Un elefante nano scoperto a Fontane Bianche

La scoperta dei resti di un esemplare di Paleoloxodon mnaidriensis risalente a 200mila anni fa nel Siracusano del geologo Fabio Branca dell’Università di Catania

Alfio Russo
Molare di esemplare di Paleoloxodon mnaidriensis (foto Rossana Sanfilippo)
Frammento di zanna di esemplare di Paleoloxodon mnaidriensis (foto Salvo Costanzo)
Resti ossei di di esemplare di Paleoloxodon mnaidriensis (foto di Rossana Sanfilippo)

I resti di un esemplare di Paleoloxodon mnaidriensis, un elefante nano vissuto in Sicilia nel Pleistocene tra 200mila e 150mila anni fa, sono stati ritrovati nella zona di Fontane Bianche nel Siracusano.

A segnalare il ritrovamento di un affioramento di diversi resti di macrofauna vertebrata della specie estinta (Adams, 1874) è stato Fabio Branca, geologo dell’Università di Catania in forza all’Area della Terza Missione.

Le osservazioni in affioramento – da parte dell’archeologa Gabriella Ancona e del geologo Luigi Agnone della Soprintendenza Beni Culturali ed Ambientali di Siracusa, del prof. Rosolino Cirrincione, direttore del Dipartimento Di Scienze Biologiche, Geologiche ed Ambientali dell’Università di Catania e della prof.ssa Rossana Sanfilippo, docente di Paleontologia e Paleoecologia dello stesso dipartimento - hanno permesso di attribuire i resti alla specie estinta Paleoloxodon mnaidriensis.

Il territorio Ibleo non è nuovo a rinvenimenti analoghi, basti pensare che a pochi chilometri di distanza spiccano i ritrovamenti di alcuni esemplari di Palaeoloxodon, provenienti nella Grotta di Spinagallo, tra cui il più importante è il Palaeoloxodon Falconeri, oggi presente all’interno del Museo di Paleontologia del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Catania e del Museo Archeologico Regionale “Paolo Orsi” di Siracusa.

Molari di esemplare di Paleoloxodon mnaidriensis (foto Salvo Costanzo)

Molari di esemplare di Paleoloxodon mnaidriensis (foto Salvo Costanzo)

L’interesse paleontologico dell’area nord-iblea è solo una delle peculiarità di un’area fortemente interessata anche da altri fenomeni che la rendono interessante sotto il profilo geologico-ambientale: processi carsici diffusi hanno, ad esempio, portato alla luce grotte di pregio naturalistico, su tutte la Grotta Monello, Riserva Naturale Integrale dal 1998.

«Questo ritrovamento si trova inserito, pertanto, in un contesto dove ricadono riserve naturali, zone speciali di conservazione e geositi – spiegano gli esperti -. Si tratta di uno scrigno di geodiversità che merita di essere studiato e tutelato al fine di consegnarlo alle generazioni future garantendo una fruizione ecosostenibile».

Approfonditi studi saranno avviati nei prossimi mesi, attraverso accordi di collaborazione tra la Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Siracusa, diretta dall’ing. Antonino Lutri, e l’Università di Catania, con il coinvolgimento del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali, diretto dal prof. Rosolino Cirrincione, e dell’Area della Terza Missione, diretta dall’avv. Rosanna Branciforte.

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