Strategie sui flussi migratori, tra retorica e emergenza

Guido Nicolosi, sociologo di Unict, intervistato da L’Obs per analizzare le politiche del governo italiano in materia di accoglienza e le misure su ‘scafisti’ e Ong

Mariano Campo

Le politiche del nuovo governo italiano in maniera di immigrazione sono state al centro di due articoli che il settimanale francese L’Obs, nuova denominazione dello storico periodico “Le Nouvel Observateur”, ha pubblicato nei giorni scorsi, a firma di Raphael Jacomini, nella versione in edicola e in quella on line.

Entrambe le pubblicazioni, incentrate sulle problematiche dovute alla crescita dei flussi migratori fra le coste tunisine e italiane e sulle misure adottate dall’esecutivo guidato dalla premier Giorgia Meloni, riportano alcune riflessioni del prof. Guido Nicolosi, associato di Sociologia dei processi culturali e comunicativi nel dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Catania, e presidente del corso di laurea magistrale in Sociologia delle reti, dell'informazione e dell'innovazione.

Nell’articolo pubblicato nell’edizione in edicola questa settimana, intitolato Giorgia Meloni alla prova della realtà, il prof. Nicolosi è chiamato a commentare, insieme a Christophe Bouillaud dell’Università di Grenoble e a Jean-Pierre Darnis dell’Università della Côte d’Azur le dichiarazioni programmatiche del governo di centrodestra sulle misure da adottare (blocco navale per impedire gli sbarchi e costruzione di hot spot di registrazione dei migranti sulle coste nord-africane) a fronte delle azioni effettivamente intraprese per fronteggiare l’aumento del flusso migratorio (51 mila migranti dall’inizio dell’anno contro i 20 mila del 2022, nello stesso periodo, secondo stime Unhcr), quali il recente decreto che intende limitare l’accesso nel nostro Paese a migranti che non hanno lo status di rifugiato ma sono esposte comunque a rischi umanitari, allargando però il novero dei Paesi considerati “sicuri”, in modo da ridurre le possibilità d’asilo dei rifugiati da questi paesi. 

La versione online di L'OBS

La versione online di L'OBS

Il provvedimento inasprisce le pene per gli scafisti, fino a trent’anni di prigione, e limita il raggio d’azione degli interventi di salvataggio da parte delle Ong. 

La presidente Meloni ha, inoltre, dichiarato ad aprile lo stato di emergenza migratoria per sei mesi, probabilmente per sbloccare dei fondi e distribuire risorse logistiche più rapidamente. 

L’autore dell’articolo riconosce comunque che l’Italia – storicamente un Paese di forte emigrazione, oggi invece il primo approdo dei contingenti di disperati provenienti da Africa e Asia – finora è stata lasciata praticamente sola a gestire l’emergenza sbarchi, nonostante le continue richieste agli altri Paesi membri dell’Unione e rende conto di un recente provvedimento di riforma della politica migratoria adottato dai ministri europei dell’Interno: una volta in vigore, gli stati membri saranno tenuti ad accogliere i richiedenti asilo arrivati in un paese dell’Unione europea soggetto a pressione migratoria (30 mila per anno) o, altrimenti, a fornire un proprio contributo finanziario pari a 20 mila euro per ogni rifugiato non ricollocato.

Il secondo articolo, pubblicato il 12 giugno nella versione on line de L’Obs, s’intitola Italia: non c’è stata una vera rottura nella politica migratoria, prende spunto dagli stessi dati sull’incremento dei flussi migratori, superiore al 150% rispetto al 2022, e coinvolge nella riflessione il prof. Nicolosi, che attualmente sta realizzando una ricerca sulle catastrofi in mare, a dieci anni di distanza dai 366 morti del naufragio di Lampedusa, avvenuto il 3 ottobre 2013.

«Il blocco navale paventato dal governo – osserva il sociologo catanese – è un’operazione quasi impossibile da realizzare, si è rivelato soltanto un annuncio elettoralistico. Per quanto riguarda gli hot spots sulle coste nordafricane, l’iniziativa era già stata sviluppata con la Libia dal governo Gentiloni, ma l’esternalizzazione delle frontiere europee è il risultato di una strategia di lungo termine realizzata a livello italiano ed europeo».

«La sola azione riconoscibile sembra essere il contrasto alle missioni umanitarie navali delle Ong, che dovranno limitarsi a una sola operazione di salvataggio per volta e rientrare a porti d’approdo lontani dalle zone di maggiore operatività - continua il docente catanese -. E’ una misura altamente simbolica, per il governo, ma in realtà non c’è stata una vera e propria rottura con strategie che erano state già elaborate a partire dal 2017. La linea italiana, ma anche europea, è già da almeno vent’anni quella di una chiusura delle porte». 

«In mezzo - ricorda Nicolosi - ci sono le tragedie di Lampedusa e quella di Cutro, che dovrebbero costringerci a rivedere il nostro modo di immaginare e intendere l’accoglienza dei migranti».

Il docente Guido Nicolosi

Il docente Guido Nicolosi

Forte, secondo l’Istituto Piepoli, di un indice di gradimento pari al 48% degli italiani, la rottura della presidente Meloni, secondo il prof. Nicolosi, «è soprattutto tangibile nel tono dei discorsi, marcatamente "ostentatori", riguardanti le misure di politica migratoria».

Per lo studioso «molti dei governi procedenti "edulcoravano" le loro dichiarazioni su questo fronte, nascondendo le loro reali intenzioni».

Nell’intervista, il prof. Nicolosi esprime il proprio punto di vista anche su altre caratteristiche della politica meloniana, che "sposa" argomentazioni europee e della Nato per quanto riguarda i versanti economici e difensivi, nonostante sia stata spesso additata come "antieuropeista".

«Non così, invece, quando si rivolge agli italiani, rimettendo in discussione diritti umani, di donne e migranti: a mio avviso – aggiunge il docente – il suo appare come un governo tecno-populista che mescola ortodossia economica e attacco ai diritti fondamentali. Ma sono convinto che lei avrà la possibilità di governare ancora a lungo, soprattutto se la sinistra italiana continuerà a dimostrarsi debole e incapace di presentare un’offerta elettorale davvero alternativa e popolare».