Un viaggio attraverso il Mediterraneo: il rebetiko approda a Catania

Al Teatro Sangiorgi di Catania la prima esibizione in territorio italiano dell’ensemble ellenico ‘Aman Rebetiko’

Marielena Greco

All’interno dell’iniziativa Etna Folk Club 2023-2024 e della 48.ma Stagione dell’Associazione Musicale Etnea, ha avuto luogo la prima apparizione del gruppo Aman Rebetiko – formato da Chrysa Papadopoulou (voce e percussioni), Marina Liontou Mohamed (oud e voce), Daniel Barmas (chitarra e voce) e Alkis Zopoglou (kanun e voce) – coronata da uno straordinario successo di pubblico in quanto a partecipazione ed euforia; l’ensemble ha proposto per il quinto appuntamento della Stagione una scaletta che attinge dal patrimonio musicale nato tra la Grecia continentale e l’Asia minore agli inizi del Novecento.

Il rebetiko – dal 2017 patrimonio immateriale dell’Unesco – è una pratica musicale urbana che si sviluppa all’interno di contesti di povertà, diaspora e disagio, come forma espressiva della vita quotidiana dei ‘rebetes’. Tra i temi tipici di questo repertorio troviamo l’amore, il dolore, i problemi sociali, svariate pratiche illegali e aspirazione alla libertà. Questo genere ha il particolare pregio di raccogliere in sé ritmi e melodie talmente coinvolgenti da permettere alla musica di superare le barriere linguistiche e culturali dei diversi luoghi di fruizione.

In origine il pubblico partecipava attivamente alle performance, danzando e cantando insieme ai gruppi che si riunivano all’interno dei Cafè aman nei sobborghi di città come Atene, Costantinopoli, Smirne e Salonicco. I musicisti spiegano che «si trattava di luoghi di aggregazione in cui i lavoratori, al termine di una lunga giornata, si ritrovavano per trascorrere qualche ora spensierata in compagnia». La stessa atmosfera che gli artisti si sono riproposti di ricreare durante la serata a Catania, incitando la partecipazione del pubblico tramite applausi a ritmo di musica e insegnando uno tra i balli tipici del genere: il hasapiko.

In foto da sinistra Alkis Zopoglou, Marina Liontou Mohamed, Chrysa Papadopoulou e Daniel Barmas

In foto da sinistra Alkis Zopoglou, Marina Liontou Mohamed, Chrysa Papadopoulou e Daniel Barmas

Eppure, non possiamo riferirci al rebetiko come un genere musicale che accompagnava esclusivamente dei momenti di svago. Come osserva Umberto Eco nella Storia della civiltà europea – edita nel 2014 da Treccani – «all’interno di queste pratiche, la musica e la danza rivestono un ruolo cruciale, che non può essere ricondotto semplicisticamente al mero passatempo la loro profondità emotiva li rende specchio dell’anima di queste comunità di diseredati e, allo stesso tempo, rappresenta un’affermazione forte e orgogliosa della loro dignità umana».

«Le origini del rebetiko - continua Eco – si perdono nell’intreccio tra musiche di tradizione orale turche, greche, zingare e armene nell’area dell’Anatolia e dell’Egeo» e che alla fine dell’Ottocento, confluiscono «nelle prime forme d’intrattenimento urbano» complice anche la diffusione in Grecia dei Café aman».

Questi locali – in cui si esibivano artisti di varia estrazione «greci, turchi, armeni, zingari» – saranno soppressi durante la guerra dei Balcani (1912-1913) insieme a tutto ciò che è di derivazione turca, ma rinasceranno dopo il trattato di Losanna del 1923 e della fine della guerra tra Grecia e Turchia (1919-1923), la quale si ‘risolve’ con la celebre Catastrofe del 1922, ovvero «con l’espulsione in terra turca dei musulmani che vivono in Grecia, e in terra greca dei cristiano-ortodossi che vivono in Turchia», aggiunge Eco.

Sarà così che in Grecia giungerà «una massa di un milione e mezzo di persone senza casa né lavoro che viveva in Turchia da generazioni e, in alcuni casi, parlava solo la lingua turca. Esse si stanziano nelle zone portandosi dietro le proprie usanze e pratiche culturali, alla ricerca di un qualche modo per sopravvivere alla diaspora». Avverrà in questo modo la mescolanza con i rebetes, con i quali condividono la condizione di marginalità sociale e mescolando le musiche urbane diffuse in Grecia «e quelle di ascendenza medio-orientale da loro portate».

È seguendo questa linea che il rebetiko diventerà dagli anni Trenta del Novecento «un genere di popular music nazionale».

In foto da sinistra Alkis Zopoglou, Marina Liontou Mohamed, Chrysa Papadopoulou e Daniel Barmas

Un momento dello spettacolo

In Italia il genere è stato conosciuto dal grande pubblico tramite varie figure di spicco; tra quelle certamente più note troviamo Vinicio Capossela, che ha dedicato a questo genere vari brani (otto del suo repertorio reinterpretati in chiave rebetika e quattro inediti) e un intero disco dal titolo Rebetiko Gymnastas uscito nel 2012.

Come durante l’esibizione ha affermato Chrysa Papadopoulou, «il rebetiko è un modo di vivere; un modo di vivere che riguarda il modo di vestirsi, di comportarsi…», e proprio di una scelta in tal senso parla il brano Café aman in cui una donna, nonostante i numerosi pretendenti che gli portano delle offerte, sceglie di restare single per poter mantenere la propria indipendenza e poter cantare all’interno di questi locali, nonostante l’epoca non fosse quella più adatta a tali scelte di vita.

Ancora d’amore racconta il brano Ελένη Ελενάρα μου (Elena Elenuccia mia) in cui un uomo canta il suo bisogno di conquistare ‘Elena’, la donna amata, anche a costo della morte. Di pregiudizio, viaggio e diaspora racconta, invece, Tι σε μέλει εσένανε (Che te ne importa a te?), in cui la voce della cantante continua a chiedere ‘che te ne importa a te da dove provengo?’

Vari, dunque, i temi affrontati durante la serata attraverso la musica, che come sempre è stata la vera protagonista della serata, insieme al canto accorato e coinvolgente, le danze, il suono degli strumenti che sanno tanto di ‘Oriente’, e i sorrisi entusiasti del pubblico suscitati dallo stesso ensemble ellenico.

Questo dimostra che quando si tratta di musiche lontane dal nostro porto, non hanno alcuna importanza le differenze, anzi, queste arricchiscono il nostro orizzonte simbolico nell’incontro con suoni migranti da altri mari, da un capo all’altro del Mediterraneo.