Un destino imprevedibile: da Wattpad al cartaceo e da "Leader" a "Blu come il mare"

In occasione dell’uscita del suo secondo romanzo, Aurora Pinelli, laureata all’Università di Catania, si racconta a UnictMagazine

Elisabetta Maria Teresa Santonocito (foto di Giuliana Romano)

Aurora Pinelli non ha sempre sognato di diventare scrittrice, anzi, da bambina, desiderava dipingere. Adesso, dopo aver pubblicato il suo secondo romanzo, Blu come il mare, non potrebbe immaginare una vita senza la scrittura.

La ragazzina di tredici anni che, durante le scuole medie, si era avvicinata alla lettura e, poi, per gioco alla scrittura su Wattpad ha lasciato il posto a una giovane donna più matura, consapevole di sé stessa e delle proprie capacità.

Ma, Aurora non dimentica i suoi inizi, quando, ancora incerta, ha cominciato a sperimentare e condividere i suoi primi racconti online: le sue storie sono state molto apprezzate e attorno a lei si è creata una community affettuosa che, dopo più di dieci anni, continua ancora a sostenerla. Tra suggerimenti e riscritture, ha preso forma anche la storia di Simone e Fabrizio, una delle storie più amate di Wattpad, destinata a oltrepassare i limiti della piattaforma e diventare reale, anzi ‘di carta’.

Leader, il primo romanzo di Aurora Pinelli, esce in edizione cartacea – pubblicato da Pubme, collana Over the rainbow – nel 2023, qualche mese prima di essere proclamata dottoressa in Lettere moderne all’Università di Catania. A distanza solo di un paio d’anni dalla pubblicazione di Leader, Aurora ritorna con Blu come il mare, questa volta edito dalla casa editrice Scatole Parlanti. Come i suoi protagonisti, anche Aurora è cresciuta e i suoi studi e le sue passioni riaffiorano in questa nuova interessante prova d’autrice.

Durante la presentazione in anteprima di Blu come il mare, abbiamo incontrato Aurora e, insieme a lei, abbiamo ripercorso le varie tappe che l’hanno portata dalla scrittura online e dalla community di Wattpad al cartaceo e da Leader a Blu come il mare.

Blu come il mare

Alcune copie del libro "Blu come il mare"

Per cominciare questo viaggio alla scoperta del tuo mondo, vorrei partire dalla domanda: chi è Aurora?

Vedo che hai deciso di iniziare con la domanda più difficile. Chi è Aurora? Direi che Aurora è una persona che ama ascoltare. Ascolterebbe tutti, per ore, parlando di qualunque cosa. Aurora ama anche parlare, ma riesce a farlo solo con poche, pochissime persone. E quando inizia, non smette più.

Questa tua abitudine, rimanere in ascolto, in che modo pensi si leghi alla scrittura? In qualche modo la genera? E cosa rappresenta per te la scrittura?

La scrittura è il modo in cui riesco ad esternare quello che assorbo da ciò che mi circonda: storie, persone, luoghi, emozioni. Ascolto e osservo, lo trattengo fino a farlo mio e, poi, lo rigetto fuori sotto forma di storie e personaggi, perché è più facile scrivere di altri volti che parlare ad alta voce di me stessa.

La vita e le esperienze quotidiane, dunque, nutrono la tua scrittura? Cos’altro ti ispira?

Vorrei risponderti che nelle mie storie non c’è la vita vera, che eventi e personaggi sono del tutto inventati, ma sì, si nutrono anche di questa. A me sembra di usare la fantasia, però chi mi conosce e mi legge ritrova un dettaglio di sé. La parte ‘inventata’ viene molto dalla musica, dalle storie raccontate attraverso le canzoni o altri prodotti artistici. La mia scrittura è un bel mix di realtà, finzione, verosimiglianza e trasfigurazione.

La prima volta che esponi la tua scrittura a un pubblico è quando inizi a pubblicare su Wattpad. Perché proprio questa piattaforma per iniziare a far conoscere il tuo mondo? Come l’hai scoperta?

Avevo tredici anni e avevo scoperto da poco la mia passione per la lettura. Avevo scaricato Wattpad per questo, poi, ho iniziato a scriverci per gioco. Non è stata una scelta consapevole. Da piccola, volevo fare la pittrice, ma avevo sbagliato arte, perché non so disegnare. Al contrario, più scrivevo, più la scrittura per me diventava importante. Ed è stato Wattpad a farmelo scoprire.

