In scena studenti Unict e Erasmus per l’evento finale della III edizione del progetto teatrale europeo “Scena Erasmus”
Come si racconta una generazione di esseri umani? Se lo saranno chiesti anche i ragazzi e le ragazze che sono andati in scena con lo spettacolo Z- Identity. Manuale d’ascolto al Centro Universitario Teatrale. Diretto dalla regista Graziana Lo Brutto e dall’attrice e coordinatrice del progetto Scena Erasmus, Chiara Seminara, i 28 studenti nello spettacolo-mondo hanno raccontato loro stessi.
Perché nello spettacolo-mondo c’è dentro tutto, l’Universo di un’intera generazione. «È tutto cuore, tutto sentimento perché non si tratta di un’ambiente di professionisti» ha raccontato la regista Graziana Lo Brutto.
E lo si capisce già dalla prima scena. Gli studenti-attori entrano con in mano il loro smartphone. Tutti iperconnessi, ma tra i quali manca una connessione umana fatta di abbracci, sguardi e discorsi.
Uno schermo sul quale si fa a gara tra chi deve “comprare” l’attenzione degli utenti, algoritmi ideati per non fare nascere quel sentimento, che oggi più che mai ci fa tanta paura, la noia.
“Z-Identity", una scena dello spettacolo
«E non è proprio un bene» rivendica con forza una delle studentesse sul palco. Una corsa estenuante tra «tik-tok, tik-tok, tik-tok» sulla superficie di una società in cui l’essenziale è essere produttivi, essere in tempo, perché non c’è il tempo di spiegare come ci si sente davvero.
Un imperativo: al «Come stai?», si risponde sempre con un semplice «Sto bene». «E tu società, che vuoi da me?» tuona un’attrice.
«Mi chiedi di essere bella, di essere produttiva, di essere perfetta e fosse solo questo, perché tu non sei mai contenta – aggiunge nel suo monologo -. Devo essere raggiante, giovane, snella, aperta, esperta, opportuna, invisibile a volte. Mi chiedi di non essere mai in ritardo, ma di stare calma, di far sentire la mia voce, ma con garbo e se te lo chiedessi io? Se ti chiedessi cosa mi dai in cambio di tutto questo? Avresti la stessa solerzia? Lo stesso garbo? La stessa paura che ho io di deludervi tutti, di non arrivarci, di non riuscire a timbrare ogni giorno il cartellino che tu mi hai imposto».
Un sistema sociale che alimentiamo da vittime dello stesso. Dei criceti su una ruota che continuiamo a far correre sotto i nostri piedi, dandole l’energia di mantenersi in vita. Eppure, la generazione Z sul palco rivendica la propria individualità, senza mezzi termini, rivendica il proprio spazio.
“Z-Identity", una scena dello spettacolo
Parole scandite, recitate da chi sente di essere descritto perfettamente proprio da quelle stesse parole pronunciate con rabbia tristezza e orgoglio.
«Paradossalmente noi siamo la generazione più istruita, più sensibile alle tematiche ambientale, ai diritti civili, più intelligente al mondo, molto più dei nostri genitori, per non parlare dei nostri nonni, ma siamo anche quella più insicura, che non ha lavoro, non ha prospettive per il futuro; questo ci chiama ad essere competitivi, bisogna tentare con ogni mezzo di spiccare, perché altrimenti, no, non ce la facciamo. Siamo la generazione a cui hanno promesso il mondo in mano. E, invece, ci hanno dato solo un disastro» aggiunge un altro personaggio.
Una generazione, la “Z”, che vuole sentirsi amata. Esseri umani che vogliono sentirsi amati come tutti. E che cercano, quindi, tale soddisfacimento nell’approvazione sui social, nei likes e nei commenti. Ma perché?
«Ormai esisti solo se racconti di esistere - afferma un’attrice-. Su Instagram siamo un pupazzetto in mezzo a tanti altri pupazzetti».
