Una giornata di studi è stata dedicata alla rigenerazione urbana di Catania con l’iniziativa “Garden Day, la fiera del giardinaggio a 360° e del florovivaismo”
Rigenerazione urbana. Catania città spugna: da ipotesi progettuale a possibile realtà? È il titolo dell’incontro che si è tenuto nei giorni scorsi nell’ambito della manifestazione Garden Day, la fiera del giardinaggio a 360° e del florovivaismo.
La giornata è stata dedicata a ripensare la città come un organismo vivo e resiliente, capace di assorbire, trattenere e riutilizzare le risorse naturali, trasformando così un’ipotesi progettuale in una possibile realtà. Un momento di confronto tra istituzioni, progettisti, accademici e professionisti del verde, per immaginare una città più sostenibile, permeabile e socialmente inclusiva, alla luce delle trasformazioni ambientali contemporanee. L’incontro ha sottolineato l’urgenza di superare la logica della semplice riparazione dei danni ambientali, promuovendo invece pratiche preventive e rigenerate.
Ad introdurre i lavori Salvatore Messina, vicepresidente di ANCE Catania e player importante su temi di grande rilevanza. «Il nostro obiettivo è superare la vecchia idea che ci identifica solo come cementificatori. Tra gli obiettivi illustrati c’è quello di trasformare Catania in una “città spugna”, capace di assorbire, filtrare e riutilizzare i grandi flussi di acqua piovana, favorendo un nuovo equilibrio ambientale e urbano», ha spiegato. Messina ha evidenziato come, «attraverso progetti mirati, i parchi urbani diventano non solo polmoni ecologici, ma veri centri di inclusione e innovazione, confermando la necessità di un impegno condiviso fra amministrazioni, cittadini, soggetti privati e reti associative».
«L’obiettivo dichiarato è di rifondare un patto con l’ambiente, dando vita a una città spugna in grado di assorbire e valorizzare l’acqua, con “spine verdi” che occupino almeno la stessa percentuale delle aree pavimentate in cui il verde diventa elemento predominante, con costi ridotti e maggiore attenzione alla qualità della vita, congiungendo l’aspetto filantropico con quello naturale», ha aggiunto.
Quel verde che, dal 2022, è riconosciuto dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite come diritto universale dell’uomo. «Questo impone di integrare spazi naturali nei contesti urbani e di superare l’idea della città come pura infrastruttura, ad oggi i cambiamenti climatici incidono per quasi il 50% sulle perdite economiche del nostro Paese, senza considerare quelle umane – ha aggiunto Augusto Ortoleva, ingegnere progettista dello studio Cantone Ortoleva -. Oggi l’urbanista deve diventare ideatore di ecosistemi».
Tra i progetti in corso, è in fase di realizzazione anche un parco privato ad uso pubblico per i prossimi dieci anni, pensato per restituire alla città la propria dimensione ecologica e partecipata. «È necessario un processo di pianificazione e progettazione secondo il principio del Do No Significant Harm (DNSH), ovvero non arrecare un danno significativo all’ambiente – ha proseguito Ortoleva –. L’obiettivo è coniugare la crescita economica con la tutela dell’ecosistema, assicurando uno sviluppo urbano sostenibile e il benessere dei cittadini, senza compromettere le risorse naturali».