Così ti sei unita alla community di Wattpad e hai cominciato a condividere le tue storie. Leader è una di queste. Come sei passata dalla versione online all'edizione cartacea? E cosa ha significato stringere finalmente Leader tra le mani?

Proprio come la scrittura, anche Leader è stata una tappa della mia vita che non avevo previsto. Lo consideravo da meno rispetto alle altre storie che stavo curando o avrei voluto curare. Mi serviva solo come valvola di sfogo per giocare un po’ con la scrittura e con certi stereotipi. Non avrei mai scommesso su questo romanzo e oggi me ne dispiaccio. Se avessi visto prima il suo potenziale, avrei gestito diversamente alcune dinamiche. È stata la casa editrice a contattarmi su Wattpad ed è stato così inaspettato che ho subito pensato a una fregatura. Invece, dopo mesi di lavoro, ho davvero avuto il mio primo romanzo tra le mani: mi ha aiutata a credere di più nelle mie capacità e mi ha fatto capire che potevo davvero realizzare i miei sogni.

Puoi raccontarci meglio dell’incontro con la casa editrice e quali sono state le fasi che avete attraversato insieme per arrivare alla pubblicazione?

Come accennavo prima, sono stati loro a contattarmi su Wattpad perché erano interessati al mio testo. Leader stava riscuotendo un discreto successo sulla piattaforma, che per me era già qualcosa di fenomenale. Dopo aver inviato il testo per la valutazione, ho atteso un mesetto per ricevere la risposta positiva della casa editrice. Nei mesi successivi ci siamo dedicati a editing, correzione di bozze, scelta della copertina e caccia al refuso. Anche da questo lavoro ho imparato tanto sulla mia scrittura e mi ritengo fortunata ad aver avuto accanto un team fantastico, che ancora oggi ringrazio.

Ci sono stati, durante questo processo, dei momenti di crisi o che ti hanno messo particolarmente alla prova? Se sì, quali e come li hai affrontati?

Momenti di crisi per fortuna no, solo un piccolo scherzo da parte dei ragazzi della casa editrice: ho passato un brutto quarto d’ora quando mi hanno detto che la pubblicazione sarebbe slittata di mesi per un problema grafico.

Nel 2023, finalmente esce Leader. Cosa cambia rispetto alla versione online? È Leader2.0, un lavoro più maturo, più consapevole?

Mi piacerebbe rispondere che sì, in fase di editing ho stravolto tutto e riscritto Leader per renderlo un ‘capolavoro’. In realtà, anche in vista della pubblicazione, ho tenuto fede alla versione originale e ne sono felice. Sono affezionata a Leader esattamente così com’è perché segna in modo autentico una tappa cruciale del mio percorso come scrittrice.

Se dovessi definire Leader in tre parole, queste sarebbero queer, sport e romance. Sei d'accordo?

Assolutamente sì, con queste tre parole sei andata dritta al cuore del romanzo!

Che significato attribuisci a ciascuna? Partiamo dal termine ‘queer’.

‘Queer’ è un concetto importantissimo, un termine ombrello che racchiude le diverse sfumature del nostro modo di essere e di vivere – sì, anche di chi è etero – e che volevo rappresentare in questo romanzo.

Per quanto riguarda, invece, lo sport?

Sullo sport ho poco da dire, non ne sono mai stata una grande amante, ma mi piaceva l’idea che Simone e Fabrizio avessero una passione in comune e che questa non li rendesse rivali, ma compagni.

Il basket è uno sport conosciuto maggiormente negli Stati Uniti, mentre qui si rivolge più a una nicchia. Perché hai scelto proprio questo sport come cornice del tuo romanzo e della storia di Simone e Fabrizio?

L’ho scelto proprio perché è uno sport di nicchia. Non ho mai amato il calcio e al liceo avevamo una squadra di pallavolo – di cui ovviamente non facevo parte – quindi volevo optare per qualcosa di diverso.

La terza parola chiave era ‘romance’.

‘Romance’ penso sia la mia preferita, perché sono convinta che tutte le storie siano storie d’amore: nel caso di Leader, tra Simone e Fabrizio, tra Simone e Angelica, tra questi personaggi e i loro genitori, tra loro e le loro passioni.

