Nduduzo Makhathini: quando il jazz incontra la spiritualità africana

In concerto a Catania, al Teatro Metropolitan, ha presentato l’album “In the Spirit of Ntu” nell’ambito della rassegna Catania Jazz

Giusy Andolina

Per la prima volta in Sicilia, il pianista sudafricano Nduduzo Makhathini, uno dei nomi di punta della scena jazz contemporanea internazionale, ha incantato il pubblico catanese per una delle tappe di presentazione di In the Spirit of Ntu (Blue Note Records), il suo decimo album in studio.

Soprannominato lo sciamano del jazz, per la suggestione e la potenza visionaria della sua musica, Makhathini si è presentato in concerto al Teatro Metropolitan, nell’ambito della rassegna Catania Jazz, insieme con il sudafricano Zwelakhe Dumas Bell Le Pere al contrabbasso e al cubano Francisco Mela alla batteria.

«Attraverso la musica noi evochiamo i nostri spiriti, ed è quello che cerco di fare anch'io quando suono e scrivo», ha detto il pianista sudafricano in apertura del concerto che si è tenuto nei giorni scorsi. 

In scaletta i brani del suo ultimo album In the Spirit of Ntu del 2022, ispirato a Ntu, un’antica filosofia africana che celebra l’Unità dell’Essere in stretta connessione con la Natura. «Ho sentito davvero il bisogno di riassumere tutto ciò che ho fatto finora», ha spiegato il musicista. «Ntu è il luogo in cui risiede la nostra totalità, attraverso il quale siamo connessi a tutto. È la nostra essenza spirituale che è intoccabile perché è tutto e tutto è con essa e in essa», ha aggiunto.

Ntu sta per Ubuntu che in lingua bantu esprime una concezione non individualistica del sé, per la quale si è sé stessi proprio grazie al fatto di essere circondati dagli altri.

Un momento del concerto

Un momento del concerto

Nato in Sudafrica e cresciuto sulle rigogliose e aspre colline di Umgungundlovu, l’artista ha vissuto in un paesaggio in cui musica e pratiche rituali erano legate in simbiosi, fra le ricche tradizioni musicali Zulu e la musica da chiesa.

Musica e ritualità per il pianista Nduduzo Makhathini sono sempre stati indissolubilmente legati. È importante notare che lo Zulu, il codice guerriero africano, dipende profondamente dalla musica per la motivazione e la guarigione. Questa simbiosi profondamente radicata è la chiave per comprendere la visione di Makhathini.

Anche la chiesa ha avuto un ruolo nella comprensione musicale di Makhathini, poiché da giovane le frequentava alla ricerca solo della musica.

È in questa fase che ha sviluppato la sua preferenza per il gospel e i leggendari artisti del jazz africano come Abdullah Ibrahim, Moses Molelekwa o Bheki Mseleku, per poi avvicinarsi al jazz americano ed alla scoperta dei maestri John Coltrane e McCoy Tyner.

Sempre da ragazzo ha ereditato le conoscenze empiriche ancestrali della medicina tradizionale da sua nonna materna, guaritrice.

Nduduzo Makhathini

Nduduzo Makhathini in un momento del concerto

Un ambito, spiega, in cui il canto è investito di una specifica funzione terapeutica e riparatrice, e la musica è intesa come strumento di guarigione e superamento delle brutture del mondo: “the healing force of the universe”.

Pertanto, In the Spirit of Ntu l’artista fonde assieme i suoi due principali insegnamenti, quello della nonna e quello dell’altro sommo maestro, John Coltrane.

«Le mie composizioni hanno la funzione delle preghiere», dichiara pacatamente il pianista, musicista, compositore, improvvisatore.

Durante il concerto di Catania, Nduduzo Makhathini, ha proposto una musica comunicativa, con accenti sudafricani ma non particolarmente connotata in questo senso, alla quale ha dato respiro intervenendo anche come vocalist, creando un’intesa/interplay con gli altri musicisti con l’obbiettivo di lasciare liberi gli altri di esprimersi.

Ha, inoltre, intrattenuto il pubblico per diversi minuti, parlando del cambiamento epocale e planetario verso cui l’uomo e il mondo stanno andando incontro; da cui egli si auspica verrà fuori a new beginning, un modo per creare nuove energie e stravolgere quello che l’umanità ha fatto sino ad ora, attraverso l’esercizio del potere, della politica e dell’egemonia.

Con la musica e la vibrazione che il suono riproduce, si evoca dunque un’essenza basata sulla spiritualità - in quanto il suono è strettamente connesso con il cosmo - e si interviene sulla criticità del momento.  E questo può incidere sulle nostre emozioni, sulle nostre relazioni e sulla nostra coscienza, creando un processo di risveglio collettivo universale.

I tre artisti a fine concerto

I tre artisti a fine concerto

Per Nduduzo la tradizione della sua terra, l’antica conoscenza africana, e lo studio della cosmologia africana offrono pertanto l’opportunità di considerare il mondo in modo diverso.

Sulla base di queste riflessioni l’artista ha iniziato a considerare le pratiche divinatorie del popolo zulu come un modo per avvicinarsi al pianoforte e all’improvvisazione attraverso quello che è noto come ngoma, che nella lingua zulu significa guarigione, ma anche Dio, rituale, canzone, o anche semplicemente l’atto del cantare e l’utilizzo della voce come un mantra.

Il pianoforte, diventa così un modo per rivelare l’invisibile e anche un mezzo per comunicare con altri mondi e un’opportunità per entrare in connessione, in relazione col mondo degli spiriti.

Da quando è apparso come tastierista nella band degli Shabaka And The Ancestors, l’ascesa di Nduduzo Makhathini è stata inarrestabile e l’album In the Spirit of Ntu - che il New York Times ha nominato uno dei “migliori album jazz del 2020” - lo conferma: questo intrigante artista ha ancora molto da dire.

Un jazz emozionante e spirituale che si esalta soprattutto dal vivo, una musica ancestrale e contemporanea, al tempo stesso cosmica e terrena, un concentrato di spiritualità e amore universale, con armonie articolate e coinvolgenti che offrono all’ascoltatore un’esperienza musicale unica.