Ricercatori siciliani nel mondo tornano a Unict per costruire un ponte tra ricerca, impresa e territorio
C’è una traiettoria che accomuna molti dei protagonisti del Sicilian AI Workshop: parte dalla Sicilia, attraversa università e centri di ricerca internazionali, e torna idealmente sull’Isola per restituire competenze, visioni e opportunità.
I relatori dell’evento sono tutti siciliani, formati prevalentemente negli atenei dell’Isola – in particolare a Catania e Palermo – e poi partiti all’estero per completare la propria formazione e lavorare nei grandi poli globali dell’innovazione. Oggi operano tra Stati Uniti, Canada ed Europa, in università di primo piano e in aziende leader come Meta, IBM, Qualcomm. Per un giorno, però, queste traiettorie si ricongiungono, dimostrando che l’emigrazione intellettuale non è necessariamente una perdita, ma può diventare un circuito virtuoso di ritorno e connessione.
È in questo contesto che Catania si prepara a diventare il cuore pulsante dell’innovazione tecnologica con il Sicilian AI Workshop, una giornata interamente dedicata all’intelligenza artificiale e alle sue applicazioni negli spazi della Città della Scienza, polo di divulgazione e ricerca dell’Università di Catania. Una cornice simbolica e concreta allo stesso tempo: la ricerca che dialoga con la città, il sapere che si apre al territorio.
Un workshop nato con un obiettivo chiaro: mettere in dialogo mondo accademico, startup, grandi aziende e giovani ricercatori, creando uno spazio di confronto operativo tra chi oggi fa intelligenza artificiale lavorando su prodotti, dati e modelli in contesti internazionali, senza perdere il legame con l’Isola. Un modo per valorizzare il contributo siciliano alla rivoluzione digitale globale, mostrando come la Sicilia non sia periferia, ma parte integrante delle reti della conoscenza.
Allo stesso tavolo, infatti, si sono ritrovati l’accademia, i grandi laboratori industriali e le startup, alternando contenuti scientifici, storie imprenditoriali e momenti di scambio pensato per far nascere collaborazioni, progetti e connessioni durature, andando oltre la dimensione del singolo evento.
Il Sicilian AI Workshop ha trasformato per un giorno Catania in un vero e proprio laboratorio di futuro con quasi 200 persone, selezionate tra studiosi, imprenditori e professionisti del settore, che si sono confrontati sul tema.
Parte del pubblico presente all'evento
Sei keynote, un giro del mondo dell’AI
Il cuore della giornata sono stati i sei keynote scientifici, affidati a talenti siciliani oggi attivi tra università e grandi aziende. Le loro prospettive spaziano dalla ricerca di frontiera alle applicazioni industriali, offrendo una panoramica ampia e articolata dello stato dell’arte dell’intelligenza artificiale.
Robot umanoidi tra laboratorio e vita quotidiana
Carlo Sferrazza, originario di Naro, rappresenta una delle traiettorie più emblematiche della nuova generazione di ricercatori siciliani. Dopo la formazione in Italia (a Milano) e all’estero, in particolare in Svizzera, oggi è docente all’University of Texas at Austin, dove lavora su uno dei filoni più affascinanti e complessi dell’intelligenza artificiale contemporanea: la robotica umanoide.
Il suo lavoro si concentra su robot dotati di braccia, mani e gambe, progettati non solo per replicare movimenti umani, ma per inserirsi realmente nella quotidianità delle persone. “L’idea di fondo è quella di sviluppare assistenti capaci di affiancare l’uomo in attività ripetitive, faticose o potenzialmente pericolose, ma anche di supportare una società che progressivamente invecchia – spiega -. Non si tratta più soltanto di automazione industriale, ma di un cambio di paradigma: dal robot chiuso in fabbrica al robot che condivide spazi e compiti con l’essere umano”.