«A ogni Simone e Fabrizio là fuori / Non siete soli / Siate coraggiosi». Nella dedica iniziale, si intuisce il tema portante del libro e, vista l'importanza della dedica anche nel secondo romanzo Blu come il mare, possiamo forse già considerarla una tua cifra stilistica?

Mi piacerebbe che lo diventasse. Non sono molto brava con le dediche troppo personali o che parlano della mia vita privata e delle persone che ne fanno parte, mi sento molto riservata da questo punto di vista. Preferisco dedicare i miei romanzi ai loro destinatari, al pubblico a cui volevo lanciare un messaggio mentre scrivevo. D’altronde, scrivere è un modo per aprirmi agli altri, non per riflettere soltanto qualcosa che fa già parte di me.

Dedichi Leader «a ogni Simone e Fabrizio là fuori», chi sono, invece, i tuoi Simone e Fabrizio, i protagonisti del romanzo?

Simone e Fabrizio sono due adolescenti, appassionati di basket, che cercano il loro posto nel mondo. Simone è pieno di sé, ma anche di paure. Fabrizio ha imparato a non avere più paura di quello che ha dentro, ma deve ancora comprendere chi è. Si completano a vicenda, si arricchiscono, brillano insieme. Dove uno è luce, l’altro è ombra. Uno è un vulcano in eruzione, l’altro un placido fiume.   

Elisabetta Santonocito e Aurora Pinelli

In foto da sinistra Elisabetta Santonocito e Aurora Pinelli

Simone rifiuta di accettarsi e si nasconde dietro un'immagine costruita, il virile capitano di basket desiderato da tutte, il Leader del titolo, insomma. Pensi ci sia ancora difficoltà a riconoscersi, soprattutto per quanto riguarda la propria sessualità? E, se sì, perché credi che questo accada?

Penso che oggi, nell’era dei social e del web, sia più facile rendersi conto che non siamo tutti uguali. Non tutti proviamo le stesse cose, allo stesso modo e per le stesse persone, e va benissimo così. Ci sono tanti strumenti di ricerca e comunicazione – sicuramente più di quanti ne esistessero anche solo dieci anni fa – che possono aiutarci a capire meglio chi siamo. Le difficoltà che ancora sopravvivono vengono dalle pressioni esterne che subiamo ogni giorno, dalla famiglia, dagli amici, dai nostri stessi preconcetti, dalla mancanza di informazione. Ci fa paura quello che non conosciamo (o riconosciamo).

Quanto le etichette e gli stereotipi - tra cui il concetto stesso di virilità, «vacuo» di per sé, come appunto scrivi, ma riaffermato con prepotenza nella nostra società - influiscono nella percezione di sé e del mondo?

Influiscono, purtroppo, ancora tanto. A volte, quando sei abituato ad avere un’etichetta addosso, fai fatica a distaccartene, anche se questa non ti rispecchia più o non ti ha mai rispecchiato. Cerchi di fartela andare bene a tutti i costi e questo ti impedisce di cambiare e avere maggiore consapevolezza di te. Un bambino a cui viene ripetuto che è stupido – anziché essere spronato a trovare un metodo di studio più adatto al suo stile di apprendimento – farà fatica a brillare a scuola. È lo stesso principio: passi la vita a convincerti di essere qualcuno che invece non sei e ti impedisci di vederlo.

L’Eclipse, indicato come un bar gay fuori città, può essere considerato un'eterotopia, luogo marginale in cui si racchiudono quelle che vengono definite 'devianze' da mantenere assolutamente lontane dal resto della società. È un luogo che racchiude, in fondo, la paura dell’ignoto o, meglio, di ciò che non si conosce e non si vuole conoscere perché si teme che possa scardinare convinzioni granitiche e radicate che regolano la società e i rapporti umani. Tenendo nascosta la 'stravaganza', quello che viene percepito come un problema è come se non esistesse. Questo discorso credo sia fondamentale quando affrontiamo i temi della rappresentazione, del riconoscimento e dell'accettazione di sé. Tu cosa ne pensi?

