In occasione del Catania Off Fringe, al Cut d’ateneo, è andato in scena lo spettacolo della compagnia Antonio Brugnano Teatro sulla tipica giornata di un “sognatore specializzato” attraverso il mimo e la clownerie
Mr. Bloom è l’omonimo protagonista dello spettacolo interpretato dall’attore, autore e direttore Antonio Brugnano che da più di un ventennio collabora con varie realtà artistiche quali Quelli di Grock, Comteatro e Palkettostage.
Il sognatore vive la sua giornata preso dalla pesantezza della vita quotidiana, ma la fantasia interviene spesso in suo aiuto alleggerendola.
Il nostro personaggio ci ricorda l’imperituro Charlot incarnato da Charlie Chaplin, per via tanto dei suoi gesti mimici quanto del suo cappello a bombetta; ma anche per riuscire, attraverso l’immaginazione, a comprendere il senso profondo della vita e a diventarne in qualche modo protagonista come desidera.
Inoltre, le caratteristiche di Bloom possono ricordare anche la maschera Monsieur Hulot del regista, attore, mimo e sceneggiatore francese, Jacques Tati. La comunicazione non verbale è dunque preponderante e ben realizzata, ergendosi quasi a lingua comune e dalle interpretazioni trasparenti.
Mr Bloom (foto di Costanza Maremmi)
Bloom si presenta al pubblico come uno che di mestiere fa il sognatore, di notte e di giorno. Di giorno sogna perché è sempre distratto; fa il suo la lavoro d’ufficio che però gli sta stretto. Dorme in piedi anche di notte perché vive in un appartamento molto stretto e può solo spingere il materasso sulla parete.
Il protagonista si improvvisa, con l’aiuto della fantasia e della coscienza-voce fuori campo, innanzitutto un «insuperabile portiere della nazionale» per poi diventare un pianista famoso pur senza aver dinanzi alcuno strumento e quindi pigiando tasti immaginari.
A seguire, muta in un cuoco alquanto buffo e assurdo che, impadronendosi di un leggìo, fa credere che il suo sogno sia quello di diventare direttore d’orchestra.
Legge, infatti, in maniera drammatica, ma comica. Cerca di concretizzare i procedimenti per una ricetta culinaria, ma alla fine, anziché il risultato, ne verranno fuori due palloncini ad elio. Per non parlare della sua ironica lotta con una gallina (un oggetto di plastica) per avere da lei l’uovo che non riuscirà comunque a rompere ai fini della ricetta.
Bloom custodisce anche un amore segreto, mostrato allo spettatore sottoforma di ritratto, ma è un amore impossibile perché la donna avrebbe il volto della Gioconda; quindi, una donna fantastica in quanto oggetto artistico e sfuggente allo stesso tempo per via dell’espressione misteriosa.
La voce fuori campo è la sua unica compagnia che lo spinge a mettersi in gioco e lo guida, facendogli comprendere però che «non a tutti piacciono i sognatori». Come un moderno Grillo parlante, la voce gli rivela che la realtà è diversa da come lui la vorrebbe ma nonostante questo non c’è motivo di perdersi d’animo. La fantasia deve e può camminare a passo con la realtà.
Mr Bloom (foto di Costanza Maremmi)
Nel momento in cui Bloom è perso nello sconforto e cammina sulla fune – simbolo del suo squilibrio esistenziale – , la voce fuori campo gli instilla dell’ottimismo e della voglia di vivere in allegria. Alla fine dello spettacolo, il testo della canzone “Ora” di Ilaria Pastore riassume la morale: «E l’orologio è come un fiore, ha come petali le ore prima ti ama e poi non t’ama tutto dipende da che ora è. Ci vuole tempo per avere tempo…».
La scenografia fa riferimento alla pittura di Magritte, in particolare al Figlio dell’uomo dell’artista belga. È nuda, essenziale e fissa e funge da camerino personale di Mr. Bloom per mostrare i suoi svariati sogni nel cassetto che prendono vita davanti al pubblico.
Lo spettacolo di Brugnano presenta in maniera schietta la condizione dell’uomo contemporaneo, sempre in bilico esistenziale e mai soddisfatto di nulla, e lo invita a non smettere di sognare nonostante la realtà cerchi di ingabbiarlo. Si rivolge a chiunque abbia perso la capacità di immaginare per sé qualcosa di diverso e rischia di farsi assorbire dalla routine, di sentirsi una ‘macchina’ senza emozioni e scopo individuale.
Antonio Brugnano in un selfie davanti al Centro universitario teatrale