"La formica aliena Solenopsis invicta è molto invasiva, va eradicata subito"

Giorgio Sabella, responsabile del progetto Figth Alien Species Tranborder, interviene sulla formica di fuoco

Alfio Russo
Solenopsis invicta regina, maschio e operaie di varie dimensioni (foto Antonio Alicata)
Un nido della specie aliena invasiva Solenopsis invicta (foto Antonio Alicata)
Fico degli Ottentotti (foto Pietro Minissale)
Pennisetum setaceum (foto Pietro Minissale)

Colore bruno rossastro, dimensioni comprese tra i due e i cinque millimetri, dotate di un pungiglione particolarmente velenoso. Non a caso le loro punture sono molto dolorose. Solenopsis invicta, meglio nota come formica di fuoco o formica guerriera, è balzata agli onori della cronaca nei giorni scorsi per la sua accertata presenza nel Siracusano.

Dopo aver “invaso” molti territori del nostro Pianeta, adesso è stata ritrovata nel Siracusano con ben 88 nidi censiti da esperti mirmecologi. A dimostrarlo è uno studio, pubblicato sulla rivista Current Biology, guidato dall’Istituto spagnolo di Biologia evoluzionistica e a cui hanno collaborato anche i ricercatori degli atenei di Catania e di Parma. 

«In Sicilia le prime segnalazioni da parte di alcuni residenti nell’area della foce dell’Anapo, vittime di punture risalgono ad almeno lo scorso anno. Queste segnalazioni hanno spinto alcuni ricercatori siciliani a verificare la presenza di Solenopsis invicta in quest’area censendo a vista ben 88 nidi; c’è, tra l’altro, una seconda segnalazione, ancora da verificare, nella zona di Arenella sempre nel Siracusano, perché, ovviamente, adesso c’è più attenzione sui casi di puntura di formica», spiega il prof. Giorgio Sabella dell’Università di Catania. 

«Si tratta di una specie facilmente riconoscibile per il colore e per la presenza di un pungiglione all’estremità dell’addome. Di solito le formiche indigene non pungono, ma questa sì. E fa anche male», aggiunge lo zoologo.

Dal 2022 Solenopsis invicta è una specie di interesse unionale ai sensi del Regolamento europeo 1143/2014 (recepito in Italia con decreto legislativo 230 del 15 dicembre 2017) recante disposizioni volte a prevenire e gestire l'introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive. Per tali specie, ritenute ad alto rischio di invasività, l’Ue prevede, nel caso di segnalazioni accertate di un loro primo insediamento stabile nel territorio della Comunità europea, interventi tempestivi di eradicazione al fine di evitarne la proliferazione e la diffusione.

«Fino ad oggi vi erano state segnalazioni sporadiche di questa specie in Spagna, Olanda e in Finlandia, adesso è diverso», continua Giorgio Sabella, responsabile del progetto di ricerca FAST - Fight Alien Species Transborder, proprio sulle specie aliene, «perché si tratta del primo caso accertato di insediamento stabile di questa specie nel territorio della Comunità europea e questo obbliga la Regione siciliana e lo Stato italiano ad intervenire tempestivamente ed efficacemente con interventi di eradicazione e di monitoraggio della loro efficacia».

Solenopsis invicta (foto Antonio Alicata)

Solenopsis invicta (foto Antonio Alicata)

La specie originaria del Sud America, ha poi invaso il centro America e l’intera area meridionale degli Stati Uniti fino ad arrivare, tramite il trasporto delle merci (in particolare di piante) in Cina, Taiwan, Australia e Nuova Zelanda. 

«Proprio la Nuova Zelanda ha avviato importanti programmi di eradicazione che sebbene avessero avuto un apparente iniziale successo, sono stati seguiti da nuove invasioni a dimostrazione del fatto che si tratta veramente di una specie particolarmente invasiva», ci tiene a precisare il docente del dipartimento di Scienze biologiche geologiche e ambientali.

E se il pericolo per l’uomo è legato alla puntura e al conseguenziale bruciore a cui occorre aggiungere, nei casi di soggetti allergici, così come avviene ad esempio per le punture di vespe e api, il rischio di reazioni che possono portare anche ad uno shock anafilattico, il problema si pone anche per gli equilibri degli ecosistemi e per l’agricoltura.

«Si tratta una specie onnivora, che utilizza il pungiglione sia per difendersi che per nutrirsi, che elimina per predazione o per competizione le altre specie di formiche e di invertebrati del suolo, oltre agli ingenti danni che può provocare ai raccolti. In letteratura sono stati evidenziati danni anche ad apparecchiature elettriche e di comunicazione», sottolinea il prof. Sabella.

