Turismo archeologico, cultura e enologia

Accordo tra Unict e Cantine Firriato per un modello virtuoso di ricerca e valorizzazione

Veduta della tenuta Cavanera di Firriato
Particolare della Cantina dell’Azienda Firriato
Veduta della tenuta Cavanera di Firriato
Particolare della tenuta Cavanera di Firriato
Veduta aerea dell’officina di produzione ceramica di Acquafredda/Imbischi
La prof.ssa Eleonora Pappalardo sullo scavo
Momenti di attività in laboratorio. I dott. Livio Idà ed Emanuele Vaccaro ricostruiscono una delle anfore vinarie provenienti dallo scavo

Oggi siamo soliti parlare di turismi, al plurale, poiché lo sviluppo di un mercato più esigente ha avuto come principale conseguenza una maggiore attenzione a quegli aspetti della società che pertengono alla sfera della cultura e del comportamento sostenibile.

Turismi, dunque, e non turismo: modelli di mobilità diversi e diversificati che rispondono ad una molteplicità di domande tarate su specifiche tipologie di viaggiatori oggi molto più esigenti, attenti alla qualità dell’offerta, desiderosi di immergersi totalmente nel contesto della meta per coglierne quegli elementi tangibili e intangibili che connotano i territori, esito di secoli, se non millenni, di stratificazioni culturali.

“Tra i numerosi turismi che oggi compongono l’offerta a livello globale, il turismo archeologico è senz’altro una branca particolarmente interessante, in rapida crescita negli ultimi vent’anni e di difficile progettazione – spiega la prof.ssa Eleonora Pappalardo, docente di archeologia del Dipartimento di Scienze della formazione e referente della convenzione per l’Università di Catania -. Turismo e cultura, infatti, costituiscono una sorta di diade spesso di ardua conciliazione poiché coinvolta in dinamiche edificate su categorie divergenti, come il concetto di “valore”: il valore della cultura e il valore del turismo hanno significati strutturalmente diversi e il loro allineamento nel contesto della creazione di un’offerta risulta spesso difficile”.

Momenti dello scavo dell’officina

Momenti dello scavo dell’officina

Il sanamento di questa dicotomia - turismo e cultura - è l’esito di un progetto virtuoso appena definito grazie ad un protocollo di intesa siglato tra l’Università di Catania e l’Azienda Firriato, storica realtà enologica siciliana, per tramite del Dipartimento di Scienze della Formazione, finalizzato alla collaborazione per attività di ricerca e promozione turistica del territorio.

L’intesa ha come spunto lo scavo archeologico in contrada Acquafredda/Imbischi condotto in sinergia tra l’Università di Catania e la Soprintendenza ai Beni culturali e archeologici che ha portato alla luce un’officina per la produzione ceramica datata alla seconda metà del IV secolo a.C. e che insiste su uno dei terreni di proprietà dell’azienda. A dirigere i lavori la prof.ssa Eleonora Pappalardo per Unict e la dott.ssa Angela Merendino per la Soprintendenza.

“Quello che inizialmente poteva sembrare un ostacolo da sanare si è trasformato in una straordinaria opportunità – ha aggiunto la prof.ssa Pappalardo -. Da diversi anni, infatti, al Disfor, con i corsi di laurea triennale in Scienze del turismo e magistrale in Progettazione del turismo sostenibile culturale e naturalistico, abbiamo intrapreso una strada precisa, finalizzata ad allineare l’attività di ricerca archeologica dei docenti afferenti al Disfor all’offerta formativa erogata nell’ambito dei corsi di laurea in turismo convinti della necessità di un dialogo tra pubblico e privato e dell’efficacia di un’azione coordinata, in cui università e territorio interagiscano in modo integrato in un sistema interconnesso fatto di competenze e obiettivi comuni”.

Tale dialogo aveva già avuto inizio nel 2022 con l’amministrazione comunale di Castiglione di Sicilia che, da allora, collabora allo svolgimento della ricerca archeologica mettendo a disposizione il Centro Espositivo che, nel periodo dello scavo, è adibito a laboratorio per lo studio e la documentazione del materiale ceramico, favorendo e agevolando non poco il lavoro degli archeologi.

Momenti del rilevamento della fornace (in foto il dott. Livio Idà, assegnista DISFOR)

Momenti del rilevamento della fornace (in foto il dott. Livio Idà, assegnista Disfor)

Firriato, attiva dal 1978, è tra le aziende più rappresentative della Sicilia del vino di qualità, capace di unire visione imprenditoriale, custodia del paesaggio e sostenibilità certificata. In questo accordo, l’azienda si è impegnata non solo a sostenere le attività di scavo, ma anche a promuovere la creazione di un percorso esperienziale integrato all’interno della propria tenuta, dove archeologia, natura e vino dialogano in modo armonico e innovativo.