Sferrazza sottolinea come “la sfida principale non sia tanto la precisione, quanto la flessibilità”. “I robot industriali eccellono in compiti strutturati, altamente ripetitivi e prevedibili – aggiunge -. Al contrario, il mondo reale è caratterizzato da variabilità continua: oggetti diversi, ambienti non controllati, interazioni impreviste. È proprio in questo contesto che il robot mostra i suoi limiti, perché ciò che per l’uomo è intuitivo – piegare la biancheria, riempire una lavatrice, muoversi in cucina – per una macchina è estremamente complesso”.
“Nei prossimi anni vedremo una diffusione crescente di robot specializzati in singole attività quotidiane, con costi progressivamente più accessibili – ha detto in chiusura -. Il sogno del robot “tuttofare” è ancora lontano, ma i passi avanti sono rapidi e costanti. Ed è proprio questa transizione, dal laboratorio alla vita reale, a rappresentare una delle frontiere più stimolanti della ricerca attuale”.
Portare l’AI dalla teoria all’industria
Il percorso di Ugo Rosolia inizia a Catania, dove cresce fino ai 18 anni, per poi proseguire negli Stati Uniti, con un dottorato a Berkeley in robotica. Da lì, il suo cammino lo porta al Caltech, dove lavora su applicazioni spaziali, e successivamente ad Amazon, applicando gli algoritmi di intelligenza artificiale alla logistica su larga scala. Oggi è attivo in Lyric, in un ruolo che unisce ricerca avanzata e applicazione industriale.
Rosolia, nel suo intervento, ha messo in evidenza una delle sfide più rilevanti dell’AI contemporanea: la difficoltà di trasferire algoritmi sofisticati dal mondo accademico all’uso quotidiano in azienda. “Non basta che un modello funzioni bene in laboratorio; deve essere comprensibile, spiegabile e utilizzabile da centinaia o migliaia di persone. In questo senso, la trasparenza degli algoritmi diventa cruciale, soprattutto quando questi sistemi supportano decisioni operative o strategiche”, ha detto.
“Un altro nodo centrale è quello dei dati. L’industria dispone spesso di enormi quantità di informazioni, ma non sempre queste sono pulite, strutturate o pronte per essere utilizzate efficacemente – aggiunge -. A ciò si aggiunge il tema dei costi: l’uso intensivo di risorse computazionali, come il cloud, deve avere un ritorno economico concreto. Spendere milioni in infrastrutture per ottenere benefici marginali non è sostenibile, e questo impone un approccio pragmatico all’adozione dell’AI”.
Rosolia individua nei nuovi modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) una possibile risposta a molte di queste criticità, soprattutto sul piano dell’interazione uomo-macchina. Tuttavia, avverte, “l’innovazione tecnologica deve sempre confrontarsi con la realtà economica e organizzativa delle imprese”.
I keynote insieme con i docenti Concetto Spampinato, Giovanni Maria Farinella e Marco Viccaro
Efficienza, hardware e democratizzazione dell’AI
Pietro Mazzaglia, originario di Catania, ha costruito il proprio percorso accademico tra l’Università di Catania, Manchester e il Belgio, dove ha conseguito un dottorato a cavallo tra intelligenza artificiale e robotica. Oggi lavora ad Amsterdam per Qualcomm e iResearch, occupandosi dell’intersezione tra software e hardware.
Il cuore della sua ricerca riguarda l’efficienza dei modelli di AI: come renderli sufficientemente leggeri e ottimizzati da poter funzionare direttamente sui dispositivi, senza dipendere dal cloud. “Questo aspetto è particolarmente rilevante in ambiti come la robotica, dove la latenza, la privacy e l’affidabilità sono fattori critici – spiega -. Un robot che deve reagire in tempo reale non può permettersi di attendere una risposta da un server remoto”.
