La fotografia di un “non fotografo”

Intervista a Carmelo Nicosia, direttore artistico della mostra “Catania Mia!” di Ettore Sottsass

Gaetano Gigante

In occasione della mostra Catania Mia! di Ettore Sottsass, ospitata al Museo Civico Castello Ursino nei giorni scorsi, abbiamo intervistato Carmelo Nicosia, direttore artistico della Fondazione Oelle e direttore della scuola di fotografia all’Accademia di Belle Arti di Catania. Carmelo Nicosia, fotografo di rilevanza internazionale, è anche un consulente di fotografia per enti nazionali e internazionali oltre che docente universitario.

La mostra, 111 fotografie, in bianco e nero e a colori, quasi tutte inedite, sono state realizzate da Ettore Sottsass, un "fotoreporter della vita", a Catania negli anni Novanta. Fotografie attraverso cui Ettore Sottsass ha raccontato sè stesso nelle vesti di “fotografo”, uno degli aspetti meno conosciuti e indagati del grande architetto e designer italiano. Ideato e realizzato per gli spazi del Castello Ursino, il percorso espositivo racconta una Catania vitale: il Barocco, il mercato del pesce, le strade, le scene di vita quotidiana e luoghi simbolo della città come il Monastero dei Benedettini. 

La mostra è stata realizzata da Fondazione Oelle (vai all’intervista alla presidente Ornella Laneri) con la collaborazione dello studio Ettore Sottsass, il Comune di Catania, il Fondo Sottsass del Centre George Pompidou di Parigi, la Bibliothèque Kandinsky, Crédit Agricole Italia e la Società Aeroporto Catania. 

Qual è stato il suo coinvolgimento nella preparazione della mostra di Ettore Sottsass?

«Ho svolto un ruolo scientifico, curatoriale - spiega Carmelo Nicosia -. Tuttavia, ci tengo a sottolineare che, quando si va a vedere una mostra, spesso non ci si rende conto che dietro c’è un lavoro di decine e decine di esseri umani, anche a livello di puro mecenatismo. Per quanto riguarda la mostra, è interessante sia perché va oltre una certa rappresentazione retorica dei luoghi, sia perché è una mostra fotografica di un non-fotografo: Ettore Sottsass era un architetto, un designer, un visionario e per certi versi anche un teorico dell’architettura che usava la fotografia per registrare la sua visione del mondo. Abbiamo raggiunto, inoltre, un ottimo risultato di pubblico: più di ventimila visitatori che hanno gustato una Catania tra fine anni Novanta e inizi anni Duemila, un bel periodo di buona politica e amministrazione per la nostra città».

Monastero dei Benedettini, Chiostro di Levante (foto di Ettore Sottsass)

Monastero dei Benedettini, Chiostro di Levante (foto di Ettore Sottsass)

Cosa c’è in queste foto di Sottsass architetto e designer?

«C’è tutto di Sottsass architetto e designer - spiega il direttore artistico della mostra -. Un’idea di inquadratura e selezione della realtà che ha a che fare con la sua idea di spazio, poi c’è la forte volontà di non sembrare un fotografo ordinato e canonico attraverso le sue inquadrature. Interessante è anche la dimensione analogica nella quale vengono scattate queste foto: non c’è postproduzione, c’è un’idea di luce e forme che non potevano essere create successivamente».

Come Ettore Sottsass, anche lei, nella sua attività di fotografo, si è confrontato col tema del territorio, attraverso progetti specifici dedicati agli Stati Uniti, al Giappone e all’Africa. Da che punto di vista il suo approccio è diverso da quello di Sottsass? Il confronto con quest’ultimo ha determinato qualche cambiamento nella sua pratica artistica?

«Sottsass non era un fotografo e usava la fotografia come medicina, alleggeriva il suo spirito con il cerimoniale fotografico. Io, invece, da quando avevo sedici anni sono un disciplinato della fotografia - spiega Carmelo Nicosia -. Se, da un lato, quest’impegno ti porta ad approfondire la materia, dall’altro, determina la tua esistenza: per me la fotografia non è mai stata un hobby. Per me è un modo di stare al mondo, è la mia misura rispetto all’esistenza. 

Carmelo Nicosia

Carmelo Nicosia 

Le foto selezionate per la mostra riescono perfettamente a evocare l’anima della città di Catania di quel periodo.  In che modo, secondo lei, l’uso del bianco e nero contribuisce al raggiungimento di questo risultato?

«Credo che sia un aspetto generazionale: per quella generazione e per quella dimensione analogica, il bianco e nero era astrazione, metalinguaggio, una realtà “altra” - spiega il fotografo -. Luigi Ghirri diceva “fotografo a colori perché così posso fotografare anche in bianco e nero”, i francesi parlano dei “colori del bianco e nero”, dunque è un’idea di registrazione di ciò che ci sta di fronte assolutamente soggettiva, indispensabile per chi ha un’idea di visione».

Secondo lei, cosa rende unico lo sguardo di Sottsass sulla Catania di quel tempo?

«Il grande pericolo di questa mostra era la retorica dei luoghi incombente e il dover gestire una fotografia-non fotografia - conclude Carmelo Nicosia -. L’originalità di Sottsass consiste nel suo essere sé stesso. Lui aveva un’idea oltranzista, radicale della cultura, che si traduce in un atteggiamento visuale altrettanto estremo: estreme le luci, l’idea di Sud, le angolazioni, le prospettive ed estreme alcune considerazioni, come la scelta di rappresentare un Sud volutamente fuori registro e fuori contesto».