Al King, nell’ambito del festival “I Live Cinema” la masterclass di Marco Pirrello
Nello storico Cinema King di Catania, nei giorni scorsi, tra gli appuntamenti del festival I Live Cinema, si è svolta la masterclass del regista e videomaker catanese Marco Pirrello, intitolata Gaza: un viaggio, quattro racconti.
Dopo un’introduzione sul ruolo del documentario e del reportage nell’ecosistema dell’informazione odierno, è emersa la forte e sentita testimonianza del lavoro cross-mediale svolto da Pirrello durante e dopo il suo viaggio a Gaza e in Cisgiordania a fine 2021, da cui sono nati un reportage per la ONG Médicos del mundo, un documentario dal titolo Three Wishes in Gaza, e il libro Inquadrando Palestina (Villaggio Maori Edizioni) corredato da un’appendice fotografica.
Reportage, documentario, scritti e fotografie sono quattro modi diversi di raccontare un’unica storia, per aprire una finestra di vita su Gaza, che vada oltre le immagini di distruzione e incommensurabile dolore a cui assistiamo ininterrottamente da diciotto mesi.

Il filmmaker Marco Pirrello durante la masterclass
Marco Pirrello, che dal 2010 realizza documentari e cortometraggi di finzione con un occhio attento al sociale e alla storia locale, è andato a Gaza alla fine del 2021 per un reportage commissionato dalla Ong Médicos del mundo, che opera nella Striscia e negli altri Territori Palestinesi Occupati. I tempi sono stretti e i margini di libertà minimi: il reportage segue il lavoro di psicologi e psicoterapeuti volontari che formano il personale sanitario in condizioni proibitive per la costante tensione e sintomi di stress post-traumatico a causa dei costanti bombardamenti, interrotti da brevi e sporadiche pause.
Pirrello ha visitato un centro di salute mentale a Rafah e intervistato uno psicologo a Khan Younis, nomi di località diventati tristemente noti nell’ultimo anno e mezzo, perché protagoniste dei più intensi assedi dell’esercito israeliano (e oggi entrambi rase al suolo).
Gli viene concesso anche di riprendere una seduta di terapia con una ragazza gazawi, della quale però non può mostrare il volto in quanto minorenne: il regista avrebbe potuto inquadrarla di spalle o sfocarne il viso in post-produzione, ma decide di poggiare la macchina con cui riprende (una semplice reflex recuperata direttamente a Gaza per evitare problemi ai rigidi controlli dei checkpoint israeliani) sul tavolo dove la ragazza e la sua terapeuta stanno bevendo il tè.

Un frame del reportage realizzato da Pirrello
Si ottiene così un’inquadratura fissa sulle mani della ragazza, che si agitano nervose mentre racconta dell’orrore del bombardamento di cui è stata vittima nel 2014 e nel quale ha perso una sorella e un fratello. Questa scelta avvicina umanamente lo spettatore al soggetto intervistato e allo stesso tempo restituisce il racconto in tutta la sua crudezza, giocando di sottrazione e senza nessuna operazione di pietismo.
Ed è proprio questo l’obiettivo di Pirrello, mostrare Gaza e i suoi abitanti nella loro umanità, ponendosi come mediatore tra loro e noi spettatori nel modo più rispettoso possibile. Dunque, in quelle settimane decide di realizzare qualcosa di più personale, che poi diventerà il documentario Three Wishes in Gaza.
A causa dei rigidi protocolli da rispettare e del ritardo nei permessi, riesce a girare a Gaza City solo gli ultimi due giorni della sua permanenza. Tutto ciò che non è stato possibile filmare, e anche i retroscena della produzione del reportage e del documentario, è comunque annotato dal regista negli appunti di viaggio, che troveranno forma nel libro Inquadrando Palestina, corredato da fotografie scattate da lui stesso.
Il trailer del documentario
L’insieme - reportage, documentario, libro e fotografie - costituisce una testimonianza preziosa e, purtroppo, una delle ultime di una città piena di vita, i cui abitanti non sono solo numeri nell’infinito elenco di morti e feriti di un genocidio ancora in corso (come ha sancito lo scorso 14 novembre il rapporto di un comitato speciale delle Nazioni Unite) ma persone con speranze, sogni, desideri, e dotati di un amore per la propria terra che, nonostante tutto, li tiene ancora ben radicati nella loro resilienza e resistenza all’occupazione.
«Tutto quello che ho filmato oggi non esiste più», è la risposta di Pirrello alla domanda su quale significato abbia assunto il suo lavoro dall’inizio della guerra a Gaza nel 2023.
«Dopo il 7 ottobre ho avuto un momento di crisi in cui ho pensato che non avrebbe avuto più senso raccontare quell’esperienza, poi invece ho pensato che è più importante di prima», ha spiegato il regista.
«Così come prima di partire mi sono documentato sui diari dei gazawi durante le guerre del 2008 e del 2014, che invito a leggere, è importante raccontare che cos’era Gaza prima», ha aggiunto.
E non c’è miglior modo di raccontare se non dando spazio, volti e voci alle persone che rischiano di essere cancellate per sempre, per seguire l’esempio di Vittorio Arrigoni e far risuonare il suo motto che, alla luce di tutto ciò che sta accadendo nel mondo in questo momento storico, suona sempre più come un monito: Restiamo Umani.

Un momento della masterclass di Marco Pirrello