Mazzaglia ha evidenziato “come, sebbene i costi dell’hardware stiano progressivamente diminuendo, resti ancora molto oneroso l’allenamento dei grandi modelli di intelligenza artificiale, oggi appannaggio quasi esclusivo delle grandi aziende tecnologiche”. “La sfida futura sarà sviluppare modelli più piccoli e modulari, che possano essere allenati e personalizzati anche su computer locali o in laboratori di dimensioni ridotte – ha precisato -. Questa prospettiva apre la strada a una vera democratizzazione dell’AI, in cui non solo le multinazionali, ma anche università, startup e singoli ricercatori possano sperimentare, adattare e innovare”.
Agenti intelligenti e assistenza digitale
Pierluca D’Oro ha studiato a Catania, dove ha conseguito la laurea triennale in Ingegneria Informatica, per poi proseguire al Politecnico di Milano e completare il suo percorso con un dottorato a Montreal. Oggi vive a San Francisco ed è professore affiliato al Mila, collaborando anche con Meta.
La sua ricerca si concentra sugli agenti intelligenti e sull’apprendimento per rinforzo, una metodologia che permette ai sistemi di apprendere attraverso l’interazione con l’ambiente. In particolare, D’Oro lavora su agenti capaci di utilizzare dispositivi digitali per assistere le persone nello svolgimento di compiti complessi, semplificando l’esperienza d’uso della tecnologia.
Secondo D’Oro “se è vero che i robot fisici domestici richiederanno ancora tempo per diventare una presenza comune, l’assistenza digitale è già una realtà in rapida evoluzione”. “Gli agenti saranno sempre più capaci di comprendere il contesto, anticipare le esigenze dell’utente e rendere accessibili strumenti complessi anche a persone con difficoltà cognitive, fisiche o linguistiche – ha aggiunto -. L’AI, in questa visione, diventa un mediatore tra l’uomo e il mondo digitale, riducendo le barriere e ampliando le possibilità di partecipazione”.
Affidabilità, etica e aspettative realistiche
Alfio Gliozzo, nato e cresciuto a Catania, ha iniziato il suo percorso universitario in fisica per poi trasferirsi a Bologna e specializzarsi in intelligenza artificiale. Oggi lavora alla IBM Research di New York, in uno dei principali centri di ricerca industriale al mondo.
Il suo intervento si concentra sul tema dell’affidabilità dell’AI, un concetto spesso frainteso. Gliozzo sottolinea “come non esista un’affidabilità assoluta, né per le macchine né per gli esseri umani”. “La questione centrale è piuttosto definire cosa significhi “affidabile” in relazione a uno specifico contesto applicativo”, ha aggiunto.
“In ambiti regolati, come il credito o la finanza, l’AI deve rispettare requisiti legali ed etici stringenti, mentre in contesti più informali le aspettative possono essere diverse – ha detto -. Calibrare correttamente queste aspettative è fondamentale per evitare sia un rifiuto irrazionale della tecnologia sia un’adozione acritica”. Per Gliozzo “l’AI affidabile non è un traguardo statico, ma un processo continuo di valutazione, miglioramento e responsabilizzazione”.
Marco Siniscalchi, dell’Università di Palermo, nel suo intervento ha approfondito i temi legati al linguaggio e alla visione artificiale, due ambiti che stanno vivendo una crescita esponenziale grazie ai recenti progressi del machine learning. Il suo intervento si è inserito nel dialogo tra ricerca teorica e applicazioni concrete, mostrando come modelli sempre più sofisticati stiano cambiando il modo in cui le macchine interpretano testi, immagini e segnali complessi.

Un momento dell'incontro nell'auditorium della Città della Scienza
L’ecosistema delle startup: innovare restando connessi al territorio
Nel pomeriggio il focus si è spostato sull’ecosistema imprenditoriale con il founders’ panel Sicilian AI Startups, moderato dal sociologo dei media digitali Davide Bennato. Il panel ha affrontato un tema cruciale: cosa significa costruire prodotti basati sull’intelligenza artificiale, far crescere team, trovare mercato e scalare, mantenendo al tempo stesso un legame con il territorio.
