Sulle tracce di Hammurabi

Nuove scoperte a Tell Muhammad nel corso della missione archeologica in Iraq dei ricercatori Unict. Il racconto di Nicola Laneri, direttore di Baghdad Urban Archaeological Project

Nicola Laneri
Un'immagine di Tell Muhammad
La veduta aerea del sistema di fortificazione e edifici annessi
Una scala riportata alla luce durante lo scavo
Il team di Unict
La camera funeraria con urne e altare per il culto degli antenati
Il dettaglio di una urna funeraria
Il foto del bagno d'epoca Paleo-babilonese
La canaletta della fogna con tubazione in terracotta
Reperti riportati alla luce nel corso degli scavi
Un'urna funeraria
Reperti riportati alla luce nel corso degli scavi
Reperti riportati alla luce nel corso degli scavi

Dopo due mesi di intense attività di ricerca si è conclusa la seconda campagna di scavo a Tell Muhammad a Baghdad della missione archeologica in Iraq dell’Università di Catania.

La missione Baghdad Urban Archaeological Project, diretta dall'Università di Catania, tramite il Dipartimento di Scienze umanistiche, con l'importante contributo del Ministero degli Affari Esteri e della cooperazione Internazionale, ha confermato i preziosi indizi emersi durante la stagione precedente e cioè che la città fu fondata all’inizio dell’epoca Paelo-babilonese (età di Hammurabi) per essere poi abbandonata circa 250 anni dopo in corrispondenza della cosiddetta Caduta di Babilonia (1595 a.C.) da parte del sovrano Ittita Mursili I, come del resto evidenziato dai testi storici di Tell Muhammad, la cui straordinaria scoperta risale agli anni ’80.

In particolare, gli scavi si sono focalizzati sul far emergere il complesso sistema di fortificazioni e di gestione delle acque che segnava il versante nord-orientale della città. Qui è stato scavato per circa 40 metri il muro di cinta che delimitava un canale o, addirittura, un porto fluviale rivolto verso il fiume Tigri. 

La porta apriva verso un sistema di ingresso che prevedeva una scala che conduceva ad una ampia terrazza soprelevata con annesso torrione e un canale che faceva parte dell’intricato sistema di fognatura della città. In particolare, il canale fognario era caratterizzato da un sistema di contrafforti interni e di tubazioni in terracotta che favorivano e velocizzavano il deflusso delle acque reflue. Alla sommità della scala si trovava un torrione e, all’interno dello spiazzale esterno, era posizionata una cisterna per la raccolta dell’acqua che in una fase successiva venne trasformata in fossa di scarico.

Un reperto ritrovato nel corso degli scavi

Un reperto ritrovato nel corso degli scavi

Negli spazi interni alla cinta muraria sono anche stati scoperti edifici legati alla lavorazione dei cereali e alla panificazione, oltre che dei forni che avevano anche la funzione di liquefare il bitume, fondamentale per l’impermeabilizzazione dei vasi e dei luoghi legati alla gestione dell’acqua. Straordinaria la scoperta di un bagno con foro e latrina sottostante e di uno spazio sacro con altare e tombe dedicato al culto degli antenati (in Babilonese kispum) attestato nei contemporanei testi in cuneiforme. 

Anche gli oggetti scoperti durante questa seconda campagna di scavo sono di fondamentale importanza perché, insieme alle forme ceramiche tipiche dell’epoca Paleo-babilonese, sono stati trovati tre preziosi sigilli cilindrici con funzione amministrativa che presentano iconografie e iscrizioni tipiche di questa epoca. Insieme a questi sigilli, sono state scoperte placchette votive in terracotta con iconografie femminili, modellini di letti legati al matrimonio sacro e figurine di musici tutti elementi tipici della tradizione babilonese della prima metà del II millennio a.C.

Le attività di ricerca hanno registrato il diretto coinvolgimento di studenti dei corsi di triennale e magistrale e allievi Aurora Borgesi, Lucrezia Bellofiore, Antonio Maggiore della Scuola di Specializzazione in Archeologia dell’Università di Catania, Rachele Mammana e Alice Mendola dell’Università di Roma La Sapienza, Sergio Russo e Megan Hinks dell’Università di Cambridge e Muhammad Muwaffaq, Falah Ayoub, Elham Shaker Jawad, archeologi dello State Board of Antiquities e Heritage.

La fine della campagna di scavo è stata caratterizzata dalla visita del Ministro della Cultura dell’Iraq, Ahmed Fakak, dal direttore dello SBAH, Laith Hussein, dall’ambasciatore italiano Maurizio Greganti e dall’ambasciatrice dell’Australia, Paula Ganly, che hanno apprezzato la straordinarietà delle scoperte di una delle poche città mesopotamiche che testimoniano le incredibili capacità ingegneristiche degli antichi babilonesi legate ai sovrani della I dinastia di Babilonia e, in particolare, ad Hammurabi.     

Un momento della visita del ministro Ahmed Fakak e degli ambasciatori Maurizio Greganti e Paula Ganly

Un momento della visita del ministro Ahmed Fakak e degli ambasciatori Maurizio Greganti e Paula Ganly