La scelta di collocare l’Eclipse fuori città è significativa, perché va incontro alle paure di Simone, che non vuole essere visto dalle persone che conosce. Nello stesso posto, però, riesce pian piano a sciogliersi e scoprire la parte di sé che ha sempre tenuto nascosta. A volte, rinchiudersi in un posto sicuro, lontano da occhi indiscreti e dove ci si può sentire tra simili, può aiutare a ritrovarsi, ma deve rimanere una tappa di passaggio. Vi siete mai chiesti da quanto tempo, prima di conoscere Simone, Fabrizio frequentasse quel locale, l’unico posto in cui era disposto a farsi vedere truccato?

C'è qualcosa che possiamo fare per invertire la tendenza e infondere coraggio ai ragazzi affinché si riconoscano senza paura e si accettino? L'educazione sessuale e la forza della scrittura che ruolo potrebbero svolgere? Insieme potrebbero bastare per iniziare una rivoluzione o essa è già in atto?

La comunicazione e la divulgazione sono gli strumenti più potenti che abbiamo, oggi più che mai. Parlare, condividere le proprie storie, esperienze e sentimenti aiuta gli altri a entrare in sintonia con noi e a riconoscersi. Non serve più rinchiudersi in un gay bar per capire la propria sessualità, basta aprire un qualunque social e cercare l’hashtag più adatto per imbatterci in migliaia di testimonianze. La rivoluzione è, sicuramente e con sollievo, già in atto, ma la strada non è affatto breve. L’unico consiglio che posso dare ai ragazzi è questo: parlate, chiedete, confrontatevi con la famiglia, gli amici, gli insegnanti, le persone a cui volete bene, ma senza alcuna paura, perché, se dovete avere paura, non è affetto.

Tutte le storie sono storie d’amore, mi dicevi. Da dove arriva la passione per il genere romance e quali sono i tuoi punti di riferimento?

Non saprei trovare un momento della mia vita in cui ho iniziato ad appassionarmi alle storie d’amore. Già alle elementari guardavo Flor, un’ingenua e inguaribile romanticona. Approcciandomi alla lettura fantasy, questa era spesso intrecciata al genere romance: Percy e Annabeth, Clary e Jace, Katniss e Peeta… Mi è sempre piaciuto, credo, sognare sulle coppie di cui leggevo nei libri. Tra i miei capisaldi, libri e film che hanno accompagnato l’adolescenza di noi duemila, sicuramente ci sono Io prima di te di Jo Moyers, Scrivimi ancora di Cecelia Ahern e i romanzi di John Green, soprattutto Colpa delle stelle. Se ci ripenso piango ancora. Ho sempre voluto scrivere qualcosa che facesse commuovere i lettori come io mi commuovevo per queste storie.

«[...] A volte, si rischia di perdere sé stessi quando ci si innamora [...] [Poi,] Ti ritrovi nell'altro». Questo è quello che Angelica rivela a Simone. Per te cosa significa innamorarsi? Cos'è l'amore secondo Aurora?

L’amore è tante cose, diverse per ognuno di noi. Quello che volevo dire, attraverso le parole di Angelica, è che l’amore ci fa inevitabilmente mettere in discussione noi stessi, perché tira fuori parti di noi con cui magari non abbiamo mai dovuto fare i conti prima. Ma va bene così. Non significa che l’amore ci cambia o che noi dobbiamo cambiare per amore. L’amore ci fa scoprire, ci fa evolvere. E questa scoperta avviene guardando dentro l’altra persona, con cui ci confrontiamo ogni giorno dal momento in cui decidiamo di condividere la nostra vita.

Alle vite di Fabrizio e Simone si intrecciano quelle di altri coetanei (Angelica, Marco, etc.) che, per un verso, sentono agitarsi dentro di sé le medesime passioni, per un altro, affrontano sfide particolarmente difficili, come guarire dai disturbi alimentari, superare insulti e commenti omofobi, il trauma di un incidente o di una violenza, fisica, verbale o psicologica. Sono queste le principali sfide che oggi un ragazzo e una ragazza di 17/ 18 anni si trovano ad affrontare?

Sicuramente sono alcune di esse, ma ce ne sono molte altre. Aggiungerei la paura del giudizio e di deludere le aspettative altrui, che poi possono sfociare in violenza fisica o verbale verso sé stessi, come nel caso di un disturbo alimentare. Gli adolescenti sono molto fragili, basta qualcosa di invisibile per ferirli nel profondo, ma sono anche molto forti, hanno una resilienza incredibile.

Perché hai scelto di fotografare questo particolare momento della vita di un adolescente?