In Sicilia è arrivata probabilmente, ma si tratta al momento solo di un’ipotesi, tramite il posizionamento nel sito di elementi naturali provenienti da zone esotiche.

«I nidi delle popolazioni native ospitano una sola formica regina (vengono definiti monoginici), ma quelli di molte popolazioni alloctone, inclusi quelle ritrovate nel Siracusano, hanno più formiche regine, sono cioè poliginici. È questo un aspetto biologico di cui occorre tenere conto poiché amplifica l’invasività di questa formica», precisa lo zoologo. 

«Occorre un piano di eradicazione, che la Regione sta comunque già avviando, per evitarne la proliferazione e diffusione e a tali interventi dovranno essere affiancati dei monitoraggi periodici per valutare l’efficacia degli interventi», spiega Giorgio Sabella. 

«Nel progetto FAST, appena concluso, la formica di fuoco è stata inserita in corsa nel database delle oltre 100 specie aliene invasive presenti in Sicilia e a Malta. Tale database, che rappresenta un utilissimo strumento conoscitivo, malgrado il progetto si sia concluso il 12 settembre di quest’anno, sarà implementato nei prossimi anni sia dai ricercatori siciliani, sia da quelli maltesi», continua il docente.

Un nido della specie aliena invasiva Solenopsis invicta

Un nido della specie aliena invasiva Solenopsis invicta (foto Antonio Alicata)

Oltre alla check list delle aliene (più di 1.300 specie censite) e al database delle specie invasive (più di 230 specie animali e vegetali e di fitoplasmi) il progetto FAST ha messo in campo anche interventi di contenimento/eradicazione di specie vegetali invasive in alcune aree protette siciliane (Oasi del Simeto, Fiume Fiumefreddo, Macchia Foresta del Fiume Irminio e Pineta di Vittoria) e maltesi (L-Inħawi tal-Buskett u tal-Girgenti, L-Inħawi tax-Xlendi u tà Wied Kantra e Il-Magħluq ta' Marsaskala), che sono stati finalizzati anche allo sviluppo di metodologie innovative e condivise, esportabili nel bacino del Mediterraneo.

«Le piante alloctone invasive sono state monitorate principalmente nelle quattro riserve naturali siciliane coinvolte nel progetto – spiega il prof. Pietro Minissale - con la finalità di sperimentare le tecniche di eradicazione e contenimento e nel contempo ottenere un recupero e un miglioramento della vegetazione naturale. È difficile mantenere sotto controllo tutte le specie invasive rilevate; un successo è stato l’eradicazione dell’agave americana, presente nella riserva del Fiume Irminio che cresceva nella vegetazione della macchia mediterranea costiera, esempio fra i più rappresentativi della costa meridionale siciliana, in altre aree per lo più distrutta dalle urbanizzazioni costiere».

In generale la maggior parte delle piante esotiche sono di interesse ornamentale o agrario e restano per lo più confinate nei giardini o nei siti di coltivazione, senza arrecare alcun danno, ma alcune di queste, nel corso del tempo, circa 30 su 500 specie vegetali aliene spontaneizzate in Sicilia, sono diventate molto invasive con danni agli habitat naturali e anche alle colture agrarie o alle infrastrutture realizzate dall’uomo». 

Il docente si sofferma così sul «fico degli Ottentotti originario del Sudafrica, dai fiori purpurei e gialli presente in molte spiagge in quanto utilizzata dagli anni ’70 per fissare le dune, ma nel tempo le ha alterate e in molti casi è diventata una specie dominante. Nella riserva Oasi del Simeto i nuclei presenti sono stati eradicati nell’ambito del progetto».

E anche sul Pennisetum setaceum, una graminacea che negli anni ’30 è arrivata all’Orto botanico di Palermo dall’Africa. «Nel corso dei decenni si è diffuso sui Monti di Palermo e a seguire è arrivato a Catania, nelle aree del fiume Simeto e la sua espansione è tuttora in corso», continua il prof. Minissale, associato di Botanica sistematica. 

«È una specie impossibile da eradicare se non nella fase iniziale di diffusione - aggiunge - eppure nel 2000 è stata rilanciata come specie ornamentale contribuendo alla sua diffusione in tutto il Meridione e nell’Italia centrale, ma adesso ne è vietata la vendita e la coltivazione in tutta l’Unione Europea».

Agave americana (foto Pietro Minissale)

Agave americana (foto Pietro Minissale)