La catastrofe della democrazia: Tucidide, Aristofane, Platone

Continua il terzo ciclo de “I lunedì del classico”, nell’ottavo incontro sono intervenuti Francesco Fronterotta dell’Università di Roma "La Sapienza" e Giovanna Giardina dell’Università di Catania

Chiara Schembra (foto di Alfio Russo)

La democrazia degli antichi, il sistema politico istituito ad Atene intorno al 460 a.C. e durato poco più di un cinquantennio, di frequente chiamato in causa, nella storia del pensiero politico occidentale, come termine di confronto rispetto alla democrazia dei moderni.

È il tema trattato nel corso dell’ottavo incontro de I lunedì del classico - dal titolo La catastrofe della democrazia: Tucidide, Aristofane, Platone - che si è tenuto nei giorni scorsi nell’Aula A” del Monastero dei Benedettini del Dipartimento di Scienze umanistiche.

Un incontro sulla collocazione della legge come misura universale e condivisa della comunità dei cittadini all’affermazione di un principio di uguaglianza di fronte a essa, sul riconoscimento e dalla tutela dei diritti individuali e collettivi al rispetto e all’esercizio della libertà di parola e di espressione e sulla necessità di garantire un dibattito plurale fra le diverse parti politiche all’individuazione del problema della rappresentanza.

Di fronte alla crisi che attanaglia i sistemi democratici contemporanei, e che rimette in causa la nozione stessa di democrazia, può essere di qualche utilità e interesse interrogare alcuni fra i più implacabili critici della democrazia ateniese, per valutare se dai loro severi giudizi emergano elementi o spunti che ci aiutino a comprendere la crisi attuale, se non per prospettarne soluzioni, almeno per individuarne i possibili esiti.

Per rispondere a queste domande sono state prese in considerazione alcune pagine di Tucidide (part. libro II 37-41 e 65), di Aristofane (con riferimento ai Cavalieri) e di Platone (dal libro VIII della Repubblica).

In foto Giovanna Giardina dell’Università di Catania e Francesco Fronterotta dell’Università di Roma "La Sapienza"

In foto Giovanna Giardina dell’Università di Catania e Francesco Fronterotta dell’Università di Roma "La Sapienza"

A soffermarsi su questi temi i docenti Francesco Fronterotta dell’Università di Roma "La Sapienza" (vai alla video intervista di Gabriele Cristiano Crisci) e Giovanna Giardina dell’Università di Catania.

«Parlando di catastrofi non si può non parlare della Katastrophé intesa come via d’uscita, fine della tragedia – ha spiegato il prof. Francesco Fronterotta -. Aristofane, ad esempio, è particolarmente ostile alla democrazia. Ma occorre evidenziare che all’inizio del V secolo, Atene era già la città democratica per eccellenza. Le riforme di Clistene avevano definito la sua forma di governo. Tutti i cittadini (maschi, adulti e liberi) avevano il diritto di entrare a far parte degli organi istituzionali. La riforma aveva portato in sintesi alla fine dei rapporti tribali».

«Ma al di là delle differenze strutturali, ci sono degli elementi analoghi nella democrazia? La democrazia prevede un sistema di divisione sulla base del sorteggio», ci tiene a sottolineare il docente dell’ateneo romano rispondendo alla propria domanda. 


«Nel dibattito fra storici e studiosi del pensiero politico c’è ancora quella che secondo Luciano Canfora la democrazia sia un’ideologia e che con la democrazia ateniese si sia persa l’autenticità storica – aggiunge -. Ci chiediamo perché i greci non abbiano usato il termine demarchia? Molto probabilmente perché democrazia vuol dire potere del popolo, mentre aristocrazia si riferisce a una parte qualitativamente selezionata agli aristoi».

«Cosa c’è dietro la rappresentazione universalistica della democrazia? Il nostro ordine politico non si modella su degli schemi stranieri – continua il docente -. Ci vuole isonomia, ossia assoluta equità nell’ambito della vita privata».

In foto Giovanna Giardina dell’Università di Catania e Francesco Fronterotta dell’Università di Roma "La Sapienza"

In foto Giovanna Giardina dell’Università di Catania e Francesco Fronterotta dell’Università di Roma "La Sapienza"

E leggendo un estratto del capitolo 40 del libro II di Tucidide spiega: «Pericle, per mano di Tucidide, ci offre una descrizione pratica della democrazia». «Nel capitolo 65, invece, Tucidide descrive il suo giudizio su quanto ha detto Pericle, soffermandosi sul demos», ha aggiunto.

Pericle, infatti, fu il politico democratico più influente e con lui la democrazia raggiunse la sua forma più compiuta. «Atene, non a caso, era la pòleis più potente di tutte - ha spiegato il docente Francesco Fronterotta -. E con Pericle, nel corso del V secolo, un numero sempre maggiore di cariche politiche furono retribuite. Di conseguenza anche chi non era abbastanza ricco da poter vivere di rendita, senza lavorare, poteva iniziare a partecipare alla vita politica», ha riassunto il docente dell’Università di Roma "La Sapienza".

Pericle, infatti, riuscì a imporre alla città il proprio potere personale e per mantenere il potere e la democrazia, doveva tenere sempre alto il consenso che lo circondava e, per farlo, sfruttò la propria ricchezza e la propria abilità oratoria. Dopo la sua morte, non a caso, la democrazia ateniese fu interrotta due volte da brevi parentesi oligarchiche.

In chiusura di intervento anche un accenno alla Democrazia di Platone in cui tutti i cittadini sono liberi e ad ognuno è concesso di fare ciò che vuole con il risultato che lasciandosi andare ad eccessi nella gestione si rimane delusi e non si vede più la democrazia come la migliore forma di governo. Tutti, infatti, possono salire al potere pur non essendo adeguatamente formati, e alla fine la democrazia è solo l'anticamera della tirannide.