Testimoni oltre il buio: intimismo e universalità

Al Piccolo Teatro della Città lo spettacolo scritto e diretto dall’avvocata, drammaturga e attrice Francesca Vitale

Marta Bertuna (foto di Dino Stornello)
Un momento dello spettacolo
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Al Piccolo Teatro della Città è andato in scena Testimoni oltre il buio scritto e diretto dall’avvocata, drammaturga e attrice Francesca Vitale

Lo spettacolo è ispirato al libro di Kerry KennedySpeak Truth to Power e tiene conto anche del testo teatrale di Ariel DorfmanCoraggio senza confini. Voci oltre il buio. Il progetto nasce in origine a Milano grazie al contributo del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati della città, che promuove e sostiene la prima edizione nel 2015. 

Nell’ampiezza e nella complessità del tema dei diritti umani, lo scopo della prima versione è quello di darne una lettura giuridica inserita in un contesto artistico-teatrale, coadiuvato da immagini eloquenti di sottofondo. Nel 2024 il lavoro torna in scena a Catania, operazione culturale quanto mai oggi necessaria in seguito allo scoppio di nuove guerre fratricide che affliggono il mondo. 

Stavolta il timone d’orientamento registico, sotto la supervisione di Francesca Vitale, passa in mano a studenti magistrali del corso di Drammaturgia dell’Università di Catania condotto dalla prof.ssa Simona Scattina, chiamati a misurarsi con il lavoro sul campo della messa in scena di uno spettacolo. Testimoni oltre il buio assume dunque un valore formativo-didattico in senso orizzontale, prodotto e offerto a cittadini consapevoli del domani.

«A ogni gruppo di lavoro è stato assegnato un tema, secondo la sequenza delle testimonianze già presentate nel precedente allestimento di Francesca. Io personalmente ho scelto l’olocausto perché è un tema a me caro» - dice Giovita Piccillo, una delle studentesse (nonché medico) coinvolta nel progetto – «allo stesso modo avendo più volte visitato e fatto lì volontariato e potendo aggiungere la mia competenza professionale, oltre che la mia sensibilità di donna, ho accolto volentieri insieme al mio gruppo il tema delle mutilazioni genitali». 

Un momento dello spettacolo

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Allo stesso modo Elena Favara, altra studentessa impegnata nel lavoro di adattamento, ha optato insieme al suo team per l’ambiente, questione della cui urgenza si cerca di sensibilizzare la collettività, con formule dialettiche distanti dalla retorica mediatica.

Le figure scelte in rappresentanza dei macro-temi affrontati (Elie Wiesel per genocidio, Fauziya Kassindja per mutilazioni genitali, l’attivista Wangari Maathai per l’ambiente) e presi in esame dalle due studentesse intervistate, così come gli altri personaggi selezionati e affrontati dagli altri studenti (Dianna Ortiz, tortura, Kailash Satyarthi, schiavitù minorile), hanno condotto tutte, nelle rispettive aree di competenza, esperienze personali forti e segnanti che hanno permesso di dare alle loro opere un’impronta di autenticità e autobiografismo. 

Sul piano dell’attualità giovanile si muove anche con un certo vigore il tema della disabilità mentale, di cui è portavoce Gabor Gombos, strettamente legato a dinamiche di bullismo ed emarginazione nelle arene sociali.

Per tutti i casi-studio presi in carico dagli studenti, si è optato per una fedeltà al testo originale, nel rispetto dei tempi della pièce; ad esso tuttavia si accompagnano note integrative di modernità, sul piano della composizione scenografica, mantenuta essenziale, ma interattiva ed efficace.

Lo spettacolo, suddiviso in blocchi tematici, è incentrato su riflessioni intime e strazianti che si sostituiscono a informazioni cronachistiche, spesso parziali e incomplete, incapaci di restituire l’atrocità delle violenze, e l’urgenza di urlarne l’interruzione.

La parola, silenziosa e tagliente al contempo, è accompagnata da supporti video e musiche dalle sonorità suggestive, suggerite e curate dagli studenti stessi, in cui l’immagine della crudezza si accompagna ad elementi naturali, simbolo e veicolo di speranza; in tal senso l’invito a «essere tutti colibrì» (mostrato nel video di chiusura inerente alla lotta di Wangari Maathai per la tutela ambientale) è un monito-inno alla forza della solidarietà e della coesione degli esseri umani tutti, dinanzi al diritto e al sentire universale.

Un momento dello spettacolo

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