Nella turbolenta Belle Époque: «Un bel dì vedremo»

Dietro le quinte, un riconosciuto leader culturale e musicale, un “bon vivant” dal carattere estroverso, ma ombroso, capace di passare da grandi entusiasmi a profondi scoramenti: pagine Pucciniane con Virgilio Bernardoni

Rossella Liliana Laudani (foto di Giuseppe Sanfratello)

Nuovo appuntamento del ciclo di conferenze Conversazioni sull’opera italiana, organizzato dal Teatro Massimo Bellini e curato dal Dipartimento di Scienze umanistiche di Catania, per la presentazione del libro monografico Puccini di Virgilio Bernardoni, ordinario di Musicologia e Storia della musica all’Università di Bergamo, e direttore delle collane editoriali «Historiae Musicae Cultores» e «Centro studi Giacomo Puccini».

Bernardoni, inoltre, presiede la commissione scientifica preposta all’Edizione Nazionale delle Opere di Giacomo Puccini ed è membro del direttivo Centro studi Giacomo Puccini di Lucca. Prolifico autore di studi ed edizioni critiche sull’opera e sulla musica dell’Otto e Novecento, fra cui Verso Bohème (2008) e l’edizione critica delle Composizioni per organo di Puccini (2018).

Nel foyer del Teatro Massimo Bellini, hanno dialogato con l’autore Virgilio Bernardoni, le docenti di Discipline musicali e audiovisive dell’Università di Catania, Maria Rosa De Luca, Stefania Rimini e Graziella Seminara.

In foto da sinistra Stefania Rimini, Maria Rosa De Luca,Virgilio Bernardoni e Graziella Seminara

In foto da sinistra Stefania Rimini, Maria Rosa De Luca, Virgilio Bernardoni e Graziella Seminara

Un libro che offre una prospettiva lineare nuova e affascinante sulla figura di uno dei più grandi compositori d’opera, attivo in un’epoca tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, capace di intercettare il gusto del pubblico ancora oggi.

Una pubblicazione volta ad affermare l’universalità della sua arte all’incrocio fra una drammaturgia di grande forza comunicativa e la complessità di una scrittura consapevole dei percorsi della modernità, nella quale il sistema opera in Italia – in cui avevano già operato autori come Vincenzo Bellini, Gaetano Donizetti, Gioacchino Rossini e Giuseppe Verdi – stava conoscendo mutazioni che avrebbero portato a un mercato profondamente diverso.

Tema che suscita una riflessione storico-critica firmata da Virgilio Bernardoni per la collana L’opera italiana del Saggiatore, diretta dal musicologo e critico musicale Paolo Gallarati, in cui l’autore ci invita a ripercorrerne le tappe attraverso la vita e l’opera del musicista, dalla gioventù a Lucca come ultimo brillante erede di un’antica dinastia di musicisti, agli esordi della carriera teatrale a Milano ben riconosciuta dalla più importante impresa musicale italiana, Giulio Ricordi, fino all’apice del successo, raggiunto mentre si divideva tra il rifugio esistenziale di Torre del Lago e i teatri del mondo.

Un momento dell'intervento di Virgilio Bernardoni

Un momento dell'intervento di Virgilio Bernardoni (foto di Rossella Laudani)

Un racconto chiaro, nitido ed essenziale capace di essere quasi una guida all’ascolto che definisce i mezzi di codificazione delle tipologie drammaturgiche, di teoria della composizione musicale, di processi creativi e critica, senza mai abbandonare il ritratto biografico del compositore.

Le prime righe del libro sono interamente dedicate alla descrizione di due lavori pucciniani Le Villi e Edgard assai promettenti dal punto di vista strutturale, che aprono la strada a una interessante Manon Lescaut debuttata al Regio di Torino nel 1893, in cui Puccini procede a una costante ricerca drammaturgica definita da Bernardoni come “sinfonismo rappresentato” e “canto di conversazione” dove la musica inizia a muoversi e avere ruoli differenti. 

Con Bohème, andata in scena nel 1896 e diretta da Arturo Toscanini, Puccini compie la svolta decisiva, mettendo in atto canali e forme di linguaggio del tutto libere, spiegate e definite da Bernardoni come la mescolanza e stravolgimento del Musikdrama wagneriano.

I due travolgenti successi, Tosca – su libretto di Giocosa e Illica che gioca sul realismo psicologico sfiorando il genere drammatico del Grand Guignol – e Madama Butterfly – che poggia su tradizioni musicali lontane capaci di richiamare una memorabile eroina, inquieta e moderna –, presentano una scrittura definita da Virgilio Bernardoni come il «ritorno a forme strutturali del melodramma romantico... armonie neoclassiche».

Haruna Nagai - Kasumi Hiyane - Stefania Rimini - Virgilio Bernardoni - Maria Rosa De Luca - Graziella Seminara - Silvio Greco

In foto da sinistra Haruna Nagai, Kasumi Hiyane, Stefania Rimini, Virgilio Bernardoni, Maria Rosa De Luca, Graziella Seminara e Silvio Greco

Una drammaturgia solida ed efficace basata sulla centralità delle emozioni e un uso frequente del Leitmotiv capace di collegare sapientemente musica, teatro e libretto. Con le ultime sperimentazioni quali Trittico e Turandot si arriva all’apice del genio creativo di Giacomo Puccini, una rivisitazione realistica dei temi wagneriani e lieve incursione nell’operetta. Discorso particolare per il finale incompiuto di quest’ultima opera, per cui Bernardoni fa riferimento a un nuovo intervento eseguito da Luciano Berio e messo in scena nel 2002.

Una sicurezza musicale e teatrale infallibile e una sensibilità spiccata per le tragedie, Puccini ha traghettato l’opera italiana dalla fase delicata del melodramma di fine Ottocento al teatro moderno, svelando l’uomo nuovo nella sua nuda fragilità. Un’eredità che continua a esser sentita ancora oggi, da cui molti registi cinematografici fanno riferimento e traggono ispirazione.

La presentazione del volume è stata arricchita dall’intervento musicale di Kasumi Hiyane (soprano), Haruna Nagai (mezzosoprano) e Silvio Greco (pianoforte), allievi del Conservatorio ‘Vincenzo Bellini’ di Catania, che hanno eseguito alcune arie tratte da Madama Butterfly di Puccini.

Un momento dell'esecuzione a cura degli allievi del Conservatorio ‘Vincenzo Bellini’ di Catania

Un momento dell'esecuzione a cura degli allievi del Conservatorio ‘Vincenzo Bellini’ di Catania