Tutte le ‘facce’ della Terza missione universitaria

Il rettore dello IUSS di Pavia Riccardo Pietrabissa: «Promuovere azioni che aumentino l’impatto sulla società delle attività di didattica e ricerca dal punto di vista economico e socio-culturale»

Mariano Campo

«In un’accezione semplicistica, terza missione dell’Università sono tutte quelle azioni non riconducibili alla didattica o alla ricerca, ossia le prime due attività istituzionalmente consolidate degli atenei. Ciò che è ‘Terza missione’ si ricava quasi per esclusione, attenendosi alla nomenclatura introdotta dall’Anvur qualche anno fa, e tanti e diversi sono i modi di intenderla e definirla, avendo strettamente a che fare con l’interazione tra le università e la società».

Riccardo Pietrabissa, rettore della Scuola universitaria superiore Iuss di Pavia, vicepresidente del consiglio scientifico del Cnr, tra i fondatori del Network per la valorizzazione della ricerca universitaria (Netval) che ha guidato dal 2007 al 2013, ha cercato di rispondere alla provocatoria domanda Esiste una terza missione per l’Università?, scelta come filo conduttore dell’incontro che si è tenuto martedì scorso nell’aula magna del Palazzo centrale, su iniziativa dell’Area Terza Missione dell’Università di Catania.

«Rientra sicuramente in quest’ambito il problema di aumentare l’impatto industriale della ricerca scientifica che viene prodotta in Europa – ha premesso il rettore Francesco Priolo, introducendo il relatore -, a differenza di quanto avviene ad esempio negli Usa o in Asia. Soprattutto in Oriente sono bravissimi a immettere sui mercati applicazioni provenienti dalla ricerca, nel nostro Continente, pur avendo ricerca di altissima qualità non siamo altrettanto competitivi».

Il rettore dello IUSS di Pavia Riccardo Pietrabissa

Il rettore dello Iuss di Pavia Riccardo Pietrabissa

L’impatto industriale è certamente uno degli ‘impatti sulla società’ auspicati, altri devono essere più accuratamente individuati e misurati. «Da un punto di vista rigoroso – ha spiegato Pietrabissa -, già svolgendo le proprie missioni di ricerca e alta formazione, le università riescono a rispondere a un bisogno e a creare un valore, a beneficio di studenti, famiglie, comunità scientifica. Ma occorre imparare a considerare ‘stakeholder’ anche le istituzioni, le imprese, il territorio e i cittadini, scegliendo a monte, per rafforzare la connotazione identitaria dell’ateneo, quale valore e impatto si vogliano avere nei loro confronti».

Il rettore dello Iuss ha poi citato diversi criteri possibili per analizzare il contributo della ricerca e della sua valorizzazione come elementi cruciali nelle politiche universitarie, fortemente attinenti all’autonomia, alla responsabilità, al ruolo, al sostegno economico, alla capacità di progettare il futuro. «Gli atenei devono riuscire a selezionare la ricerca che producono, trasformarla, per integrazione di discipline, e trasferirla alla società – ha aggiunto – ponendosi come obiettivo quello di migliorare la qualità della vita delle persone, favorendo l’accesso diffuso tanto alle tecnologie quanto ai beni primari».

Un avvertimento finale: «In un mondo così iperconnesso, nel quale è estremamente facile accedere alle informazioni e alla stessa conoscenza – ha spronato il prof. Pietrabissa – l’università deve insegnare a selezionare quelle non indispensabili e a scartarle: alla fine, il vero valore dell’insegnamento non è la nozione, ma il metodo, ossia quanto ci lasciano i maestri».