborazioni che possano portare una nuova linfa. Anche quella col Coro Lirico Siciliano è una di quelle esperienze che mi mette a confronto con un repertorio inusuale per me. Mi riferisco ai classici del tempo dei nostri nonni come Non ti scordar di me o Parlami d'amore Mariù. In questa realtà metto in comune il mio bagaglio musicale, canto con la mia voce, anche se non sono un tenore, ma spero di poter portare un sapore nuovo alle canzoni della nostra tradizione». 

L'artista Mario Venuti (foto di Riccardo Militello)

L'artista Mario Venuti (foto di Riccardo Militello)

Facendo i conti con le realtà dei talent in cui sono coinvolti i giovani di oggi, qual è il futuro del cantautorato? 

«Non credo che stia morendo – ci tiene a precisare il cantautore che conta 13 album pubblicati in carriera -. Sicuramente ci sono tante altre cose che si fanno spazio nel cuore dei giovanissimi ed è anche giusto così. Io credo, però, che inseguire i giovani sul loro terreno sia perdere, pertanto io resto ciò che sono, faccio quello che so fare, posso portare la mia esperienza, la mia storia e dare la mia lettura dei tempi». 

Cosa è cambiato a Catania dai tempi con Virlinzi e da quello spartiacque dato dalla sua scomparsa?

«Gli anni ‘90 sono stati un periodo d'oro, un periodo di grande rinascita che ha visto fiorire nuove realtà musicali e imprenditoriali a Catania – racconta il cantante -. In quegli anni nasce il management musicale, basti pensare a Nuccio La Ferlita o a Francesco Virlinzi e Carmen Consoli. Probabilmente viviamo ancora di rendita. Negli anni Duemila è stata Palermo a riprendere uno spazio che le era mancato. È una città vitale con interessanti proposte culturali e artistiche come, per esempio, i Di Martino». 

Cosa vede all'orizzonte per Catania musicalmente parlando?

«Tutto può succedere – sottolinea Mario Venuti -. Ci sono realtà nuove nel campo della Rap, della Trap. Largo ai giovani. Si facciano avanti».

Un momento dell'esibizione di Mario Venuti con il Coro Lirico Siciliano ad Adrano (foto di Riccardo Militello)

Un momento dell'esibizione di Mario Venuti con il Coro Lirico Siciliano ad Adrano (foto di Riccardo Militello)