“Siamo convinti che la tutela del paesaggio culturale non rappresenti un vincolo, ma una risorsa – dichiara Irene Di Gaetano, amministratore e responsabile dei progetti culturali di Firriato –. L’identità del nostro vino nasce anche da ciò che lo circonda: la stratificazione del tempo, la relazione con la terra, la consapevolezza del passato. Per noi l’archeologia non è solo testimonianza, ma un elemento attivo nella narrazione del nostro territorio”.

L’accordo siglato prevede una collaborazione virtuosa che punti, da un lato, al completamento delle indagini archeologiche, dall’altro alla restituzione alla comunità di quanto emerso dallo scavo attraverso l’applicazione di un modello innovativo di valorizzazione in cui Università, Soprintendenza e Cantine Firriato concorrono in egual misura al raggiungimento degli obiettivi prefissati.

La Firriato, come accennato, si è proposta di contribuire attivamente allo svolgimento delle ricerche archeologiche e alla realizzazione di un sistema di fruizione integrato, che preveda un itinerario culturale e naturalistico all’interno della proprietà in cui archeologia, natura e cultura del vino si mescolano in un percorso esclusivo ed esperienziale che permetta al visitatore di immergersi totalmente nel contesto.

Gli studenti del Dsgba guidati dal prof. Giorgio de Guidi intervengono sullo scavo per il rilevamento con laser scanner

Gli studenti del Dsgba guidati dal prof. Giorgio de Guidi intervengono sullo scavo per il rilevamento con laser scanner

Il sito archeologico, infatti, come detto, ha restituito un’intera officina per la produzione ceramica all’interno della quale spicca una consistente quantità di anfore vinarie e vasi potori, a testimonianza della continuità della vocazione vitivinicola di quella zona. Insomma, un percorso straordinario che punta a raccontare la storia del vino e dell’uomo, del suo estro creativo, del saper fare e del sapersi adattare all’ambiente sfruttandone le risorse.

Un viaggio di 2500 anni, dal vino dei Greci a quello contemporaneo, grazie al supporto consapevole di un’azienda illuminata, che vede nella ricerca archeologica non un rallentamento alla propria economia, ma un’opportunità, un’occasione per ritagliare nuovi spazi in un mercato spesso saturo e, al contempo, uno strumento per offrire un prodotto nuovo, di qualità, in grado di soddisfare le aspettative di visitatori consapevoli ed esigenti, desiderosi di arricchire il proprio viaggio di un’esperienza immersiva nella cultura della destinazione.

Si tratta di una good practice, un esperimento di cooperazione pubblico/privato che potrebbe aprire le porte a nuovi modi di fare ricerca e formazione.

“La Firriato, inoltre, è entrata a far parte del comitato di indirizzo del corso di laurea magistrale in Progettazione del turismo sostenibile culturale e naturalistico – spiega la prof.ssa Eleonora Pappalardo -. Di conseguenza si proporrà come sede in cui i nostri studenti potranno svolgere la loro esperienza di stage e tirocinio e, al contempo, concorrerà attivamente, insieme agli altri stakeholder, a garantire un costante aggiornamento e adeguamento dell’offerta formativa alla domanda del mercato del lavoro”.

8.	I due team UNICT (DISFOR E DSBGA)

I team del Disfor e del Dsgba di Unict

“Un sistema integrato da manuale, dunque, che vede ricerca, formazione, avvicinamento al mondo del lavoro e promozionedel territorio come parti di un’azione unica. Un concorso verso obiettivi comuni in un sistema circolare di miglioramento e implementazione continua, sulla scia di quanto previsto dalla Convenzione Faro che, com’è noto, estende il concetto di patrimonio culturale anche a tutti gli aspetti dell’ambiente che sono il risultato dell’interazione nel corso del tempo fra le popolazioni e i luoghi, così come recita l’articolo 2”, precisa la prof.ssa Eleonora Pappalardo.

La Convenzione pone l’accento sugli elementi relativi alla tutela del patrimonio stesso, ma al contempo sottolinea l’importanza della sua protezione e della sua conoscenza non solo in quanto testimone di memoria storica, ma in quanto risorsa per la crescita culturale e socioeconomica del territorio.

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