A Unict gli studi sulle iscrizioni lapidee della Sicilia Antica

All’Orto Botanico si sono confrontati epigrafisti, storici, petrografi e archeometristi provenienti da diverse istituzioni e università 

Gabriele Cristiano Crisci

In un’epoca in cui ancora si fatica a superare l’incomunicabilità tra le discipline umanistiche e quelle Stem (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica), l'importanza degli studi archeometrici risiede nella loro capacità di integrare approcci diversi per una comprensione più profonda del passato.

L’archeometria racchiude l’applicazione di metodi scientifici (chimici, fisici, geologici, biologici) allo studio dei materiali archeologici: un’interdisciplinarità che si esplica, ad esempio, nell’applicazione di analisi geochimiche e minero-petrografiche per stabilire la provenienza di manufatti lapidei, e quindi ricostruire le rotte commerciali attraverso la Sicilia stessa e il Mediterraneo. 

In un territorio come la Sicilia – crocevia di civiltà mediterranee e ponte tra Europa, Africa e Asia – gli studi archeometrici assumono un ruolo fondamentale per ricostruire la storia materiale, economica, culturale e ambientale delle popolazioni antiche.

All’Orto Botanico dell’Università di Catania ha avuto luogo la conferenza dal titolo Lo studio archeometrico delle iscrizioni lapidee: approcci interdisciplinari per la Sicilia Antica - organizzata nell'ambito del progetto Crossreads - Text, materiality and multiculturalism at the crossroads of the ancient Mediterranean – le cui attività sono state organizzate dai docenti Germana Barone e Paolo Mazzoleni del Dsgba di Unict in collaborazione con i colleghi Alessia Coccato e Jonathan Prag dell’Università di Oxford.

Dopo i saluti del professore Pietro Militello, coordinatore del Dottorato in “Scienze per il Patrimonio e per la Produzione Culturale” incardinato al Dipartimento di Scienze umanistiche di Unict, che ha evidenziato come questo incontro sia stato «un’occasione di confronto interdisciplinare tra le diverse professionalità che ruotano attorno all’epigrafia antica», gli interventi si sono focalizzati sul ruolo degli approcci interdisciplinari nella comprensione della storia del Mediterraneo nell’Antichità: dalle geoscienze applicate ai beni archeologici allo studio archeometrico della policromia antica, passando dalle sfide legate allo studio e alla valorizzazione delle iscrizioni lapidee.

Studiosi di storia antica, archeologia, archeometria, epigrafia, geologia, e paleografia si sono dati appuntamento per un confronto a più voci sul valore degli studi multidisciplinari e interdisciplinari. Protagonisti indiscussi i documenti epigrafici ritrovati in area mediterranea, più in particolare siciliana, e i materiali che li veicolano, con l’obiettivo di gettare nuova luce sulla complessa eredità della Sicilia Antica.

Un momento dell'incontro

Un momento dell'incontro

Introdotta da una breve panoramica sull’uso archeologico del marmo bianco cristallino, la prima giornata si è aperta con relazioni inerenti allo stretto rapporto tra geoscienze e archeologia, dall’individuazione dei principali litotipi utilizzati in Sicilia sin dall’antichità, come i calcari lucidabili di pregio del Messinese e del Trapanese e i materiali da costruzione tipici della zona sud-orientale dell’isola, come le rocce carbonatiche del Plateau Ibleo. Sono stati proposti anche i primi risultati di una campionatura di calcareniti e di marmi (collocabili tra il II sec. a.C. e il III sec. d.C.) proveniente dagli scavi dell’antica Tauromenion, oggi Taormina.

È stata data altresì importanza alla ricostruzione delle rotte commerciali, che hanno svolto un ruolo cruciale nella diffusione e nell’impiego dei materiali lapidei, come materiali da costruzione o decorativi, ma evidentemente anche come supporti per documenti epigrafici. Sin dall’antichità, infatti, civiltà come quella fenicia, greca e romana e importarono in Sicilia materiali pregiati (es. marmo proconnesio, giallo antico, porfido egiziano) per decorare templi, monumenti e palazzi, utilizzandoli come simbolo di prestigio culturale ed economico.

Gli ulteriori interventi della prima giornata della conferenza hanno investigato il ruolo centrale del marmo (con la revisione di oltre 11.000 analisi archeometriche) nell’identità dell’architettura urbanistica romana. Diversi casi studio sono stati discussi: se un primo ha presentato la caratterizzazione minero-petrografica e chimico-fisica del carico del relitto bizantino Marzamemi II, a largo della costa sud-orientale siciliana; gli altri hanno avuto come protagonisti gli studi sul singolare corpus epigrafico dell’antica Tarraco (con oltre 200 iscrizioni conservate), che ha permesso di conoscere meglio le dinamiche sociali ed economiche in Hispania, in particolare nella provincia Tarraconensis e nella sua capitale.

La seconda giornata ha dato ampio spazio alla policromia nelle opere antiche. L’analisi scientifica dei pigmenti, condotta tramite indagini archeometriche all’interno di progetti interdisciplinari, ha permesso di restituire colori, dettagli e significati originari a sculture e architetture. 

Questo passaggio dal dato analitico all’immaginario collettivo ha un impatto profondo: ribalta l’estetica idealizzata dell’antico algido e bianco, ancora dominante nella cultura visiva occidentale, e apre a una comprensione più concreta, vivace e culturale dei contesti storici. L’uso dei colori, lungi dall’essere decorativo, rivela intenzioni simboliche, gerarchiche e cultuali, rendendo la policromia una chiave di lettura fondamentale per interpretare il passato in tutta la sua complessità.

