Katastrophé della democrazia antica. L’esito di un’esperienza politica

Intervista a Francesco Fronterotta, studioso del pensiero presocratico e platonico, docente di Storia della filosofia de “La Sapienza” di Roma, intervenuto all'ottavo appuntamento del terzo ciclo di seminari de I lunedì del classico

Gabriele Cristiano Crisci

«La democrazia sarà una forma di governo piacevole, anarchica e variegata, che dispensa una certa qual uguaglianza agli uguali come ai disuguali». 

Con queste parole Platone, per bocca di Socrate, apostrofa la democrazia nel Libro VIII della Repubblica: si mette a fuoco così, tramite la riflessione di uno fra i più implacabili critici della democrazia ateniese, la contraddizione di quest’ultima, che risiede nell’idea di non tenere in considerazione le peculiarità che contraddistinguono coloro i quali rientrano in tale prospettiva. Non si pone, dunque, nessun criterio regolatore unificante poiché la “democrazia” è – anche etimologicamente – priva di archè, cioè di “fondamento”.

La scuola di Atene, affresco di Raffaello Sanzio nella Stanza della Segnatura nei Musei Vaticani

La scuola di Atene, affresco di Raffaello Sanzio nella Stanza della Segnatura nei Musei Vaticani

All’ottavo appuntamento del terzo ciclo di seminari de I lunedì del classico (vai all'articolo di approfondimento di Chiara Schembra), dopo l’intervento della prof.ssa Giovanna Giardina, grazie alla disamina di alcune pagine di Tucidide (La guerra del Peloponneso II 37, 40, 65) e di Platone (Repubblica VIII, 558c) Francesco Fronterotta, ordinario di Storia della filosofia presso l’Università di Roma “La Sapienza”, ha delineato le caratteristiche della democrazia degli antichi, in particolare di quella ateniese, istituita nella polis greca intorno al 460 a.C. e durata poco più di un cinquantennio.

«È interessante notare – ha detto per inciso il professore Francesco Fronterotta nel corso dell’incontro dal titolo La catastrofe della democrazia: Tucidide, Aristofane, Platone – come i principali testimoni di questo fenomeno politico siano anche dei testimoni ostili». 

Così, il mostrare l’esito – è questo, infatti, il significato del termine greco katastrophé – dell’esperienza democratica ateniese tramite le analisi che vengono elaborate da alcuni dei suoi più avversi critici, diventa un modo per poter «individuare qualche aspetto che sia in comune con alcune delle difficoltà che affliggono la democrazia dei moderni», ha spiegato Fronterotta.

In foto da sinistra Giovanna Giardina e Francesco Fronterotta

In foto da sinistra Giovanna Giardina e Francesco Fronterotta

Ha preso forma un percorso che, dai testi coevi all’Atene del V sec. a.C., è giunto a un’analisi avulsa da pre-giudizi storiografici, mostrando i risvolti di un’esperienza politica che ha segnato profondamente la storia antica sino ai nostri giorni.

Difatti, è ancora oggi un pensiero comune considerare la forma di governo democratica un non plus ultra, un qualcosa di immutabile e inalterabile: contrariamente, già gli antichi ateniesi vedevano in essa un processoin fieri «con un suo ciclo vitale e – continua Francesco Fronterotta – come l’effetto non di una “universalizzazione” del sistema politico, bensì di un intervento da parte di un sistema egemonico che ha prodotto una rappresentazione funzionale di tale potere».

La video intervista

Nell’intervista il professore Francesco Fronterotta sottolinea come «ciò che emerge sia il carattere falso di qualsiasi tentativo di ricomporre o di ricollocare l’esperienza democratica ateniese in una cornice di autentica universalità».