Nell’aula magna del Palazzo centrale sono stati illustrati i risultati del monitoraggio triennale 2022-2024 sulla valutazione dello stress lavoro-correlato e le prospettive
Una giornata di studio per promuovere la cultura della prevenzione e il benessere organizzativo nell’Università di Catania sulla base del monitoraggio triennale 2022-2024.
È quanto si è discusso mercoledì 12 novembre, nell’aula magna del Palazzo Centrale dell’Università di Catania, in occasione della giornata di studio dal titolo “Risultati e prospettive sulla valutazione dello stress lavoro-correlato”, promossa dal Servizio Prevenzione e Protezione dai Rischi
L’incontro ha rappresentato un momento di restituzione pubblica dei risultati emersi dal monitoraggio e al tempo stesso consolidare la cultura della prevenzione e a promuovere attivamente il benessere organizzativo in linea con le politiche istituzionali di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Lo stress lavoro-correlato: un rischio psicosociale da monitorare
Lo stress rientra tra i rischi psicosociali riconosciuti dal D.Lgs. 81/08, che impone al Datore di Lavoro di valutarlo al pari degli altri rischi professionali.
In questa prospettiva, il Servizio Prevenzione e Protezione dai Rischi dell’Ateneo (rappresentato da Vincenzo Zimmitti e Clelia Zarbà, la quale ha presentato i risultati), con il contributo del Gruppo di Valutazione, ha condotto quattro indagini su tutte le strutture universitarie, combinando una valutazione oggettiva e una soggettiva basata sulla percezione dei lavoratori.
Il progetto, sviluppato per il triennio 2022-2024, si è posto l’obiettivo di promuovere una cultura organizzativa consapevole, capace di migliorare la qualità della vita lavorativa di docenti, ricercatori e personale tecnico-amministrativo.
In foto da sinistra Leonardo Serafino, Diana Artuso, Caterina Ledda e Clelia Zarbà
I risultati del triennio 2022-2024
La valutazione oggettiva del rischio ha riguardato 37 Unità Produttive dell’Ateneo: 17 a rischio basso e 2 a rischio medio per le aree amministrative, scuole e centri di servizio e ricerca; 16 a rischio basso e 2 a rischio medio per la mansione docente-ricercatore; 15 a rischio basso e 3 a rischio medio per il personale tecnico-amministrativo.
La valutazione soggettiva, condotta attraverso questionari individuali, ha registrato una partecipazione in crescita: 887 questionari compilati (532 da docenti e ricercatori, 342 da tecnici-amministrativi e 13 da dottorandi e specializzandi, coinvolti per la prima volta).
L’analisi dei dati ha evidenziato come la percezione soggettiva del rischio contribuisca ad ampliare la comprensione delle criticità organizzative, sottolineando l’importanza di una partecipazione più ampia alle prossime rilevazioni.
Obiettivi per il triennio 2025-2027
Alla luce dei risultati ottenuti, sono stati fissati i seguenti obiettivi per il nuovo ciclo di valutazione: potenziare la consapevolezza nella gestione dello stress a tutti i livelli organizzativi; rafforzare la collaborazione tra le figure coinvolte nella sicurezza e nel benessere lavorativo; coinvolgere un numero ancora maggiore di lavoratori nella rilevazione soggettiva, anche attraverso azioni formative e comunicative dedicate.
Gli interventi
Durante la giornata sono intervenuti esperti e docenti dell’Ateneo, che hanno offerto riflessioni di grande rilievo.
La professoressa Caterina Ledda, delegata del rettore alla Sicurezza e benessere dei lavoratori, ha insistito sull’importanza di inserire nella valutazione dello stress anche le figure contrattualmente “fragili”, quali i precari e gli specializzandi. E ha evidenziato come «la dimensione del contratto a termine e dell’incertezza occupazionale sono fattori di stress rilevanti nelle università, e quindi meritevoli di attenzione specifica». «Gli studenti-tirocinanti e gli specializzandi, pur non sempre considerati a pieno titolo lavoratori, partecipano alla vita accademica e formativa e vanno quindi inclusi nei processi di valutazione del benessere organizzativo», ha aggiunto richiamando l’idea che una «cultura della prevenzione richiede non solo rilevazione e dati, ma anche supporto concreto, sensibilizzazione e comunicazione diffusa».