Ad intervenire Emanuele Ragusa (Xenia Progetti), Michele Mazzamuto (Next Vision), Alessandro La Rosa (CreationDose), Alessio Occhipinti (Lualtek), Giambattista Pisasale (AITHO), Roberta Pellegrino (ludwig.guru) e Roberto Leotta (iCTLab s.r.l.). Le loro storie mostrano come sia possibile fare impresa innovativa partendo dalla Sicilia e competere su scala globale.
Dall’analisi del comportamento umano al trasferimento tecnologico
Michele Mazzamuto è uno dei volti più rappresentativi del trasferimento tecnologico nato all’interno dell’Università di Catania. Fondatore di Next Vision, spin-off accademico, Mazzamuto lavora su un tema cruciale per molte applicazioni contemporanee dell’intelligenza artificiale: la comprensione del comportamento umano attraverso l’analisi dello streaming video.
“Il cuore della tecnologia sviluppata da Next Vision è costituito da sistemi di visione artificiale che operano su flussi video acquisiti tramite caschetti indossabili dotati di telecamere – spiega -. Questi dispositivi consentono di osservare il mondo dal punto di vista dell’operatore, raccogliendo dati preziosi sul contesto, sulle azioni compiute e sulle potenziali situazioni di rischio. L’obiettivo non è solo descrittivo, ma fortemente predittivo: comprendere cosa una persona sta facendo e anticipare quale sarà la sua prossima azione”.
“Questa capacità apre scenari applicativi di grande impatto, soprattutto in ambito industriale e nella sicurezza sul lavoro – ha aggiunto -. Se un operatore si avvicina, ad esempio, a un pannello ad alto voltaggio o a una zona pericolosa, il sistema è in grado di generare un alert in tempo reale, prevenendo incidenti e comportamenti rischiosi. Allo stesso tempo, l’analisi delle sequenze di azioni permette di ottimizzare i processi, suggerendo percorsi più efficienti o individuando colli di bottiglia nelle procedure operative”.
Accanto alle applicazioni industriali, Next Vision ha sviluppato progetti di ricerca di grande respiro, collaborando con realtà nazionali e internazionali. Tra i lavori più significativi, Mazzamuto ha citato le attività di ricostruzione 3D di fondali marini, che hanno consentito di rendere esplorabili ambienti sottomarini complessi – come coste e arcipelaghi italiani – attraverso tecnologie immersive e visori indossabili. Un esempio concreto di come l’AI possa dialogare con il patrimonio naturale e culturale, aprendo nuove modalità di fruizione e studio.
Fondamentale per Mazzamuto è il ruolo dell’Università di Catania, in particolare del Dipartimento di Matematica e Informatica, che ha definito “un vero e proprio fiore all’occhiello a livello regionale e nazionale”. “La presenza di gruppi di ricerca capaci di collaborare con colossi come Meta, Amazon e Nvidia rappresenta un valore strategico non solo per la ricerca, ma anche per la nascita di imprese innovative – ci tiene a sottolineare -. Next Vision è il risultato diretto di questo ecosistema: un ambiente in cui la formazione triennale e magistrale, insieme all’attività di ricerca, accompagnano naturalmente gli studenti verso percorsi imprenditoriali ad alto contenuto tecnologico”.
Un momento dell'incontro
Fare impresa in AI partendo dalla Sicilia
La storia di Emanuele Ragusa di Xenia Progetti è quella di un’azienda che ha attraversato diverse fasi dell’innovazione tecnologica, adattandosi ai cambiamenti senza perdere il legame con il territorio. Fondata oltre 35 anni fa, Xenia nasce come realtà attiva nell’Information Technology e nella system integration, con l’obiettivo di costruire soluzioni tecnologiche su misura per i clienti industriali.