Un momento dell'incontro

Un momento dell'incontro

A questo proposito è stata discussa una relazione sulla grande perizia nell’uso dei pigmenti - in particolare del Blu Egizio, vai all'articolo sulla mostra "Ultrasky") - da parte di Etruschi e Romani, sottolineandone il valore gerarchico e classista, con un excursus delle scelte pittoriche, soprattutto nelle tombe dipinte in Tarquinia e nella Domus Aurea. Affinché l’applicazione dell’archeometria si integri con altre discipline per un’interpretazione olistica dei dati, sono stati presi in considerazione esempi tratti dalle frontiere romane in Scozia e Germania, o ancora gli studi in corso sugli aspetti tecnici e materici delle stele ed edicole lilibetane di ambito funerario del II-I sec. a.C.

Nell’epigrafia antica, la materialità non può essere relegata in secondo piano, ma è una componente essenziale per comprendere il messaggio, la funzione e la ricezione delle iscrizioni. La scelta dei materiali in epigrafia influenzava non solo la durabilità e la visibilità dei testi, ma anche il loro valore simbolico, politico ed economico. L’approccio interdisciplinare – che intreccia archeologia, filologia, scienze dei materiali, paleografia e archeometria – permette oggi di indagare come la diffusione delle pratiche epigrafiche sia collegata alle rotte commerciali, alle disponibilità locali e alle scelte culturali nei diversi contesti del Mediterraneo.

Dopo un iniziale status quaestionis sulla difficile integrazione degli studi scientifici sui supporti materiali all’interno degli studi epigrafici, sono stati analizzati diversi casi riguardanti le iscrizioni funerarie (oltre 1200) nelle catacombe di Siracusa, testimonianza della autorappresentazione sociale e religiosa della comunità cristiana siracusana tra il III e il VI sec. d.C. e, inoltre, le iscrizioni imperiali di Termini Imerese e quelle del sito indigeno del Mendolito di Adrano, il cui contesto storico e archeologico è ancora dibattuto.

Le recenti analisi archeometriche sui materiali epigrafici siciliani hanno aperto a nuove prospettive di ricerca. È il caso della famosa epigrafe dei ginnasiarchi, rinvenuta a Solunto, e di importante valore per la ricostruzione storiografica della Sicilia ellenistico-romana; o ancora il caso del corpusepigrafico centuripino, tra cui una dedica a un princeps iuventutis (con tracce di preziosissimo cinabro) e alcune iscrizioni che mettono in discussione la posizione periferica della Sicilia nell’Impero post-aziano, in virtù di una dinamicità dell’élites locali nello scenario provinciale e imperiale.

I relatori e partecipanti ai lavori

I relatori e alcuni partecipanti ai lavori all'Orto Botanico

Altrettanto fondamentali sono gli allestimenti museali perché rappresentano un ponte vitale tra passato e presente: non espongono semplicemente i reperti epigrafici, ma li contestualizzano, valorizzano e comunicano, trasformando le iscrizioni in narrazioni accessibili e coinvolgenti.

Sono stati presentati i risultati del progetto EpiCUM, tra l’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del CNR ISTC e il Comune di Catania, per la fruizione e valorizzazione del patrimonio epigrafico del museo civico Castello Ursino. In particolare, la mostra Voci di Pietra ha visto la collaborazione tra il progetto I.Sicily e il Dipartimento Torch dell’Università di Oxford. Grazie anche alle attività del Pcto del Liceo Artistico “Lazzaro” di Catania, ci si è soffermati sui recenti scavi nel Teatro antico etneo che hanno portato al ritrovamento dell’epigrafe gemella a quella dedicata al Genius di Catina scoperta da Ignazio Paternò Castello nel 1770.

A conclusione del convegno di studi sono state presentate la musealizzazione delle testimonianze epigrafiche rinvenute nell’antica città di Alesa Arconidea (fondata nel 403 a.C.) e soprattutto nella sua chora, ovvero la parte extra-urbana della città.

L’uso di tecnologie interattive – come ricostruzioni, audio-guide, didattiche tattili e percorsi multisensoriali – assicura un’esperienza inclusiva, favorendo la comprensione del valore storico e materiale delle epigrafi a un pubblico eterogeneo: è il caso del recente allestimento espositivo a caratterizzazione multimediale del Museo Civico di Marsala, con le epigrafi greche e latine di Lilibeo, databili alla media e tarda età imperiale (II- IV sec. d.C.).

Nel corso dei lavori ci si è soffermati anche sul Museo Archeologico “Paolo Orsi”, uno dei maggiori su scala europea perr ampiezza degli spazi espositivi e che si distingue per la sua unicità: raccoglie e documenta i risultati delle ricerche condotte nel territorio a partire dalla fine del Settecento, con una collezione epigrafica estesissima per cronologia, provenienza, materiali e numero di reperti, il cui studio e valorizzazione presentano sia sfide che opportunità di ricerca innovativa.

Questi casi studio dimostrano che il museo può diventare un laboratorio interdisciplinare, in cui l’epigrafia antica viene restituita alla dimensione viva della scrittura pubblica, collegando ricerca scientifica, divulgazione e partecipazione civica.

La conferenza ha fornito un panorama variegato della ricerca archeometrica in ambito archeologico ed epigrafico, confermando quanto la comunità di studiosi propensi ad una interdisciplinarità tra i diversi ambiti sia vitale e in crescita negli ultimi anni.

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