Perché è la fase in cui ci si sente più soli. Per questo, penso che sia importante parlarne il più possibile, così che nessuno si senta solo. Mi capita di leggere romanzi oggi e pensare “questo avrei tanto voluto leggerlo dieci anni fa”.

Passiamo adesso a un’altra tappa fondamentale, che è quella che stai vivendo adesso, con l’uscita del tuo secondo romanzo, Blu come il mare. L’iter che ti ha portata alla pubblicazione, questa volta, è stato diverso.

Sì, se Leader è ‘capitato’, per Blu come il mare ho sempre saputo che l’avrei pubblicato. Dopo aver finito la stesura, ho cercato per mesi, senza successo, una casa editrice per questo romanzo. Ho mandato decine di email con sinossi, manoscritto e lettera di presentazione, ma il destinatario non era mai quello giusto. Quando ho ricevuto la risposta positiva di Scatole parlanti, ho pianto di gioia. Era la prova che potevo davvero prendermi quello che volevo, che se desideri qualcosa con la giusta intensità, al momento opportuno l’universo ti ascolta.

La storia di Blu come il mare preme per uscire da almeno una decina d’anni. Ci puoi parlare del processo che hai attraversato e che ti ha portata finalmente quest’anno alla pubblicazione?

Ho avuto la prima idea a 13 anni, ma è cambiata, maturata nel tempo e si sono aggiunti man mano altri personaggi e situazioni. Ho tantissime storie iniziate e mai completate, però ho sempre avuto un legame affettivo con questa storia, forse perché è stata la prima, o forse perché volevo effettivamente dire delle cose, dovevo soltanto capire come. Ci tornavo periodicamente, scrivevo altre storie, poi tornavo su questa, poi ricancellavo, erano comunque dei personaggi e delle immagini che non mi passavano, che non trovavano pace. Sofia e Gabriel mi hanno perseguitata: ho continuato a vedere questa ragazza bionda e questo ragazzo moro al mare o vicino alle margherite per 10 anni. Poi, due anni fa, ho creato un personaggio – l'ultimo che ho creato – che è riuscito a rappresentare uno dei temi principali del romanzo. Non voglio dire chi è, però ha sbloccato una serie di aspetti legati alla trama e ai protagonisti.

Aurora Pinelli con una copia di "Leader"

Aurora Pinelli con una copia di "Leader"

La dedica è «A chi pensa di non meritare l'amore e si accontenta dei suoi surrogati». Anche per questo secondo libro, queste righe iniziali sono fondamentali.

Questa dedica, in realtà, è un tributo a una mia professoressa, la mia professoressa di religione del liceo. Mi è rimasto impresso un discorso che ci aveva fatto una volta sul cioccolato. Spiegava che molte persone anziché comprare il cioccolato fondente al 90%, al 95%, – siccome è di maggiore qualità e costa di più – preferiscono le sottomarche o il fondente al 60%, 50%. E la stessa cosa tendono a farla con l'amore. Preferiscono accontentarsi di un amore a metà, di un amore che appunto è un surrogato, non è amore vero, è un altro tipo di sentimento. E questo è uno dei temi del romanzo. Ci sono varie forme di amore, alcune più giuste, alcune non voglio dire ‘sbagliate’, però sembrano amore, ma non lo sono. Questo romanzo vuole far vedere tanti tipi di amore, l'amore vero, l'amore della famiglia, dei genitori, l'amore per chi non c'è più, l'amore per gli amici, l'amore tra fratelli, l'amore che in realtà non è amore, ma è un suo surrogato, quell'amore un po' ‘sbagliato’. Questa dedica racchiude un po' tutte queste premesse.

Il punto di vista, anche in questo secondo romanzo, è maschile. Dopo aver conosciuto Simone, adesso cerchiamo di conoscere meglio Gabriel.

Gabriel, il protagonista, è un ragazzo di 27 anni che lavora come correttore di bozze in una casa editrice. Ha una situazione familiare e personale travagliata – ma ha un rapporto molto stretto con la madre e la sorella, le persone più importanti della sua vita – e, poi, ha una relazione turbolenta con Fra. Gabriel sta cercando di adattarsi a questi nuovi equilibri: da un lato, c’è il rapporto con la famiglia, che è caratterizzato da un senso di colpa, da un senso di inadeguatezza – per cui Gabriel fatica ad adattarsi alla vita della sua famiglia oggi – e, al tempo stesso, deve cercare di adattarsi a questa nuova presenza che da quattro mesi è nella sua vita. Quando una nuova persona arriva nella nostra vita, ci serve del tempo per capire se quella persona è compatibile con noi, con i nostri spazi, le nostre abitudini e la nostra personalità.

