In video il talk di Carmine Lubritto “Gli investigatori dell’arte e dell’archeologia: la fisica nel mondo dei beni culturali” presentato a FameLab Catania
“Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti e i sentimenti appassionati”.
Così lo scrittore francese Stendhal, nel suo libro “Rome, Naples et Florence” del 1817, descrive la profonda emozione provata a Firenze nel visitare la Basilica di Santa Croce, tale da lasciarlo “in uno stato di palpitazione, con la vita minacciata dalla presenza sovrabbondante del bello”.
Tutti, di fronte a capolavori artistici o archeologici, siamo stati almeno una volta Stendhal a Santa Croce. L’arte scuote, commuove, suggestiona, è un ponte tra chi crea, chi osserva e il mondo in cui viviamo, capace di unire emozione, pensiero e cultura. L’archeologia è la traccia di tanti altri che prima di noi hanno eretto templi, edificato ville, amato, odiato, pianto, riso, mangiato, bevuto, vissuto, migliaia di anni fa come oggi.
L’esperienza descritta da Stendhal e sperimentata da tutti noi è propria della capacità del genere umano di attribuire un significato alla realtà. Tuttavia, a questa interpretazione emotiva, poetica dell’arte e della realtà soggiace la realtà in sé, costituita da un insieme di molecole che interagiscono seguendo delle leggi fisiche. Noi ci appassioniamo ad atomi che, però, rimangono tali: e questo è oggetto di studio degli scienziati, che oltre ad emozionarsi, in un’opera d’arte o in un reperto archeologico vedono anche questa realtà, trasformandola in indagine scientifica.
Su queste premesse si basa l’interessante talk di Carmine Lubritto, docente di Fisica applicata al Dipartimento di Scienze tecnologiche ambientali biologiche e farmaceutiche dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, dal titolo Gli investigatori dell’arte e dell’archeologia: la fisica nel mondo dei beni culturali, presentato nel corso della finale di FameLab Catania.
Il cuore della sua riflessione ruota attorno all'archeologia scientifica, dove la fisica, la chimica e la biologia diventano strumenti di indagine per comprendere non solo la materia degli oggetti, ma anche le storie delle persone che li hanno creati, utilizzati e lasciati in eredità.
«Quando osservo un’opera d’arte, un dipinto o un reperto archeologico, io li vedo prima di tutto come materia in trasformazione: un insieme di atomi e molecole che cambiano nel tempo. Questo è il mio punto di partenza», spiega il docente.
«Per analizzare opere d’arte e reperti utilizzo strumenti e metodologie scientifiche che permettono di studiare cosa c’è dentro, a partire dalle informazioni che ci forniscono gli atomi, le molecole, perfino i nuclei. Perché faccio tutto questo? Perché, come un investigatore, voglio scoprire e comprendere. Il mio obiettivo è fare conoscenza».
Cosa significa “conoscere”? Significa, ad esempio, capire quali materiali compongono una lega metallica o una moneta; come è stata costruita un’opera; quando è stata realizzata, cioè, datarla; come vivevano le persone nel passato, e come le loro vite si riflettano sulle nostre anche a distanza di secoli.
Uno dei casi più significativi riguarda lo studio comparato tra le popolazioni delle città romane di Pompei e Ostia. Attraverso l’analisi isotopica dei denti – un approccio che consente di studiare anche il momento dello svezzamento infantile – il team guidato da Lubritto ha scoperto che, già nel I secolo d.C., le pratiche di accudimento variavano a seconda del contesto urbano o rurale. I pompeiani, infatti, svezzavano i bambini più precocemente rispetto agli abitanti di Ostia, probabilmente a causa di differenti condizioni socio-economiche.
Ma il lavoro del docente non si ferma alla ricerca pura: grande attenzione è dedicata anche alla divulgazione e alla valorizzazione museale.
Lubritto propone, infatti, un nuovo approccio alla visita museale, integrando le tradizionali spiegazioni storico-artistiche con un percorso scientifico. Immaginare una guida che racconti non solo chi ha scolpito una statua o dipinto un quadro, ma anche quali materiali sono stati usati, come sono stati trasformati nel tempo, e che informazioni molecolari possono ancora restituirci, è un’idea che apre a nuove forme di fruizione culturale e, soprattutto, a nuove opportunità occupazionali.
Lubritto sottolinea, infine, che il vero motore della ricerca è la passione: «Io credo che noi docenti abbiamo il dovere di trasmettere passione, e voi studenti quello di coltivarla in ciò che fate. Senza passione, tutto rischia di diventare sterile, vuoto. E in un mondo senza entusiasmo e coinvolgimento, il futuro appare povero di speranza».
Perché siamo composti da atomi, sì: fatti della stessa sostanza dell’Universo, materia che si organizza, che evolve, che si trasforma, come ci ricorda la Fisica.
Ma siamo anche fatti “della stessa sostanza dei sogni”, come scriveva Shakespeare: siamo materia transitoria, ma anche passione, slancio, tensione verso qualcosa di più grande. Siamo sogni che respirano.