Nato due volte: Remon Karem racconta il dramma dell’immigrazione

L’attivista egiziano, fuggito dalle persecuzioni religiose, ha parlato della sua esperienza nel corso della conferenza organizzata dal Dipartimento di Giurisprudenza

 

 

 

Francesca Quattrocchi

"Sono un megafono per chi non ha voce". Con queste parole l’attivista egiziano Remon Karem è intervenuto alla conferenza Nato Due Volte: Testimonianza di immigrazione e inclusione che ha richiamato numerosi studenti nei locali del Polo didattico "Virlinzi" del Dipartimento di Giurisprudenza.

L'obiettivo di Karem è quello di smuovere le coscienze su un tema ormai troppo strumentalizzato e banalizzato dalla politica, ponendo l'attenzione sulle persone che, come lui, hanno vissuto sulla propria pelle la tragedia del Mare che nasconde le stelle, titolo del suo libro, scritto insieme alla giornalista Francesca Barra.

L'evento, organizzato dagli studenti e dalle studentesse dell'associazione Nike, ha visto la partecipazione delle docenti del Dipartimento di Giurisprudenza Alessia Di Stefano, Veronica Papa e Mariagrazia Militello.

Un momento dell'intervento di Remon Karem

Un momento dell'intervento di Remon Karem

"Spesso sottovalutiamo il dolore delle persone”, ha spiegato Karem dopo i saluti del prof. Salvatore Zappalà, direttore del Dipartimento di Giurisprudenza. 

“Chiudiamo gli occhi davanti alle ingiustizie del mondo. Ci limitiamo a scrollare passivamente su uno schermo, lasciandoci bombardare da immagini sconvolgenti a cui ci stiamo sempre di più abituando. Io racconto la mia storia in modo da porre la gente davanti alla verità dei fatti, per smuovere le coscienze, soprattutto tra i più giovani. Vedo l'odio estendersi a macchia d'olio, come un virus. Vedo un mondo dove la violenza è all'ordine del giorno e nessuno si scompone."

Karem è un ragazzo che, come tanti altri, ha avuto paura. Ha avuto paura di perdere la libertà, che per noi oggi è scontata; paura di non poter professare la propria religione; paura di non poter esprimere il suo pensiero e la sua individualità.  

Ma di fronte al rischio di morire ha avuto il coraggio di scappare e di affrontare un viaggio la cui destinazione rappresentava una speranza forse vana. Ha raccontato le condizioni estreme e le notti infinite su quel barcone, dove il mare sembra dilatare il tempo, e di come, all'arrivo in Italia, fosse ridotto a un numero, rappresentato da quel “90” scritto sul petto.

Karem, però, in Italia ha avuto la fortuna di trovare una famiglia che lo amasse e che gli permettesse di crescere come individuo. Fin da giovanissimo ha quindi deciso di diventare una voce per tutti quei "numeri" che nessuno tutela e rappresenta.

"Il tema dell'immigrazione è il goal della politica: quando non si vuole parlare di argomenti scomodi, si parla di immigrazione”, prosegue l’attivista. “Però lo si fa considerandolo come un problema, non come fenomeno. È più facile cercare il capro espiatorio nell'altro e nel diverso, piuttosto che guardare ai propri errori".

Remon Karem

Remon Karem

Karem ha sottolineato come la disinformazione sia alla base del pregiudizio, e come la rabbia e la paura siano costantemente manipolate per cercare un colpevole, anche in chi, come gli "scafisti," ha la sola colpa di voler vivere, e in ragazzi che, come lui, si sono trovati tra la vita e la morte.

"Non c'è nessuno che combatterà le nostre battaglie, nessuno da cui mi senta rappresentato e, se in primis noi giovani non ci sentiamo rappresentati, è lecito chiedersi in che direzione stiamo andando." Remon vive il dramma di chi si sente italiano, ma, per colpa di una burocrazia lenta e obsoleta, non può difendere il suo Paese e rappresentarlo e può solo subire scelte fatte da altri al posto suo.

È il dramma di chi, dopo 11 anni e nonostante due lauree e un diploma, non è considerato abbastanza italiano quanto un calciatore naturalizzato.

Nonostante questo, però, ha lanciato un messaggio di speranza: "Lottate per voi stessi. Non fermatevi davanti alle difficoltà. Ma soprattutto, non siate indifferenti. L'indifferenza uccide. Ricordate che succede a qualcun altro, ma domani potrebbe succedere a noi".

Un momento dell'incontro

Un momento dell'incontro

I ragazzi e le ragazze di Nike hanno evidenziato quanto sia importante che, in un dipartimento come quello di Giurisprudenza, dove questi temi vengono trattati dal punto di vista normativo, si cominci a parlare di persone oltre che di individui.

“È importante sensibilizzare sul tema dell’immigrazione, affinché le future generazioni mettano in atto soluzioni concrete per aiutare persone in difficoltà in fuga dai loro Paesi”, hanno sottolineato gli organizzatori.  

“Ad oggi le normative in materia di immigrazione sono in costante sviluppo - hanno aggiunto -. Ciò che ci auguriamo è che il legislatore si muova sempre nel rispetto del principio di solidarietà, secondo l'articolo 3 della Costituzione che stabilisce l'uguaglianza di tutti gli individui senza distinzione e, inoltre, l’articolo 10, che tutela di chi scappa da un Paese che non gli garantisce più i diritti fondamentali".