La narrazione alterna continuamente 2005 e 2015, passato e presente, le due stagioni più significative per Gabriel. Quest’alternanza, strutturale, mi sembra funzionale per mantenere alte l'attenzione e la curiosità del lettore, che, di fatto, rimane in attesa (per ben 30 capitoli) di scoprire l’evento traumatico che ha cambiato ogni aspetto della vita familiare e affettiva del ragazzo. Questa scelta di intrecciare passato e presente si deve, appunto, alla volontà di creare attesa e invogliare alla lettura, o c’è un altro motivo, magari l’ispirazione ad un autore che ami particolarmente?

Qualche anno fa, stavo leggendo Le pagine della nostra vita di Nicholas Sparks e anche lì, in effetti, funzionava molto bene questa cornice con passato, presente e futuro che si intrecciavano. Io, però, ci ho messo tanto tempo a capire come raccontare sia il prima sia il dopo della mia storia. Inizialmente, l'attenzione era concentrata sul passato, sul 2005, ma ciò che accade ha un impatto sulla vita di Gabriel e non solo, ha conseguenze a lungo termine. Avevo pure pensato di raccontare prima tutto il passato e poi tutto il presente, però, secondo me, si sarebbe perso qualche collegamento. Ci sono dei gesti che ritornano e che su Gabriel hanno un certo effetto: un semplice baciamano fatto da una persona può richiamargli un ricordo di tanti anni prima. Quindi, alla fine, ho deciso di alternare queste due linee temporali, il 2005 ambientato nella Contrada di Roccamarina – che è un nome di fantasia – e il 2015, ambientato nella città di Ragusa, e tra un capitolo del passato e uno del presente ci sono delle corrispondenze, dei richiami, proprio per far capire come il passato, anche a distanza di tempo, può continuare a influenzarci.

Accennavi ai luoghi che hai scelto per ambientare le vicende, Ragusa e la Contrada di Roccamarina. Si tratta di luoghi speciali per te o che sono legati a dei ricordi particolari?

Come dicevo prima, Contrada di Roccamarina è un nome inventato, però ispirato a un posto reale, in provincia di Ragusa, che si chiama Contrada di Piazza Filippa, un posto dove io vado ogni anno d'estate e che conosco molto bene. Quando ho iniziato a pensare a questa storia, in realtà, l'ambientazione non esisteva, cioè non era una storia strutturata, c'erano dei personaggi che si muovevano in uno spazio indefinito. Poi, col tempo ho pensato di ambientarla proprio in quel luogo, in quella spiaggia, in quei sentieri. È ovviamente un posto per me molto importante, in cui mi sono sempre sentita a casa, in cui ho incontrato tante persone, gli amici dell'estate che poi diventano un po' un'altra famiglia.

Hai citato Nicholas Sparks, però citi diversi autori e li dissemini tra le pagine del libro. In particolare, ce n’è uno che è la colonna non sonora, ma letteraria di Blu come il mare: Saba. Da cosa è stata dettata questa scelta?

Gabriel si confronta, durante la storia, in particolare con una poesia di Saba Mio padre è stato per me l'assassino e lui rivede in questa delle parti di sé stesso. Quando ho letto questa poesia, studiandola al liceo e dopo all’università, ho visto subito un collegamento con questo personaggio che ha un rapporto particolare con la famiglia e con la figura paterna (sia il padre sia il nonno). Poi, ovviamente mi piaceva anche l'idea di inserire la letteratura, la poesia all'interno del romanzo, mettere qualcosa di me, del mio percorso di studi. È partito da questa poesia, ma sono tanti i versi di Saba che ritornano nelle pagine, sempre citati con precisione, perché poi man mano sono andata a cercare delle corrispondenze con altre poesie e altre situazioni che c'erano all'interno del romanzo.