In foto da sinistra le docenti Silvia Platania e Caterina Ledda
La professoressa Silvia Platania, psicologa del lavoro e delegata alle Pratiche psicologiche per il benessere del personale, ha evidenziato come i contesti organizzativi universitari oggi richiedano «risposte rapide e sistematiche» a una complessità crescente: le strutture, i processi, le modalità di lavoro si sono diversificati e hanno generato nuove esigenze e stimoli per i lavoratori. Nel suo intervento ha messo l’accento sul concetto di stress come «costrutto latente» che va reso manifesto, ovvero bisogna attivare condizioni – relazioni interne, pratiche condivise, partecipazione – che permettano di trasformare il benessere organizzativo da parola d’ordine a pratica quotidiana. E, inoltre, ha proposto di costruire “comunità di pratica” dove docenti, tecnici-amministrativi, ricercatori collaborino a promuovere buone pratiche, coinvolgendo tutta l’organizzazione universitaria in un percorso di miglioramento condiviso.
Diana Artuso, direttrice della Direzione territoriale Inail di Catania, ha illustrato l’utilizzo della piattaforma nazionale messa a disposizione dall’ente per la valutazione del rischio stress-lavoro correlato, sottolineando che «non basta parlare di stress, ma è necessario adottare metodologie rigorose, valide e riconosciute». Nel suo intervento ha richiamato anche i dati dell’indagine “Insula” del 2021, che ha coinvolto oltre 45.000 lavoratori, segnalando che «lo stress-lavoro correlato risulta essere il primo rischio psicosociale percepito dai lavoratori, con un valore medio di percezione pari a 2,43 su una scala da 1 a 5. In questo contesto». In chiusura ha evidenziato «il ruolo delle università come “enti di punta” nella sperimentazione e nell’applicazione di questi modelli valutativi, aprendo anche alla riflessione su come tradurre i risultati in azioni concrete di miglioramento».
Sulla metodologia di prevenzione è intervenuta Monica Ghelli, ricercatrice del Laboratorio Rischi psicosociali e tutela dei lavoratori vulnerabili dell’Inail.
In foto da sinistra Leonardo Serafino e Clelia Zarbà
Il medico competente dell’ateneo, Leonardo Serafino, ha illustrato il tema dello stress dal punto di vista medico-fisiologico: lo stress è definito come una risposta funzionale dell’organismo a uno stimolo più o meno intenso, che può avere origine ambientale, fisica, psichica o socio-relazionale. Ha spiegato che le fonti di stress possono includere rumore, caldo/freddo, dolore fisico, malattia, ma anche ansia, incertezze, valori divergenti, relazioni gerarchiche tensioni socio-relazionali. Ha indicato che in ambito universitario – dove si richiedono prestazioni elevate, tempi rapidi, multitasking e forte pressione – è cruciale riconoscere queste fonti e intervenire in modo globale: salute fisica, psicologica e sociale vanno considerate insieme. Così, la valutazione dello stress diventa non solo un obbligo normativo, ma un’opportunità per migliorare il funzionamento dell’organizzazione nel suo complesso.
I lavori sono stati conclusi dalla prorettrice Lina Scalisi che ha richiamato la responsabilità istituzionale dell’ateneo nel prendersi cura del proprio personale, ricordando che «avere cura di un’istituzione significa avere cura del suo personale, della sua vita, dei suoi rischi, della sua crescita».
Ha sottolineato che le carriere accademiche – di docenti, dottorandi, tecnici-amministrativi – non si separano dalla vita delle persone, dai bisogni, dalle difficoltà quotidiane: quindi, un ambiente che chiede performance elevate ha anche bisogno di fiducia, coesione, ascolto. In chiusura ha richiamato «l’idea che nessun successo personale né collettivo si costruisce senza un grado crescente di fiducia: investire nel benessere significa anche rafforzare la qualità della comunità accademica, non solo la produttività».
Un momento dell'intervento della prorettrice Lina Scalisi