Una donna e il suo contrabbasso. Un amore che dura da oltre vent’anni

Patrizia Privitera, contrabbassista, ripercorre la sua storia e carriera musicale tra i diversi generi: classica, pop e rock 

Irene Isajia (foto di Riccardo Militello)

Un amore viscerale per il suo contrabbasso che, tra i numerosi strumenti, ha scelto come “protagonista” della sua vita da artista. Patrizia Privitera, in questa intervista, ripercorre la sua storia e carriera musicale tra i diversi generi: dalla classica al pop fino al rock.

Una donna e un contrabbasso come una sorta di coppia. Come nasce questo amore? 

«Nasce un po’ per caso, un po’ in maniera indotta – racconta sorridendo Patrizia Privitera -. Il primo approccio con la musica è stato all’età di sei anni, con il pianoforte. A tredici anni, periodo dell’adolescenza in cui l’Io comincia a volersi affermare, ho capito che il pianoforte mi stava un po’ stretto perché lo vedevo come uno strumento imposto. Mio nonno mi ha regalato una chitarra e da lì si è aperto un mondo. Dalla chitarra sono poi passata al basso». 

E cominciano i primi concerti da polistrumentista…

«In quegli anni ho cominciato a far parte di un gruppo femminile pop rock LeBiglie, una sorta di Spice Girl catanesi con la caratteristica di essere tutte polistrumentiste. Sul palco, durante i concerti, ci scambiavamo i ruoli: la bassista suonava la batteria e viceversa, poi il sassofono o la chitarra – racconta -. La rotazione dei ruoli delle musiciste era il bello dello spettacolo. Certamente era una novità, ma, probabilmente, avevamo precorso i tempi per gli anni ’80. In quel periodo, forse in maniera previgente, ho cominciato a studiare il contrabbasso. Essendo bassista pop rock mi sembrava l'unico strumento possibile. Ho iniziato all’allora Liceo musicale Bellini con il maestro Tosto che mi ha accolto con entusiasmo invogliandomi e incoraggiandomi; nel giro di pochi anni ero già diplomata». 

Patrizia Privitera col suo contrabbasso

Patrizia Privitera col suo contrabbasso

Perché hai scelto uno strumento classico e non hai continuato lo studio dello strumento moderno? 

«Ho capito che quella strada non era percorribile per varie ragioni – spiega la musicista -. Nel frattempo mi ero sposata e avevo bisogno di qualcosa di più concreto e di un titolo di studio che avrei potuto sfruttare nel mondo del lavoro. Sicuramente il contrabbasso è una passione che si è trasformata in lavoro e, come si dice, se ami quello che fai, non fatichi e ti diverti».

Il contrabbasso, strumento prettamente maschile. È stato complicato, difficile, inserirsi in questo mondo maschile?

«C’è stata molta diffidenza e, soprattutto, all'inizio, molta gente che mi scoraggiava, iniziando dai miei genitori – racconta -. “Ma cosa fai? È uno strumento maschile! Ma come te lo porti? E poi come lo trasporti?” mi dicevano. Io l’ho presa un po’ come sfida personale, sono andata avanti per la mia strada e i risultati sono arrivati. Ho acquistato pian piano credibilità coi i miei colleghi uomini che, all'inizio, mi guardavano con diffidenza, e ho concluso il percorso. Di fatto, con la musica, non si conclude mai, perché uno strumento richiede un lavoro continuo di esercizio, di scoperta, una tecnica giornaliera, un po’ come l’atleta che si prepara per le Olimpiadi, non si molla mai». 

Quali sono i punti fermi della tua carriera musicale e i momenti più importanti? 

«Innanzitutto l'autodisciplina. Avere sempre il mio obiettivo davanti, sempre ben fermo senza lasciarsi andare a frivolezze che, di fatto, distraggono – spiega Patrizia Privitera -. In oltre 25 anni di carriera col contrabbasso, ho potuto fare incontri professionali arricchenti. Se parliamo di musica classica ho avuto la possibilità di incontrare personaggi illustri di respiro internazionale come Igor OjstraKh, Rocco Filippini, Alirio Diaz e Sergej Girshenko, solo per citarne alcuni. Ho fatto parte di varie orchestre e continuo a collaborare con importanti ensamble musicali: la Catania Philarmonic Orchestra, l'Haffner Orchestra, l'Orchestra Filarmonica della Calabria, l'Orchestra a Plettro Città di Taormina e proprio con questa formazione abbiamo accompagnato, nella primavera del 2022, il famoso Violinista Gidon Kremer in un importante concerto a sostegno dell’Ucraina, tenutosi presso il Teatro antico di Taormina».  

Patrizia Privitera insieme con Mario Venuti e Francesco Costa

Patrizia Privitera insieme con Mario Venuti e Francesco Costa

Possiamo dire che la svolta della tua vita è proprio la musica? 

«Per me si – spiega -. Io sono stata sempre una persona timida e grazie alla musica sono sbocciata. La musica ti aiuta a guardarti dentro, ti proietta fuori da te, aggrega. Da questo incontro con la musica mi si è aperto un mondo, che oggi è il mio mondo».

I giovani spesso si arrendono di fronte allo studio, non trovano stimoli e si lasciano trascinare dalle insicurezze. Cosa ti senti ti suggerire?

«Io consiglio a tutti l’approccio alla musica e particolarmente lo studio di uno strumento – precisa l’artista -. È scientificamente provato che attiva delle aree molto importanti del nostro cervello che sono coinvolte nella coordinazione, nell’attenzione, nell’apprendimento e nella memoria. Inoltre, la musica, anche se ascoltata, condivisa è terapeutica. A me succede quando sono nervosa, prendo una chitarra, faccio pochi accordi e il contatto tra il corpo e lo strumento crea quell'armonia, quell’alchimia che rilassa il corpo e produce pensieri positivi. Ai giovani dico solo di investire su voi stessi, sui vostri desideri, sui vostri sogni. Non lasciatevi scoraggiare e fatevi accompagnare dalla musica».

Patrizia Privitera col suo contrabbasso

Patrizia Privitera col suo contrabbasso