La sfida di diventare una “città spugna”

Una giornata di studi è stata dedicata alla rigenerazione urbana di Catania con l’iniziativa “Garden Day, la fiera del giardinaggio a 360° e del florovivaismo”

Emanuela Rita Giuffrida

Rigenerazione urbana. Catania città spugna: da ipotesi progettuale a possibile realtà? È il titolo dell’incontro che si è tenuto nei giorni scorsi nell’ambito della manifestazione Garden Day, la fiera del giardinaggio a 360° e del florovivaismo.

La giornata è stata dedicata a ripensare la città come un organismo vivo e resiliente, capace di assorbire, trattenere e riutilizzare le risorse naturali, trasformando così un’ipotesi progettuale in una possibile realtà. Un momento di confronto tra istituzioni, progettisti, accademici e professionisti del verde, per immaginare una città più sostenibile, permeabile e socialmente inclusiva, alla luce delle trasformazioni ambientali contemporanee. L’incontro ha sottolineato l’urgenza di superare la logica della semplice riparazione dei danni ambientali, promuovendo invece pratiche preventive e rigenerate.

Ad introdurre i lavori Salvatore Messina, vicepresidente di ANCE Catania e player importante su temi di grande rilevanza. «Il nostro obiettivo è superare la vecchia idea che ci identifica solo come cementificatori. Tra gli obiettivi illustrati c’è quello di trasformare Catania in una “città spugna”, capace di assorbire, filtrare e riutilizzare i grandi flussi di acqua piovana, favorendo un nuovo equilibrio ambientale e urbano», ha spiegato. Messina ha evidenziato come, «attraverso progetti mirati, i parchi urbani diventano non solo polmoni ecologici, ma veri centri di inclusione e innovazione, confermando la necessità di un impegno condiviso fra amministrazioni, cittadini, soggetti privati e reti associative».

«L’obiettivo dichiarato è di rifondare un patto con l’ambiente, dando vita a una città spugna in grado di assorbire e valorizzare l’acqua, con “spine verdi” che occupino almeno la stessa percentuale delle aree pavimentate in cui il verde diventa elemento predominante, con costi ridotti e maggiore attenzione alla qualità della vita, congiungendo l’aspetto filantropico con quello naturale», ha aggiunto.

Quel verde che, dal 2022, è riconosciuto dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite come diritto universale dell’uomo. «Questo impone di integrare spazi naturali nei contesti urbani e di superare l’idea della città come pura infrastruttura, ad oggi i cambiamenti climatici incidono per quasi il 50% sulle perdite economiche del nostro Paese, senza considerare quelle umane – ha aggiunto Augusto Ortoleva, ingegnere progettista dello studio Cantone Ortoleva -. Oggi l’urbanista deve diventare ideatore di ecosistemi».

Tra i progetti in corso, è in fase di realizzazione anche un parco privato ad uso pubblico per i prossimi dieci anni, pensato per restituire alla città la propria dimensione ecologica e partecipata. «È necessario un processo di pianificazione e progettazione secondo il principio del Do No Significant Harm (DNSH), ovvero non arrecare un danno significativo all’ambiente – ha proseguito Ortoleva –. L’obiettivo è coniugare la crescita economica con la tutela dell’ecosistema, assicurando uno sviluppo urbano sostenibile e il benessere dei cittadini, senza compromettere le risorse naturali».

Un momento dell'intervento di Salvatore Messina

Un momento dell'intervento di Salvatore Messina

Una riflessione che si associa a quella del professore Giuseppe Cirelli del Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell’Università di Catania, diretto dal docente Mario D’Amico. «Il 75% della popolazione europea vive in aree urbane, e questo impone un cambio di paradigma: dobbiamo essere resilienti e operare in ottica green», ha spiegato il prof. Cirelli. «Un risultato che richiede una progettazione capace di contrastare l’impermeabilizzazione del suolo, anche attraverso i Sistemi di drenaggio urbano sostenibile», ha aggiunto.

«Una buona idraulica – ha affermato il prof. Cirelli – si può realizzare anche adottando soluzioni tecniche che prevedano la presenza della natura, rendendo gli spazi urbani più vivibili e sostenibili». Negli ultimi anni, l’Unione Europea ha intensificato il lavoro su questi temi, poiché soprattutto nell’ultimo decennio la frequenza e l’intensità degli eventi piovosi sono aumentate, mentre le infrastrutture esistenti non riescono più a gestire i volumi d’acqua sempre più elevati.

«A Valencia, a Rotterdam e in molte altre città europee – ha proseguito il docente del Di3A – si osservano criticità legate all’aumentare degli eventi estremi di pioggia oltre alla scarsa manutenzione. Ma dobbiamo cominciare a intervenire: qui abbiamo un problema con l’eccessiva artificializzazione e la progressiva sigillatura del suolo. Negli ultimi vent’anni, l’estensione delle aree urbanizzate è aumentata del 20%. Per ovviare a questo problema, in diversi Paesi si sta sperimentando il depaving, ossia la rimozione delle superfici impermeabili e la loro sostituzione con spazi verdi».

