Ricerca e nuove competenze per la gestione digitale del territorio

Intervento di Berardo Naticchia dell’Università Politecnica delle Marche e presidente ISTeA al meeting annuale della società scientifica italiana

Alfio Russo

Le transizioni verde e digitale necessitano dell’integrazione tra il mondo della ricerca e della produzione e gestione dell’ambiente costruito. Un obiettivo indicato anche dalla Commissione europea con la pubblicazione, nel marzo scorso, del Transition pathway for construction, un documento finalizzato a guidare l’ecosistema verso un futuro resiliente, competitivo, più verde e più digitale.

Su questo tema è stato incentrato il meeting annuale di ISTeAItalian Society of Science, Technology and Engineering of Architecture che si è svolto a Catania nei locali di Villa Cerami dell’Università di Catania con il prezioso supporto del Dipartimento di Ingegneria civile e architettura.

A tracciare le “linee” della ISTeA nei prossimi anni è stato proprio il presidente della società, Berardo Naticchia dell’Università Politecnica delle Marche, in avvio dei lavori aperti dalla prof.ssa Rosa Caponetto del Dicar dell’ateneo catanese, organizzatrice del meeting.

«L’Italia, in riferimento al documento della Commissione europea, è in ritardo perché non c’è un adeguamento professionale e neanche in merito alla linea di produzione per impiego di prodotti a livello sostenibili – ha detto in apertura Bernardo Naticchia, ordinario di Project Engineering per l'Edilizia -. Ma anche in merito alla formazione abbiamo un ritardo rispetto a quello che avviene nel resto dell’Europa almeno come primo confronto su questi temi. Partendo dalla formazione e da una sensibilizzazione di leggi che impongono di fatto l’utilizzo di materiali e criteri che siano orientati alla sostenibilità, possiamo permeare tutto il sistema delle costruzioni partendo dal mondo delle imprese e delle professioni fino ad arrivare alla produzione stessa».

«Il patrimonio edilizio italiano è particolare e unico al mondo e di conseguenza più complesso da trattare da questo punto di vista – ha aggiunto il docente nel suo intervento -. Abbiamo un valore culturale del nostro patrimonio che è enormemente più grande, sia dal punto di vista storico, sia artistico, di molti altri grandi paesi e quindi abbiamo una situazione decisamente più complessa. Non possiamo seguire le prassi e i modi e i metodi che si applicano in altri paesi anche perché dobbiamo avere una visione che metta insieme la salvaguardia del valore con quella dell’ambiente e non sempre è facile raggiungere questo obiettivo».

«Ci sono poi altri temi come la sicurezza del patrimonio e la funzionalità dello stesso, da questo punto di vista in Italia siamo particolarmente più impegnati rispetto ad altri paesi nel seguire questi criteri ovvi e giusti della sostenibilità del verde e della sicurezza del patrimonio – ha tenuto a precisare il presidente di ISTeA -. Sui beni storici sarà difficilissimo intervenire, ma sappiamo bene che in Italia questi edifici fanno parte del patrimonio utilizzato e quindi occorre trovare un compromesso tra le due necessità».

Berardo Naticchia

Un momento dell'intervento di Berardo Naticchia 

Una strada, individuata dal prof. Naticchia, è quella di individuare «competenze più vicine alla società e, quindi, quelle dei tecnici e dei professionisti». 

«Il primo problema è portare ciò che la ricerca elabora e le sue innovazioni all’interno della società che, invece, vive il territorio. C’è la necessità di svecchiare le competenze ingegneristiche e dell’architettura per poter abbracciare tutti i criteri previsti dal documento della Commissione europea», ha aggiunto. 

«In prima battuta occorre affrontare il problema dell’inerzia che abbiamo in Italia nell’introduzione di metodi innovativi e prodotti della ricerca all’interno della prassi nazionale e istituire nuove competenze che in qualche modo devono provenire anche da noi che dobbiamo indirizzare la ricerca e la formazione – ha sottolineato -. L’obiettivo è velocizzare l’inserimento di metodi e criteri nuovi all’interno del tessuto sociale in cui i vari professionisti e i tecnici che lavorano nelle varie aziende operano». 

«L’Italia ha fissato con il nuovo codice dei contratti pubblici, il decreto legislativo 36 del 2023, il 2025 come scadenza per digitalizzare tutte le diverse fasi degli interventi: dalla progettazione fino all’esecuzione e alla gestione del bene con metodi digitali – ha detto in chiusura del proprio intervento -. Un tema particolarmente importante, quindi, è l’introduzione di queste metodologie nella prassi professionale, un problema non di poco conto che dobbiamo affrontare e velocizzare per essere pronti entro la scadenza fissata».

tavolo dei relatori

Un momento della cerimonia di apertura dei lavori del meeting 

Nel corso della cerimonia di apertura sono intervenuti numerosi docenti e esperti del settore in rappresentanza dell’ateneo e delle imprese catanesi, di società scientifiche e degli ordini degli ingegneri e e degli architetti etnei. 

Tra i relatori, intervenuti al meeting, anche l'ing. Marcello San Biagio di STMicroelectronics (direttore generale della divisione General Purpose & RF), l'ing. Antonella Luciano di Enea (vai al suo intervento), il prof. Saverio Mecca (emerito di produzione edilizia e socio ISTeA) ed, inoltre, il prof. Gabriele Masera del Politecnico di Milano, quest'ultimo con un intervento nel corso della sezione dedicata ai giovani ricercatori.

«La transizione energetica ed ecologica richiede il supporto della ricerca e la sinergia tra il mondo accademico e imprenditoriale per dare risposte concrete in campo scientifico, sociale e economico – ha detto la prof.ssa Francesca Longo, prorettrice dell’Università di Catania -. Solo trasferendo sul territorio le competenze e le innovazioni tecnologiche frutto della sinergia tra pubblico e privato possiamo dare un contributo importante allo stesso».

A seguire anche il prof. Gianluca Cicala, vicedirettore del Dicar, ha sottolineato «l’importanza della tematica che vede il dipartimento in prima linea con ricerche sulla transizione ecologica e digitale che hanno ottenuto un finanziamento pari a 7 milioni di euro». E sulla formazione il docente ha evidenziato come «il Dicar in questi ultimi anni ha rivisto la propria offerta formativa per venire incontro alle esigenze del mercato del lavoro e formare laureati con un importante bagaglio professionale in questo campo».