C'è anche un altro autore che proviene dai tuoi studi in Lettere e Filologia ed è diventato centrale nel romanzo. Mi riferisco a Ovidio, da cui riprendi alcuni passaggi, in particolare dalle Heroides e dalle Metamorfosi. Le citazioni da quest’autore, per di più direttamente in latino, sono quanto meno inusuali. Qual è il motivo legato a questa scelta?

Avendo scritto il romanzo soprattutto negli anni di università, mi piaceva l'idea di portarmi qualcosa. Gli esami di latino mi hanno accompagnata a lungo, ho impiegato veramente tanto tempo a prepararli e non volevo che rimanesse soltanto l'incubo del momento, ma volevo portare con me anche qualcosa di bello. Quindi, ho scelto qualche citazione, qualche verso per mettere – come per Saba – una parte di me, una parte del mio percorso in Blu come il mare. E, poi, queste citazioni in latino le fa un personaggio specifico, che è Sofia, la ‘coprotagonista’, potremmo dire. Volevo che avesse qualcosa di particolare, qualcosa che la distinguesse rispetto agli altri. "Cosa può avere una sedicenne di particolare?" mi sono chiesta. Uh, cita Ovidio in latino. Sofia è un personaggio con le sue insicurezze, che si chiude molto in quelli che sono i suoi interessi e le sue passioni, come si vedrà anche nella conoscenza con Gabriel.

Un dettaglio, un colore, un'immagine – che non sia per forza blu come il mare – che vorresti che il pubblico ricordasse?

Le immagini che associo a Blu come il mare sono due. La prima è scontatissima, il mare, presente anche in copertina. Il secondo elemento è la margherita, questa storia comincia con le margherite. Ho iniziato a immaginare questi due ragazzi che si incontrano, che si conoscono vicino alle margherite, c'è un cespuglio di margherite e loro si incontrano lì. Se dovesse rimanere qualcosa di questo romanzo, vorrei rimanesse il significato che ha questo fiore. È un elemento che, dai primi capitoli, tornerà verso la fine. Simboleggia qualcosa di… vorrei dire di eterno, comunque qualcosa che se lo tratti con cura, con attenzione, se lo tieni anche al sicuro, può sopravvivere al tempo, alla lontananza, alla distanza, quindi, crea un po' un ponte tra il passato e il presente.

Passato, presente… manca solo il futuro. Cosa ti piacerebbe realizzare nei prossimi anni?

Tante, troppe cose. Ho in testa molti progetti di scrittura, alcuni legati anche a Blu come il mare. Adesso sono in una fase di stallo, perché nella mia vita sono cambiate tante cose e mi ritrovo in un momento di passaggio, ma sicuramente non smetterò di scrivere. Ci sono tanti personaggi che voglio farvi conoscere e storie che voglio raccontarvi, da dedicare a tante persone che spero potranno rivederci sé stesse.

Dei libri, film o serie tv che ti hanno ispirata e che vorresti condividere con noi?

Rimanendo in tema queer, di libri ormai ce ne sono pure troppi (per fortuna). Uno dei primi che ho letto è stato Golden Boy di Abigail Tarttelin. Aggiungo anche una lettura recente, Loveless di Alice Oseman, se ancora non avete trovato voi stessi. Come serie queer, mi sento di consigliare Heartstopper – tratta dalle graphic novel sempre di Alice Oseman – per la delicatezza con cui affronta le stesse tematiche di cui ho parlato in Leader.

Qualche consiglio per chi condivide la tua stessa passione?

Non smettete mai di provarci. Scrivete, che sia per voi stessi, per gli amici, per Wattpad o per una grande casa editrice. Che usiate i social per promuovervi o meno, che facciate presentazioni o meno, avete tantissime risorse, cercatele e sfruttatele. Mandate quelle email per pubblicare il vostro manoscritto, oppure non fatelo se per voi la scrittura costituisce qualcosa di troppo intimo. O, ancora, provate a trovare da soli la vostra strada nel mondo dell’editoria. Si può fare, ma non abbiate mai paura di condividere quello che avete scritto, non pensate mai di non essere all’altezza. Ci avete messo dentro voi stessi e qualcun altro si rivedrà in quelle parole, ve lo garantisco.

Il 3 ottobre, alle 18,30, nei locali del teatro di Piazza Scammacca 9 a Catania, l’autrice Aurora Pinelli, in dialogo con Elisabetta Santonocito presenterà il suo nuovo romanzo “Blu come il mare”. 

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