Nel corso degli anni, l’azienda ha ampliato il proprio raggio d’azione, integrando progressivamente anche soluzioni di intelligenza artificiale. Ragusa sottolinea come “l’AI non sia una magia né una tecnologia unica, ma un insieme di strumenti e metodologie che vanno comprese e applicate con attenzione”. “L’esplosione mediatica di strumenti come ChatGPT ha certamente aumentato la consapevolezza del pubblico e delle imprese, ma ha anche generato aspettative talvolta irrealistiche”, ha aggiunto.
Dal punto di vista imprenditoriale, Ragusa osserva una diffusa cautela: “le aziende sono interessate all’AI, ma vogliono capire concretamente cosa fa, come funziona e quali benefici reali può portare”. “Per questo Xenia continua a sviluppare soluzioni di intelligenza artificiale anche al di fuori dei modelli generativi più noti, lavorando su sistemi di analisi, automazione e supporto decisionale che rispondono a esigenze specifiche”, ha detto.
Un aspetto particolarmente significativo è la dimensione geografica dell’impresa. “Xenia opera non solo in Sicilia, ma in diverse regioni italiane, grazie a sedi operative distribuite sul territorio nazionale – ha detto -. Negli ultimi anni, inoltre, l’azienda ha avviato un percorso di espansione verso il Medio Oriente, in particolare negli Emirati Arabi Uniti e a Dubai. In questo contesto, l’intelligenza artificiale diventa un fattore abilitante per l’ingresso in nuovi mercati, offrendo soluzioni avanzate in ambiti industriali e infrastrutturali complessi”.
Ragusa in chiusura si è soffermato anche sull’evoluzione delle condizioni per fare impresa tecnologica in Sicilia: “Se trent’anni fa la distanza geografica rappresentava un ostacolo significativo, oggi la diffusione di internet, del lavoro da remoto e delle reti digitali ha ridotto drasticamente questo gap. Anzi, la Sicilia dispone di un patrimonio di competenze spesso sottovalutato, un vero e proprio “serbatoio di intelligenza” che merita di essere valorizzato”.
“La pandemia ha accelerato ulteriormente questo processo: molte multinazionali hanno iniziato a reclutare talenti senza vincoli geografici, e sempre più professionisti scelgono di lavorare da remoto rientrando in Sicilia – ha detto -. In questo scenario, l’Isola non è più marginale, ma può diventare un luogo strategico per lo sviluppo di tecnologie avanzate, a patto di superare una cultura della rassegnazione e credere maggiormente nelle proprie capacità”.
I poster in esposizione lungo la galleria della Città della Scienza
Università come nodo centrale della rete
Il Sicilian AI Workshop è anche un momento di riflessione sul ruolo dell’università. Gli organizzatori – Pierluca D’Oro, Pietro Mazzaglia, Giovanni Maria Farinella (UniCT & Next Vision) e Concetto Spampinato (UniCT) – incarnano essi stessi il legame tra formazione locale e carriere internazionali.
Per Giovanni Farinella, delegato del rettore all’Intelligenza artificiale al servizio della ricerca, l’evento rappresenta l’occasione “per riunire ex studenti affermatisi nel campo dell’AI e creare un network capace di generare collaborazioni internazionali”. “Un modo per offrire nuove opportunità agli studenti dell’Ateneo catanese, facilitando percorsi di formazione all’estero e, al tempo stesso, favorendo il trasferimento tecnologico attraverso spin-off come Next Vision”, ha detto.
A seguire Concetto Spampinato, delegato del rettore all’Intelligenza artificiale al servizio dell’innovazione, ha sottolineato “il ruolo centrale di Catania nella ricerca sull’intelligenza artificiale, testimoniato anche dalla partecipazione al progetto PNRR FAIR”. “Il valore dell’iniziativa sta nella continuità: una “catena di valore” che parte dalla Sicilia, si sviluppa nel mondo e torna indietro, rafforzandosi nel tempo – ha aggiunto -. L’obiettivo è rendere il network permanente, creando valore stabile per il territorio”.