Ma i giovani d’oggi non sono delle marionette che prendono vita nelle storie che durano 24 ore e lo gridano a chiusura dello spettacolo.
«So che ognuno di noi, a suo modo, cerca di fare la differenza, chi lotta per i propri sogni, chi per i diritti delle minoranze, siamo la prima generazione a vivere in un mondo digitale, ma abbiamo sviluppato un senso critico – aggiunge un altro personaggio -. Se ci viene data la possibilità sappiamo che possiamo contribuire in questo mondo, quindi no, non sono d’accordo con chi ha una visione negativa della nostra generazione. Siamo più di quello che sembra. Noi vogliamo spaccare le generazioni, vogliamo fare definitivi punti di rottura tra noi e le generazioni passate».
“Z-Identity", una scena dello spettacolo
«In realtà gli stereotipi sulla generazione “Z” non esistono - afferma Graziana Lo Brutto - perché ogni persona è un mondo a sé».
«È stato davvero molto interessante vedere i giovani di oggi descrivere loro stessi attraverso quello che è il giudizio degli adulti. È una generazione che ha molta voglia di fare e di distaccarsi dal passato» ha aggiunto Chiara Seminara.
Ad applaudire i giovani protagonisti, tra gli altri, il rettore Francesco Priolo e la prorettrice Francesca Longo, i componenti del Comitato di gestione del Centro universitario teatrale, Maria Rosa De Luca e Rosario Castelli, e la delegata all’Internazionalizzazione Lucia Zappalà.
«Il messaggio che i nostri studenti hanno lanciato oggi è molto profondo e importante, una lezione per tutti noi che apparteniamo ad un’altra generazione – ha detto il rettore Francesco Priolo a conclusione dello spettacolo -. È stato bellissimo sentire parlare voi giovani in italiano con tantissimi accenti diversi».
“Z-Identity", una scena dello spettacolo
I protagonisti
Lo spettacolo è stato scritto e realizzato da 28 studenti tra Erasmus (provenienti da diversi atenei europei) e Università di Catania. Ecco i protagonisti: Lea Aulbach e Sarah Schmickal (Germania), Virag Szigethy (Ungheria), Kristine Badalyan (Armenia), Joanna Bartkowiak (Polonia), Lucia Fernandez Lopez e Gonzalo Suarez Lovelle (Spagna), Clara Maierhans (Francia), Kelsey Monsen (Canada), Giuseppe Caraci, Andrea Catalano, Greta Agata Di Bartolo, Simone Di Mauro, Gabriele Gravino, Chiara Leonardi, Angelica Lombardo, Marina Monaco, Livia Pennisi, Giada Puliatti, Simone Reitano, Giovanni Rosano, Nicol Somers, Nadia Tomasi, Alice Vaccaro, Sofia Zappalà, Andrea Modica e Elena Montecchi.
I protagonisti dello spettacolo
Il progetto Scena Erasmus
«L’idea nasce da un progetto Erasmus che io ho fatto a Valencia dodici anni fa - sostiene Graziana Lo Brutto, attrice e drammaturga, diplomata al Teatro Stabile di Catania -. Ho avuto, insieme agli altri partecipanti, il permesso di esportarlo e così l’ho proposto all’Università di Catania. Adesso siamo già al terzo anno».
Un progetto europeo che si pone l’obiettivo di far vivere agli studenti Erasmus la vita nella città. Il tutto attraverso il potenziamento delle competenze e capacità linguistiche e creative dei partecipanti favorendo, inoltre, l’instaurazione di relazioni con gli studenti dell’Università di Catania grazie al laboratorio teatrale e alla realizzazione di uno spettacolo finale recitato in lingua italiana.
Un laboratorio di formazione teatrale, alla terza edizione, che vede Catania sempre più protagonista all’interno della Erasmus Scene Network (che ha la sua sede principale a Valencia), una rete europea di atenei della Germania, Polonia, Slovenia, Francia e Italia.