Come nasce un’istituzione: tra razionalità pratica e valore simbolico

Prosegue la rassegna de “I lunedì del classico” al Disum. Nel secondo appuntamento sono intervenuti i docenti Marco Mazzone e Monica Centanni

Chiara Schembra (foto di Francesca Prado)

Le istituzioni tra sacro e profano. È il tema al centro del secondo appuntamento del ciclo di seminari I lunedì del classico organizzati dal Dipartimento di Scienze umanistiche e promossi dai docenti Monica Centanni, Paolo B. Cipolla, Giovanna R. Giardina, Orazio Licandro e Daniele Malfitana.

Al seminario sono intervenuti i docenti dell’ateneo catanese Marco Mazzone, ordinario di Filosofia e Teoria del linguaggio, e Monica Centanni, ordinaria di Lingua e Letteratura greca. 
Nel corso del suo intervento il prof. Marco Mazzone ha mostrato un excursus sull’opera di Nietsche: “Costituzione delle istituzioni”.

«In quest’opera Nietsche scrive di essere assolutamente favorevole all’amore duraturo e dice che il simbolo di quest’ultimo è il matrimonio – ha spiegato il docente -. Il matrimonio è istituzione e tutte le istituzioni riguardano la passione. Prima di affrontare il tema delle istituzioni, bisogna però fare un passo indietro alle convenzioni: istituzioni non ancora formalizzate».

Ed è stato proprio il docente a porre il quesito: «Cosa dirigono le istituzioni? Strano, ma vero: la vita! Vitam instituere, riprendendo il titolo dell'ultimo libro di Roberto Esposito. Da una parte limitano, dall’altra manifestano la vita. La libertà assoluta è negazione della vita stessa e la costituzione irrigidisce le convenzioni e le passioni».

Un momento dell'intervento del prof. Marco Mazzone

Un momento dell'intervento del prof. Marco Mazzone

Per confermare la sua tesi, il docente ha citato un saggio del ’59 in cui si evince come il sacro garantisca gli accordi sociali. Questo ce lo dice Durkheim, sociologo francese dell’800. «La dialettica tra razionalità e sacro è una compensazione perché è conveniente collaborare in modo che tra istituzionalità e sacralità vi sia coerenza», ha aggiunto il docente. 

«Jürgen Habermas, filosofo e sociologo della Scuola di Francoforte, segue ancora il discorso dei due autori, che sostengono come la sfera indipendente non esista – ha proseguito il docente -. Non soltanto non possiamo fondare razionalmente le grandi idee, essere in grado di trovare qualcosa di giusto o sbagliato dal punto di vista morale, ma si cade proprio nello scetticismo etico. L’autorità del sacro viene quindi sostituita».

«L’economista John Hussman parla di David Hume e proprio il filosofo scozzese, nel corso del ‘500/600, ha evidenziato come nell’Illuminismo si rifiuta la pessimistica visione della vita – ha aggiunto il prof. Mazzone -. Venivano sconsiderate le passioni aristocratiche. L’aristocrazia. La cosiddetta società migliore. Un altro sociologo, Anthony Smith, affronta questo tema. Se la situazione fosse come la racconta Smith, non ci spiegheremmo certe cose». 
In chiusura di intervento il docente ha ripreso il pensiero del politologo Giovanni Orsina che «vede il problema intrinseco della democrazia: il soggetto è in preda alle passioni».

Un momento dell'intervento della prof.ssa Monica Centanni

Un momento dell'intervento della prof.ssa Monica Centanni


«Noi umani – ha aggiunto il prof. Mazzone -. Siamo spaventati dalla liberazione delle passioni. Noi quale idea abbiamo del periodo storico dell’Illuminismo? Se rappresenta noi stessi, non si capisce perché è così facile cadere nel conflitto. Bisogna accettare che sullo sfondo c’è sempre la possibilità del conflitto. Si vedano le elezioni in Russia dove vige una democrazia non liberale. Macchiavelli dice che le istituzioni romane della guerra, significa un conflitto perenne».

La docente Monica Centanni ha cominciato il suo intervento leggendo un passo delle Supplici del tragediografo Eschilo che si riallaccia perfettamente ai giorni nostri seguendo il filone delle migrazioni, dell’accoglienza dopo il conflitto. «In fuga dalla Libia, le Danaidi, inseguite dai loro cugini egizi, approdano ad Argo, la città greca da cui aveva avuto origine la stirpe di Danao, per chiedere asilo al re Pelasgo – ha detto la docente -. Ma cosa accade quando queste migranti, profughe impaurite e indifese, si rivelano supplici aggressive e poi spose assassine?».

Successivamente la Centanni ha citato il filosofo Aristotele, il quale spiega che «la democrazia è intrinseca in Atene». «Ogni città ha la sua politeia, la sua costituzione, Atene è sempre stata una poleis democratica», ha continuato la prof.ssa Centanni citando Aristotele.
Nel suo intervento ha anche ripreso Temistocle prima della battaglia di Salamina: “Noi siamo la città. Possiamo fondare la città altrove”,dice Temistocle. «L’istituzione – ha detto in chiusura -. rappresenta per Atene lo scatto da una realtà fondante piena di valori».