Un momento dell'intervento di Salvatore Messina
Una riflessione che si associa a quella del professore Giuseppe Cirelli del Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell’Università di Catania, diretto dal docente Mario D’Amico. «Il 75% della popolazione europea vive in aree urbane, e questo impone un cambio di paradigma: dobbiamo essere resilienti e operare in ottica green», ha spiegato il prof. Cirelli. «Un risultato che richiede una progettazione capace di contrastare l’impermeabilizzazione del suolo, anche attraverso i Sistemi di drenaggio urbano sostenibile», ha aggiunto.
«Una buona idraulica – ha affermato il prof. Cirelli – si può realizzare anche adottando soluzioni tecniche che prevedano la presenza della natura, rendendo gli spazi urbani più vivibili e sostenibili». Negli ultimi anni, l’Unione Europea ha intensificato il lavoro su questi temi, poiché soprattutto nell’ultimo decennio la frequenza e l’intensità degli eventi piovosi sono aumentate, mentre le infrastrutture esistenti non riescono più a gestire i volumi d’acqua sempre più elevati.
«A Valencia, a Rotterdam e in molte altre città europee – ha proseguito il docente del Di3A – si osservano criticità legate all’aumentare degli eventi estremi di pioggia oltre alla scarsa manutenzione. Ma dobbiamo cominciare a intervenire: qui abbiamo un problema con l’eccessiva artificializzazione e la progressiva sigillatura del suolo. Negli ultimi vent’anni, l’estensione delle aree urbanizzate è aumentata del 20%. Per ovviare a questo problema, in diversi Paesi si sta sperimentando il depaving, ossia la rimozione delle superfici impermeabili e la loro sostituzione con spazi verdi».
Un esempio concreto arriva dal progetto Gifluid, che ha realizzato un tetto verde sull’edificio del dipartimento del Di3A. «La struttura è in grado di assorbire fino al 40% dell’acqua piovana e di abbassare le temperature, migliorando la qualità ambientale e la biodiversità – ha aggiunto il prof. Cirelli -. Un effetto altrettanto rilevante è quello energetico: durante il periodo estivo abbiamo misurato fino 60 °C sulla copertura della terrazza, mentre a 20 cm sotto il terriccio la temperatura scende fino a 21-22 gradi».
Un altro esempio particolarmente innovativo per la città di Catania è il giardino della pioggia (raingarden), che verrà realizzato a breve al Tondo Gioeni di Catania, in collaborazione con il Comune di Catania e Iridra di Firenze, come demosite 4.1 del progetto Cardimed – Climate Adaptation and Resilience Demonstrated in the Mediterranean Region, finanziato dal programma Horizon 2020.
Un’opera che non rappresenta solo un’infrastruttura verde, ma un simbolo di resilienza e di armonia ritrovata tra città, ambiente e comunità. Il progetto mira a rafforzare la resilienza ecologica e sociale del territorio catanese attraverso strategie integrate di adattamento climatico, valorizzazione del capitale naturale e gestione sostenibile delle acque piovane. Le piante, infatti, funzionano da filtro depurativo, con la capacità di assorbire metalli e altre sostanze, contribuendo allo stesso tempo alla mitigazione del rischio idraulico urbano e delle “isole di calore”.

Un momento dell'intervento del prof. Giuseppe Cirelli
Chiamate all’appello anche le amministrazioni locali. Lara Riguccio, direttrice dell’Area Ambiente, Ecologia e Verde Pubblico del Comune di Catania ha ribadito «l’apertura ad ascoltare gli attori protagonisti di questo processo e le proposte dell’Università, per muoversi in una nuova direzione. Le infrastrutture verdi devono diventare valore economico e sociale». In quest’ottica rientra il progetto “Catania Green”, che si basa sulle nature-based solutions, per un’integrazione innovativa tra urbano e rurale, sostenibilità e difesa idrogeologica”.
Particolarmente importante è stato l’intervento anche del sindaco di Misterbianco Marco Corsaro, il quale accompagnato dal vicesindaco Santo Tirendi, ha richiamato l’attenzione sulla necessità di investire in modo coraggioso nei sottoservizi: «La natura va rispettata. Siamo stati poco attenti alla questione idraulica e oggi ne vediamo gli effetti: serve una gestione integrata e occorre fare sistema per tutelare davvero il territorio».
Il primo cittadino di Misterbianco ha, inoltre, rimarcato le criticità idrauliche del territorio di Misterbianco e ha chiesto una maggiore collaborazione e sinergia tra l’Università, e le amministrazioni comunali che si trovano impreparate ad affrontare la sfida tecnica ai cambiamenti climatici.
In chiusura Francesco Patanè, vivaista e titolare di Vivai Patanè Garden Center di Aci Catena, ha posto l’accento sulla scelta delle specie vegetali. «Non solo piante autoctone, ma varietà capaci di garantire diversità, resilienza e adattamento ai cambiamenti climatici – ha spiegato -. Le nostre città devono tornare a essere ecosistemi vivi. Molte di queste piante contribuiscono a purificare l’acqua e a nutrire gli impollinatori. Si tratta di una continua ricerca e sperimentazione, che consente al vivaista di offrire soluzioni per il futuro». Il vivaista, inoltre, ha sottolineato «la necessità di affiancare alle specie tradizionali altre tipologie di essenze più resistenti e a bassa manutenzione, capaci di contribuire alla qualità dell’aria e alla mitigazione dello smog urbano».
Il dibattito ha messo in luce una visione condivisa: una Catania permeabile non solo dal punto di vista ambientale, ma anche sociale, in cui le periferie tornino a dialogare con il centro e gli spazi pubblici diventino luoghi aperti, vivi e inclusivi. L’incontro ha rappresentato anche un’importante occasione di confronto e di scambio di buone pratiche tra amministrazioni locali, professionisti e mondo universitario, con l’obiettivo di promuovere un dialogo propositivo e continuo sulle strategie di rigenerazione urbana e ambientale per il futuro della città.

I relatori dell'incontro
L’iniziativa, ospitata nei locali di Sicilia Fiere, è stata realizzata in collaborazione con ANCE e diversi partner, tra cui Regione Siciliana, Comune di Misterbianco, Comune di Catania, Confcommercio, Mamu Eventi, Expo Mediterraneo e IFerr. Hanno preso parte ai lavori anche CSEI Catania e il Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell’Università di Catania.