Un esempio concreto arriva dal progetto Gifluid, che ha realizzato un tetto verde sull’edificio del dipartimento del Di3A. «La struttura è in grado di assorbire fino al 40% dell’acqua piovana e di abbassare le temperature, migliorando la qualità ambientale e la biodiversità – ha aggiunto il prof. Cirelli -. Un effetto altrettanto rilevante è quello energetico: durante il periodo estivo abbiamo misurato fino 60 °C sulla copertura della terrazza, mentre a 20 cm sotto il terriccio la temperatura scende fino a 21-22 gradi».

Un altro esempio particolarmente innovativo per la città di Catania è il giardino della pioggia (raingarden), che verrà realizzato a breve al Tondo Gioeni di Catania, in collaborazione con il Comune di Catania e Iridra di Firenze, come demosite 4.1 del progetto CardimedClimate Adaptation and Resilience Demonstrated in the Mediterranean Region, finanziato dal programma Horizon 2020.

Un’opera che non rappresenta solo un’infrastruttura verde, ma un simbolo di resilienza e di armonia ritrovata tra città, ambiente e comunità. Il progetto mira a rafforzare la resilienza ecologica e sociale del territorio catanese attraverso strategie integrate di adattamento climatico, valorizzazione del capitale naturale e gestione sostenibile delle acque piovane. Le piante, infatti, funzionano da filtro depurativo, con la capacità di assorbire metalli e altre sostanze, contribuendo allo stesso tempo alla mitigazione del rischio idraulico urbano e delle “isole di calore”.

Un momento dell'intervento del prof. Giuseppe Cirelli

Un momento dell'intervento del prof. Giuseppe Cirelli

Chiamate all’appello anche le amministrazioni locali. Lara Riguccio, direttrice dell’Area Ambiente, Ecologia e Verde Pubblico del Comune di Catania ha ribadito «l’apertura ad ascoltare gli attori protagonisti di questo processo e le proposte dell’Università, per muoversi in una nuova direzione. Le infrastrutture verdi devono diventare valore economico e sociale». In quest’ottica rientra il progetto “Catania Green”, che si basa sulle nature-based solutions, per un’integrazione innovativa tra urbano e rurale, sostenibilità e difesa idrogeologica”.

Particolarmente importante è stato l’intervento anche del sindaco di Misterbianco Marco Corsaro, il quale accompagnato dal vicesindaco Santo Tirendi, ha richiamato l’attenzione sulla necessità di investire in modo coraggioso nei sottoservizi: «La natura va rispettata. Siamo stati poco attenti alla questione idraulica e oggi ne vediamo gli effetti: serve una gestione integrata e occorre fare sistema per tutelare davvero il territorio». 

Il primo cittadino di Misterbianco ha, inoltre, rimarcato le criticità idrauliche del territorio di Misterbianco e ha chiesto una maggiore collaborazione e sinergia tra l’Università, e le amministrazioni comunali che si trovano impreparate ad affrontare la sfida tecnica ai cambiamenti climatici.

In chiusura Francesco Patanè, vivaista e titolare di Vivai Patanè Garden Center di Aci Catena, ha posto l’accento sulla scelta delle specie vegetali. «Non solo piante autoctone, ma varietà capaci di garantire diversità, resilienza e adattamento ai cambiamenti climatici – ha spiegato -. Le nostre città devono tornare a essere ecosistemi vivi. Molte di queste piante contribuiscono a purificare l’acqua e a nutrire gli impollinatori. Si tratta di una continua ricerca e sperimentazione, che consente al vivaista di offrire soluzioni per il futuro». Il vivaista, inoltre, ha sottolineato «la necessità di affiancare alle specie tradizionali altre tipologie di essenze più resistenti e a bassa manutenzione, capaci di contribuire alla qualità dell’aria e alla mitigazione dello smog urbano».

Il dibattito ha messo in luce una visione condivisa: una Catania permeabile non solo dal punto di vista ambientale, ma anche sociale, in cui le periferie tornino a dialogare con il centro e gli spazi pubblici diventino luoghi aperti, vivi e inclusivi. L’incontro ha rappresentato anche un’importante occasione di confronto e di scambio di buone pratiche tra amministrazioni locali, professionisti e mondo universitario, con l’obiettivo di promuovere un dialogo propositivo e continuo sulle strategie di rigenerazione urbana e ambientale per il futuro della città.

I relatori dell'incontro

I relatori dell'incontro

L’iniziativa, ospitata nei locali di Sicilia Fiere, è stata realizzata in collaborazione con ANCE e diversi partner, tra cui Regione Siciliana, Comune di Misterbianco, Comune di Catania, Confcommercio, Mamu Eventi, Expo Mediterraneo e IFerr. Hanno preso parte ai lavori anche CSEI Catania e il Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell’Università di Catania.

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