Zona grigia, quando la criminalità si unisce a ciò che dovrebbe combatterla

Il tema è stato affrontato in occasione del sesto e ultimo incontro del ciclo "Dall’analisi del fenomeno mafioso alla cittadinanza attiva" 

Danilo Bilardi

Le mafie oggi: i loro affari e la zona grigia. È il titolo del sesto e ultimo incontro del ciclo Dall’analisi del fenomeno mafioso alla cittadinanza attiva dei seminari d’ateneo “Territori, ambienti e mafie – in memoria di Giambattista Scidà”.

Un incontro, moderato dal prof. Antonio Pioletti, in cui sono state messe in luce alcune criticità della lotta al sistema mafioso.

«La mafia è nel territorio italiano da ben due secoli, abbiamo sconfitto il brigantaggio, il terrorismo rosso e nero, perché la mafia no?», questa domanda posta nell’intervento del saggista e politico italiano Isaia Sales ci permette di capire perché ancora oggi ci ritroviamo la criminalità organizzata nelle nostre città.

«Risulta importante dare una definizione alla mafia, c’è chi la definisce terrorismo, ma questa definizione non calza a pennello con ciò che è in realtà, non è una criminalità antistatuale, perché non è mai andata contro il sistema statale, anzi – ha aggiunto –. Possiamo chiamarla “criminalità priva di definizione” per un motivo principale: non possiamo unire una soggettività politica né economica».

Dopo aver provato a dare una definizione il politico italiano ha continuato evidenziando come «questa mafia riesce ad unirsi con coloro che dovrebbero combatterla, il nostro è uno stato che oramai convive con la mafia, sembra quasi che le istituzioni vogliano “contenere e mai sconfiggere”.

Una differenza principale con le altre tipologie di criminalità sta nel fatto che la mafia è in grado di trasformare ciò che sottrae agli altri in potere all’interno della società».

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E sulla differenza tra imprenditore semplice ed imprenditore mafioso, ha precisato che «il secondo è in grado di rimanere contemporaneamente sia nel mercato legale, sia in quello illegale». Così la mafia raggiunge settori come quello della gestione del traffico, del traffico di stupefacenti ed anche dei rifiuti «i mafiosi rispondono ad una domanda, se non ci fosse domanda di droga non ci sarebbe la gestione mafiosa di quest’ultima», ha aggiunto.

L’incontro è proseguito con l’intervento del docente di Econometria del Dipartimento di Economia e Impresa dell’ateneo catanese Livio Ferrante, il quale ha spiegato che «l’obiettivo primario della mafia è quello di accumulare potere e denaro perché il potere produce denaro, mentre il denaro rafforza il potere».

Il docente ha, inoltre, illustrato che «la mafia è un’organizzazione criminale strutturata e gerarchica, le sanzioni criminali come il carcere duro o il soggiorno obbligatorio vanno a colpire i singoli membri dell’organizzazione che in possesso di potere a sufficienza va a far subentrare nuove persone per portare avanti la longevità della criminalità organizzata».

Il docente ha anche evidenziato «il metodo con cui stiamo riuscendo ad indebolire la mafia in quanto organizzazione che si muove nel mercato legale e illegale» e in particolar modo come si attiva nel riappropriarsi «tramite la riassegnazione di beni e aziende confiscati afferenti a membri legati alla criminalità organizzata».

«Purtroppo, come abbiamo visto in altri incontri, la procedura di riassegnazione dei beni confiscati ha tempi burocratici estremamente lunghi», ha aggiunto.

L’intervento da parte di una vittima in prima persona della mafia, Sebastiano Costa, ha permesso di avere una testimonianza diretta degli effetti delle organizzazioni mafiose sugli imprenditori.

«Ho iniziato a fare impresa negli anni ’80 con apicoltura e viticoltura, man mano che mi sono affermato i problemi sono cominciati, ho provato a smorzare sul nascere la richiesta di pizzo, ho individuato chi lo chiedeva e l’ho denunciato – ha raccontato il testimone –. Dieci anni fa ho deciso di ampliare l’azienda di un chilometro, ho acquistato il terreno ed ho avviato i lavori, continuamente però il cantiere veniva distrutto durante la notte. Sono stato costretto a garantirmi la sicurezza spendendo una quantità enorme di soldi».

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«Nel 2015 la struttura era quasi completata, per via del cattivo tempo siamo stati costretti a fermarci per un paio di giorni, quando finalmente siamo riusciti a ritornare al cantiere che era stato distrutto, danni per 50mila euro», ha continuato l’imprenditore. «Il colpevole è stato individuato e denunciato, ma tutt’ora si trova ai domiciliari – ha aggiunto -. Dieci anni di battaglie legali, tre processi in corso e alla fine il colpevole è ai domiciliari».

L’intervento conclusivo è stato affidato a Antonio Fisichella del Comitato prevenzione disagio e dispersione giovanile che si è soffermato sulla zona grigia raccontando alcuni dettagli della mafia catanese.

«All’evento privato di inaugurazione della concessionaria della signora Carmela Minniti, moglie di Nitto Santapaola, erano presenti il questore Agostino Conigliaro e il prefetto Francesco Abatelli. Un messaggio chiaro di quel passaggio da criminalità di nicchia a vera e propria imprenditoria criminale», ha precisato.

A seguire si è soffermato, evidenziando i rapporti tra mafia e tessuto economico, sui 'casi' di Angelo Ercolano, imprenditore incensurato, iscritto alla Confcommercio, nipote del defunto capomafia Pippo Ercolano. E, inoltre, anche del presidente di Confindustria di Catania, Angelo Di Martino, sottoposto a estorsione dalla mafia, che avrebbe pagato il 'pizzo' per venti anni senza denunciare.

Nel corso dell’incontro sono stati mostrati anche alcuni titoli di giornale come Pagare i mafiosi non è reato o La mafia? È un’assicurazione. Titoli forti che fanno riflettere sul come la mafia sia effettivamente “inserita” nel tessuto socioculturale del nostro territorio, al punto tale che per aprire un’azienda bisogna mettere in conto anche il pizzo o la protezione.

«Il rapporto tra mafia e imprenditoria è estremamente chiaro - come ha evidenziato il prof. Ferrante -. Bisogna rompere i legami, è necessaria una nuova cittadinanza attiva e una rinnovata cultura della legalità».

«È opportuno aggiungere che è necessaria la valorizzazione di importanti principi culturali per andare a “coprire” questa zona grigia», ha detto in chiusura Livio Ferrante.