Al Cut un laboratorio di scrittura drammaturgica condotto dalla regista siciliana Lina Prosa
Se «in teatro la parola è corpo in movimento» e se «i miti classici sono ancora vivi e urgenti, perché rappresentano un alfabeto capace di comprendere il presente», allora le parole di Lina Prosa alludono a un bisogno universale, arcaico e profondo dell’Uomo, che in migliaia di anni di storia occidentale continua a interrogarsi sulla propria esistenza e sulle vicende spesso tragiche, che si ripropongono ai suoi occhi con un incredibile ritmo circolare.
Il laboratorio intensivo di scrittura drammaturgica dal titolo (Ri-)Scrivere il mito – Eschilo/tracce dell’Umano, condotto dal 7 al 10 aprile dalla regista e drammaturga siciliana Lina Prosa negli spazi del Centro universitario teatrale (vai all'intervista) con il coordinamento della prof.ssa Simona Scattina, docente del dipartimento di Scienze umanistiche, ha visto sedici studenti di diversi dipartimenti dell’Università di Catania mettersi in gioco, tra riflessioni teoriche sul senso e sul linguaggio del teatro di Eschilo, attraverso la scelta condivisa della tematica del messaggero, fino alla restituzione pubblica, l’ultimo giorno, di un “discorso” corale costruito insieme durante gli incontri.

Un momento delle attività del laboratorio di Lina Prosa
E se il verbo greco che sta alla base del termine “teatro” è “theàomai” e vuol dire “guardo”, “vedo”, allora i giovani partecipanti sono diventati tutti “testimoni”, sono coloro che “hanno visto”, poiché hanno attivato per un momento lo sguardo sulla realtà e l’hanno riportata “all’altro”, al pubblico, in un circuito comunicativo in cui tutte le parti sono attive.
«Più sintetico è il messaggio, più scatena l’interiorità di chi ascolta», spiega, infatti, Lina Prosa, prima autrice e regista italiana messa in scena alla Comédie-Française, insignita nel 2016 dell’onorificenza di Chevalier des Arts et des Lettres della Repubblica transalpina e vincitrice nel 2015 del Premio della Critica Teatrale Italiana per la Drammaturgia.

Un momento delle attività laboratoriali
«Il pubblico – aggiunge - va lasciato libero di interpretare e di sentire con la sua parte più profonda». E dunque parte del laboratorio si è basata sulla necessità di “scarnificare” la testimonianza, rendendola neutra ed essenziale: solo così l’attore può mettere in moto un ascolto intenso e nel contempo un pensiero critico.
Giochi di sguardi ed esercizi di accordi e di silenzio, all’interno del gruppo, in un percorso immersivo stimolante che tra giovani che non si conoscono diventa costruzione del coro in senso classico, corpo e personaggio collettivo che impara a respirare all’unisono.

Gli allievi e le allieve del corso insieme con Lina Prosa e la docente Simona Scattina