Un momento dell'intervento di Concetto Spampinato
L’AI come infrastruttura trasversale del sapere
Per Marco Viccaro, delegato del rettore alla Ricerca per le scienze fisiche e ingegneria, il Sicilian AI Workshop rappresenta molto più di un singolo evento scientifico. “È, piuttosto, la fotografia di un processo in atto che riguarda l’intero Ateneo e, più in generale, il rapporto tra università, territorio e comunità scientifica internazionale”, ha detto.
Viccaro si è soffermato sulla prospettiva dichiaratamente interdisciplinare. Geologo di formazione, si definisce “profano” rispetto ai dettagli tecnici del machine learning, ma proprio per questo offre uno sguardo particolarmente significativo: quello di chi osserva l’intelligenza artificiale come una tecnologia abilitante, capace di attraversare e trasformare campi del sapere molto diversi tra loro.
“Nelle scienze della Terra, ad esempio, l’uso di tecniche di machine learning e di AI per la gestione e l’analisi di grandi moli di dati ha già prodotto cambiamenti sostanziali, migliorando le capacità di interpretazione dei fenomeni naturali e aprendo nuove prospettive applicative”, ha detto.
In questo ambito, il docente ha richiamato “l’importanza dell’AI per la mitigazione dei rischi naturali, dalla previsione di eventi estremi all’analisi dei dati geofisici e ambientali”. “Strumenti che non restano confinati alla ricerca teorica, ma che hanno un impatto diretto sulla sicurezza dei territori e delle comunità – ha aggiunto -. È solo uno degli esempi, sottolinea, di come l’intelligenza artificiale stia penetrando in una moltitudine di settori, spesso in modo silenzioso ma profondo”.
Allo stesso tempo, il delegato del rettore ha evidenziato l’altra faccia della medaglia. “Le potenzialità dell’AI sono enormi, ma proprio per questo richiedono una gestione attenta e responsabile – ha detto -. La rapidità con cui queste tecnologie si stanno diffondendo pone interrogativi etici, sociali e culturali che l’università non può eludere. Diffondere l’AI nella società significa accompagnarla con strumenti di comprensione, regolazione e consapevolezza, affinché non diventi fonte di nuove disuguaglianze o di usi distorti”.
Un momento dell'intervento di Marco Viccaro
“In questa prospettiva, il Sicilian AI Workshop assume un valore simbolico e strategico: riunire a Catania eccellenze che operano in Italia e nel mondo significa rafforzare il ruolo dell’Università di Catania come nodo centrale di una rete globale della conoscenza – ha detto in chiusura di intervento Viccaro -. È motivo di orgoglio vedere tornare in Sicilia tanti ricercatori e professionisti che si sono formati qui e che oggi contribuiscono allo sviluppo dell’intelligenza artificiale su scala internazionale”.
Un simbolico “bentornati a casa”, dunque, rivolto a una diaspora di competenze che trova in Catania un punto di riferimento stabile e riconosciuto.
Ricerca, creatività e futuro
Accanto ai talk, il workshop ha previsto due sessioni poster in presenza, pensate per dare visibilità a lavori di ricerca e progetti applicativi, favorendo il confronto diretto tra autori e partecipanti.
Tra i temi in vetrina il machine learning e la robotica, l’AI affidabile e le applicazioni mediterranee, il linguaggio e la visione artificiale. Tra i contributi anche i lavori del progetto europeo Future Artificial Intelligence Research, a cui l’Università di Catania ha preso parte.
La giornata si è chiusa con una mostra di arte digitale di Tiziana La Piana, integrata nel momento serale di incontro e networking. Un ponte simbolico e concreto tra ricerca, impresa e immaginari creativi, nello stesso luogo e nello stesso tempo.
L'installazione di Tiziana La Piana